18 agosto 2023

Tu lo sai cosa sono gli Scarpét?Qui ci abbiamo fatto un workshop a Casso, a dicembre 2022, e da lì abbiamo avviato la ricerca applicata, trovi altri link utili in quel post. Gli Scarpét, o Skarpét, in bellunese, o le furlane, in Friuli. Ste scarpe o “… pantofole rustiche artigianali, tipiche e abituali calzature montanare d’un tempo, costituite da una suola di pezza fittamente trapunta (strapônta) con filo di canapo incerato e da una tomaia scollata, in panno o velluto nero, orlata o foderata, molto resistente … (Enzo Croatto, Vocabolario del dialetto ladino-veneto della Val di Zoldo, Belluno)”. Dolomiti
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17 luglio 2023

Il Cadore tra ’800 e ’900. Perarolo nelle fotografi e di Luigi BurreiIl volume è stato pubblicato a luglio 2023 da Grafiche Antiga A cura di: Elena MaierottiCollana: FotografiaImmagini: a coloriFormato: 23 x 27,5 cm Acquista qui il volume  – Luigi Burrei (1859-1927), originario di Nebbiù di Pieve diCadore (Belluno), visse la maggior parte della sua vita aPerarolo. Fu un commerciante di legname per conto delladitta dello zio, Andrea Burrei, e, nel contempo, anche unappassionato fotografo amatoriale. Di questa sua attivitàdilettantistica, quasi interamente inedita, è rimasta traccia inun corpus fotografi co di proprietà dei suoi eredi. Tale archivioconsta
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22 giugno 2023

  Dolomiti Contemporanee è nel volume THE LAST GRAND TOUR – Contemporary phenomena and strategies of living in Italy, curato da MICHAEL OBRIST (feld72) & ANTONIETTA PUTZU, e pubblicato a giugno 2023 da Park Books.[...] Per gran parte del XVI secolo fino all’inizio del XIX, il Grand Tour in Italia è stato una parte importante della formazione degli aristocratici europei. Seguendo questa tradizione, questo libro analizza da vicino l’Italia di oggi, concentrandosi sul tema dell’abitazione come indicatore delle interrelazioni politiche e socioeconomiche [...] Il contributo di DC è un saggio dal titolo: Il riuso del Patrimonio storico
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21 ottobre 2022

Carégheta Stefano Collarin con Mauro BortotUna ricerca sull’industria storica dei careghétaOttobre 2022 – Lì non si può fumare, neanche all’aperto. Ci nascondiamo e accendiamo una sigaretta: tabacco forte senza filtro.  Non stiamo male. Siamo lì per prenotare un appuntamento (ci costerà caro il barbiere, pochi soldi qua in montagna?). Nel ritardo (pochi soldi e poco personale qua in montagna) chiacchieriamo e decidiamo di farci una birra. Mauro è un seggiolaio, un caregheta: impaglia e costruisce sedie in legno, mica per hobby, lui ci mangia con il paluch e il legno stagionato. In poche ore mi aveva già raccontato tutto,
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24 febbraio 2021

Riccardo Giacomini è qua.   Quando sensibilità, solidarietà, amor dell’animale, creano danno invece che beneficio. L’inverno è una stagione selettiva, per gli animali selvatici.Alcuni animali muoiono: è inevitabile questo, e perfino giusto. La selezione naturale degli esemplari più deboli o malati, concorre alla buona salute della popolazione in generale: la natura si autoregola. Oggi, come sappiamo, l’interazione tra uomo e animale selvatico è piuttosto diffusa.Spesso, d’inverno, gli ungulati si aggirano nei pressi dei paesi e delle abitazioni, soprattutto se, a causa del forte innevamento, come quest’anno, risulta loro
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20 gennaio 2021

 ma insomma, abbiamo sempre visto le immagini di Eugène-Emmanuel Viollet-le-Duc, costruite in quel decennio fatidico dal 1868, l’étude, conosciamo da allora (quindi dal ’68? chiederà uno furbo) le massif du mont blanc, e mai ci siamo limitati naturalmente a pensare a quella sola e singola montagna là ma fin dal principio scorgemmo un principio largo di fiamma fredda quanto basta, quello che sempre decliniamo, del fare e rifare il paesaggio invece di dormirlo, in particolare quello prostituito delle crode imbandite e in molti modi e diciamone alcuni, con parolaprima ma lì era il logos, con la geometria culturale sintetica
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6 gennaio 2021

