Ilaria Salvagno/Caduca permanenza
Caduca permanenza, 2019, corda, disegni e pitture su carta, fotografie (stampa digitale), misure (h.380m)
Spesso quando un albero schianta, una parte dell’apparato radicale rimane aggrappato alla terra, permettendo alla pianta di continuare a vivere. Seppur disteso e quasi totalmente sradicato, l’albero assume una nuova forma, diviene qualcosa d’altro. La sua caduta presuppone una trasformazione: quello schianto acquisisce il valore di una possibilità rigenerativa. Tra il cadere e il salire, tra verticale e orizzontale, esiste un corpo: ecco il Corpo di Vaia.
Questo progetto si pone come un racconto del fenomeno, una registrazione visiva e sensoriale di ciò che è avvenuto e del processo che questo accadimento ha avviato.
L’acqua della tempesta si percepisce forte man mano che si scende nell’ambiente della Caponiera, attraverso quell’umido verde di cui la pietra s’impregna.
Mentre l’opera dice del vento, attraverso un’azione di cura e di ricostruzione, quale si propone d’essere questa installazione.
Una memoria frammentata che scivola dall’alto al basso e viceversa, lungo una corda, un altro tronco, un’altra idea di albero, la cui superficie viene coperta, curata, cucita, da disegni, dipinti e fotografie, che indagano i concetti di caduta e caducità, le conseguenze del vento.
Tanto caduca ed eternamente trasformabile è la natura, quanto lo sarà questo progetto: la carta assorbirà l’umidità della stanza, perderà una struttura e una forma iniziali, cambierà quindi stato, si piegherà, diventerà qualcosa d’altro, ed ogni foglio incontrerà l’altro, e la corda, e di nuovo la stanza in un circolare flusso che contraddistingue il corpo, sia esso naturale, animale o umano.
Azione di cura, 2019, performance, 30′
“Caduca permanenza” si completa, nella sua prima fase, con un’azione performativa svoltasi in situ mediante l’azione del cucire. Carico di una forte valenza simbolica, questo gesto assume per l’artista numero accezioni di senso e raggiunge l’immaginario collettivo rimandando ad una dimensione intima, domestica. Tanto premurose, misurata e attenta, l’azione del cucire quanto, allo stesso tempo, essa risulta essere violenta nel suo irrompere, forare il materiale, attraversarlo e cambiarne forma sino a generare un corpo altro.
Attraverso questa performance Ilaria Salvagno ha voluto trovare il kairos, cercando e dedicando il tempo opportuno per osservare, giustapporre, riconfigurare tale corpo ponendo quella cura che lo conduce a riacquistare la verticalità persa nella caduta, in una nuova configurazione, mutevole, caduca ma resiliente.
La performance si è svolta in occasione dell’opening della collettiva.
opera in:
to be here and there (cantieredivaia)
a cura di gianluca d’incà levis e evelyn leveghi
forte di montericco
12 luglio/22 settembre 2019