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hubert kostner/agner

 

Agner, installazione, 2012, 100 metri cubi di croda dolomitica, 1600 metri di corda da arrampicata, dimensioni variabili.

 

La Galleria Goethe di Bolzano partecipa a DC NEXT con una mostra personale dell’artista altoaltesino Hubert Kostner, il cui progetto site specific, realizzato nell’ APL 5, consiste in un’installazione che ha per soggetto lo Spigolo Nord del Monte Agner (2871 m.s.l.d.m.), una via classica che, con i suoi 1.600 metri di sviluppo verticale, risulta essere una delle più alte delle Alpi, la prima delle Dolomiti. La parete fu scalata per la prima volta nel 1921 da Iori, Andreoletti e Zanutti, mentre la prima ascensione invernale fu realizzata nel 1968 da Messner e Mayerl.

Il Blocco di Taibon, sede di Dolomiti Contemporanee, si trova proprio di fronte a questa parete.

L’opera di Hubert Kostner consiste in 1.600 metri di corda da arrampicata raggomitolati a forma di palla ed installati su un allettamento di 100 metri cubi di ghiaia alluvionale  dolomitica, provenienti dalla Valle di San Lucano, ai piedi dell’Agner.

Il bianco calcare riempie e satura lo spazio espositivo fino a fuoriuscirne, come la lingua di un ghiacciaio, un deposito morenico. Nell’idea dell’artista la spazialità lineare della parete verticale, trasformata in sfera, cambia completamente. In questo spostamento di contesti, infatti, la corda si trasforma da mezzo di sicurezza a mezzo di espressione e, contemporaneamente, al carattere della montagna quale luogo pericoloso ed ostile si contrappone un aspetto ludico, rappresentato dal gioco della palla.

L’opera costituisce quindi una riflessione sull’alpinismo, sull’arrampicata, sull’idea generale di “via” alpinistica, in rapporto ad un itinerario artistico: entrambe le vie, quella dell’alpinista, come quella dell’artista, sono percorsi di ricerca, e come tali, accomunati da una volontà di esplorazione verticale.
DC NEXT – Blocco di Taibon Agordino- 22 settembre/21 ottobre 2012
Galleria Goethe Bolzano in collaborazione con Dolomiti Contemporanee e Salewa

 

qui la recensione pubblicata su Artribune.