Premessa: “S.T.R.E.A.M (Sostenere il Turismo sostenibile, la Rigenerazione urbana e la promozione delle Arti in aree Montane)” è un progetto Interregionale tra Italia e Austria, a cui abbiamo partecipato marginalmente, trovandoci noi e non per caso a Pieve di Cadore, tra il 2017 e il 2019, a proporre un’idea di rilancio per il Forte di Monte Ricco attraverso un programma di Cultura e Arte Contemporanea, insieme ad una visione che non ha attecchito. 
Il triennio di lancio sarebbe dovuto servire, se volessimo stare in una prospettiva costruttiva e non estemporanea, a impostare il ragionamento, per poi sostenerlo. Non ad
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20 dicembre 2020

A novembre 2020, all’ex Villaggio Eni di Borca di Cadore, sono venuti (son tornati) i vandali, e i ladri. Dalla Valle, e dalla Germania. Chi sono? Che fare?La vendetta del cervo carnivoro?Dai che ne parliamo.Questo testo è così articolato: 1) Premessa: difficile per chi non si concentra2) I nudi fatti, chiari e semplici da capire per chiunque (ma leggi la premessa), e la consequente, sacrosanta reprimenda —1. Premessa Vandali o nconsapevoli esploratori del proprio sommo vuoto interiore, che non è uno Spazio? (è piuttosto: un tetro anfratto deteriore del Non Esserci, che misero si oppone alla pienezza del buon
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8 dicembre 2020

  Come i lavori vengono e (talvolta) vanno -mentre alcuni soggetti rimangono fermi chiodati / corteccie non è un refuso: perfino buzzati, che non è sterne (primo monito: sapere usare la lingua). L’organicismo psicoorodinamico culturale terrazielato vs. i grigi corpi anticontemporanei, figli del timor contraccettivo che non sa relarsi. Dialettiche e afasie dell’esserci nella cura che spinge, o sta. Francesco Zanatta, If you have a knot you can not undo…, 2019, Collezione privata. —Dolomiti Contemporanee è un camino-cratere. Ciò che vien projettato fuori e sparso per l’atmosfera non son polveri gas o gli effimeri lapilli, ma i concetti e
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4 giugno 2020

Cibiana di Cadore è un paese di circa 400 abitanti, situato a circa 1000 m. s.l.m. Siamo nelle Dolomiti bellunesi. Risalendo da sud la Valle del Boite, poco dopo il paese di Venas di Cadore, e ad una decina di chilometri da Borca, si lascia la Statale di Almagna e si attraversa il torrente Boite, ed eccoci dunque nella Valle del torrente Rite, la si risale e si giunge agli abitati di Cibiana, con le sue borgate cinte di crode.Ancora su per tornanti, fai i tornanti e arrivi al Passo Cibiana, 1.530 m. s.l.m.Qui trovi i rifugi, gli attacchi
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intervista a d’incà levis, su dc e la funzione dell’arte rispetto al territorio e le sua criticità

qui di seguito, un’intervista di luciana apicella a gianluca d’incà levis, nella quale il curatore di dolomiti contemporanee (DC) si sofferma su diversi aspetti fondamentali della pratica culturale del progetto, e sul significato dei processi artistici e rigenerativi intentati.
a questo link, una riduzione del testo integrale dell’intervista, pubblicata su il fatto quotidiano a marzo 2015.

Dolomiti Contemporanee: l’arte come impresa funzionale, che riapre i siti industriali dismessi, e ripensa la montagna e il territorio come un perenne cantiere di stimoli.

LA: Come e quando nasce l’idea di Dolomiti Contemporanee?
GDIL: Dolomiti Contemporanee (DC) è un progetto di rigenerazione e rebranding territoriale, ovvero una strategia che punta alla valorizzazione del territorio, e al suo ripensamento.
Per far questo, utilizziamo l’arte e le idee, che sono gli strumenti migliori, ed i  più concreti, che si possano immaginare (nel momento in cui si conservi la facoltà, appunto, di immaginare).
Il territorio primo d’azione è la regione dolomitica, dal 2009 Patrimonio dell’Umanità.
L’idea fondamentale consiste nell’individuare sistemi, tecniche, relazioni, prassi, che consentano al potenziale di questo territorio di venire svolto ed incrementato, e all’uomo di esprimersi, agendo il proprio pensiero.
Più in generale, c’è un interesse, culturale, intellettuale, e pragmatico, a generare situazioni proiettive, che sappiano proporre stimoli concreti alla valorizzazione delle aree in oggetto (siti dismessi), e della montagna in generale.
L’immagine della montagna è, in larga sua parte, stereotipa, geologica, acritica, ferma.
La montagna è affrontata, spesso o prevalentemente, attraverso una serie di categorie ed immagini reazionarie: nostalgia, tradizione, folklore, contemplatività, vernacolarità, categorie che, il più delle volte, non vengono collegate in modo produttivo al presente, attraverso una prospettiva organica, divenendo in tal modo, invece che elementi culturali costitutivi vivi, immagini statiche, porte chiuse. Questo, a causa di una mentalità culturale passiva, che non sa esplorare all’oggi.
Raramente la montagna è intesa come una grande opportunità, per mettere in gioco ragionamenti e prassi rinnovativi, per avviarvi cantieri propulsivi.
Si guarda, in genere, alla montagna del passato, di essa si scrive, si canta, si beve; la si contempla, beatamente.
E questo è un paradosso: la montagna conserva un enorme potere di suggestione, di forza, di stimolo.
Questo potenziale è una risorsa solo parzialmente utilizzata e valorizzata.
Si tende a conservarla, invece che ad agirla.
La montagna è immersa  -a stento ne spuntano alcune cime-  nel mare dei clichè che l’assediano, proprio lei, che, in virtù delle proprie asperità, è il luogo di una benefica selezione.
L’idea è dunque stata quella di prendere il suo autentico valore potenziale, e di innescarlo, attraverso una politica culturale rigeneratrice, che pone al suo centro, quale medium principale, l’arte e la cultura contemporanee, che sanno guardare al presente e riflettere su di esso, invece di rifugiarsi in un passato muto.

Concretamente, ecco quel che facciamo. Il progetto è nato nel 2011, ed opera in questo modo. Individuiamo, nella regione delle Dolomiti-Unesco, i più interessanti siti industriali dismessi.
Luoghi in cui l’uomo, per lunghi periodi storici, ha lavorato, costruendo imprese produttive importanti, che hanno nutrito quelle regioni. Questi siti, sono oggi fermi, la loro storia è mutile. Le crisi economiche, e prima ancora il cambiamento radicale dell’economia della montagna, li hanno portati a chiusura. I siti produttivi sono stati abbandonati, divenendo grandi aree inerti e necrotiche, la cui funzione non è stata ancora ripensata dall’uomo.
Questi siti dunque rappresentano, all’interno di specifici contesti locali, ciò che la montagna, come abbiamo detto, rappresenta secondo noi in generale: risorse inutilizzate ed inespresse.
In questi siti, attiviamo dunque i nostri cantieri rigenerativi, che coincidono con il laboratorio d’arti visive in ambiente che è DC.
Le fabbriche dimenticate, vengono attrezzate con una Residenza internazionale: artisti da tutto il mondo vi vengono accolti. Nei laboratori apprestati, e con i materiali messi a disposizione da decine di partner privati (ovvero dal territorio stesso, che partecipa all’impresa), gli artisti realizzano le opere, che riflettono, in modo non scontato, su territorio, ambiente, montagna, o su temi specifici. I grandi spazi industriali inerti -hangar, padiglioni, magazzini, ex stabilimenti produttivi- divengono, per alcuni mesi, spazi espositivi, fabbriche creative, visitate da migliaia di persone, dove la produttività diviene culturale ed artistica.
Nel corso di questo periodo, nel quale la cultura e l’arte rifunzionalizzano temporaneamente i siti, lavoriamo a tessere una serie di reti, eteorogenee, che sostengono il progetto e la reazione nel sito sul quale si opera. Le reti sono l’architettura, lo scheletro del progetto. Le reti sono costituite dal territorio stesso, che in ogni sua parte collabora al processo di rivitalizzazione, condividendolo. Vi sono le reti locali, intrinseche, che comprendono: amministrazioni ed enti pubblici; imprese, enti privati e tessuto produttivo; socialità e comunità locali. E vi è poi il network dei soggetti extraterritoriali, le reti esterne o estrinseche, con i partner artistici e culturali nazionali o internazionali, Gallerie e Musei, e naturalmente gli artisti, che sono gli enzimi, i catalizzatori, insieme a noi, gli attivatori, ed i portatori degli sguardi esterni. Gli artisti sono coloro che creano la scintilla della differenza culturale nei siti e nei contesti in cui operano, creando rapporti nuovi con le comunità residenti. Sono gli spiriti reattivi, che non ammettono la passività, nell’intendere, nel pensare, nell’essere, nel fare.
Quando, dopo alcuni mesi di attività, DC lascia i siti così riutilizzati, essi riprendono vita: il focus che li ha riguardati ha consentito loro di riguadagnare la fiducia delle comunità locali,  che li avevano abbandonati, ed ora invece vi tornano, impiantandovi nuove attività commerciali e produttive.
Questo è accaduto nelle fabbriche-cantiere del 2011 e 2012.
Queste esperienze sono raccontate, con testi, video, immagini, nelle diverse sezioni del website www.dolomiticontemporanee.net.
Nel 2012, DC ha affrontato una nuova sfida, differente e difficile, aprendo un altro fronte nell’area del Vajont, dove 50 anni fa si consumò una delle peggiori tragedie della storia d’Italia (ndr, Tragedia del Vajont, 1963).
Qui, una ex scuola, chiusa dal 1963 dalla stessa tragedia, è stata trasformata in un Centro per la Cultura Contemporanea. Il Nuovo Spazio di Casso rappresenta un’altra declinazione dello stesso ragionamento rigenerativo che ci aveva condotti dapprima ad occuparci delle fabbriche dismesse. Anche questo spazio è stato ripensato criticamente attraverso l’arte e la cultura.
Il Concorso Artistico Internazionale Two Calls for Vajont (www.twocalls.net), in svolgimento ora, esemplifica perfettamente l’attitudine, il pensiero, la politica culturale intrapresa.
Numerose le personalità culturali significative coinvolte in questo ennesimo ragionamento sul paesaggio. Tra queste ricordiamo il sociologo Marc Augé, l’artista Alfredo Jaar, Cristiana Collu, Angela Vettese, Franziska Nori, Maria Centonze. Quasi cento ad oggi gli artisti partecipanti. Oltre 250 gli artisti coinvolti dal 2011 nei diversi cantieri e siti.
Il cantiere più recente, inaugurato a luglio 2014, ed ora in pieno svolgimento, riguarda lo straordinario sito dell’ex Villaggio Eni di Borca di Cadore, realizzato dalla fine degli anni ’50 da Enrico Mattei con Edoardo Gellner.
Anche qui, è attiva ora una Residenza per artisti, e si lavora ad un programma di rifunzionalizzazione di alcune parti inutilizzate dell’enorme complesso.
Progettoborca (www.progettoborca.net ) è un progetto che DC sviluppa in collaborazione con il Gruppo Minoter-Cualbu, proprietario del sito.

auge in dc_foto giacomo de dona

marc augè, nella giuria del concorso twocalls, in visita a casso nell’estate 2014 – foto giacomo de donà


LA: In che modo l’arte contemporanea agisce sul territorio, ne impedisce l’isterilimento, lo vivifica?
GDIL: L’arte contemporanea è la “tecnica” culturale da noi utilizzata per accendere, attraverso la produzione di immagini nuove, l’oggetto a cui essa viene applicata, che sta al buio, in un angolo. L’artista è un pensatore. Anzi, un ripensatore, e un amplificatore. L’arte reimmagina costantemente il senso, il ruolo, il potenziale delle cose. L’arte è idea, attività, ricerca, impulso, fiducia, nel valore delle cose e dello spirito dell’uomo. Nell’arte, in ogni arte, l’uomo compie il proprio spirito, ed incendia in significato di ciò che osserva, e su cui agisce, innescando relazioni, dando nuove forme plastiche al mondo: la forma delle idee, senza le quali non esiste alcun mondo, ma una mera serie di fatti e cose, e le loro immagini immobili, quindi morte.
Gli artisti che lavorano sul territorio, ne hanno cura, ne mettono in luce le virtù, e dimostrano, al contrario di altri uomini, di essere effettivamente interessati al suo destino, che và costantemente ridefinito. L’arte (quella buona) non è che la vita. La sua capacità di ripensare costantemente, è l’opposto della rassegnazione. Per questo, la creatività artistica, e le strategie di rigenerazione, possono risultare perfettamente complementari, e possono creare reazioni efficaci a favore degli oggetti depotenziati.
L’arte è azione, nella storia, che dev’essere un canale incandescente, e non un regesto polveroso. E’ percezione, processo, ardimento, rivoluzione, rivalutazione. E’ la capacità, e la volontà, di inverare i pensieri (fare le idee).
Coincide con il vivere secondo attenzione e sensibilità.
In una delle Considerazione inattuali, Nietzsche cita Goethe: “Del resto mi è odioso tutto quanto mi istruisce solamente, senza accrescere o vivificare immediatamente la mia attività”.
La datità delle cose non basta, e non basta nemmeno il pensiero disgiunto dalla carne.
La storia può essere dannosa, atrofica, acritica, quanto possono esserlo la mera geologia, o la mera corporeità. Le scienze ferme sono invalidanti per l’uomo. E la roccia non è un agglomerato statico: è una cultura. L’artista non fa un’opera perchè ha del tempo libero: egli non è affatto libero, e mentre fa l’opera muove la conoscenza. Ne abbiamo bisogno, per la vita e per l’azione. Essa, conoscenza, deve essere nutrita dal volere e dal bramare, che è quanto appunto, può l’arte. E’ esclusivamente traverso il saper trasformare la storia passata in storia presente (in atto), che l’uomo diventa uomo. Ecco cosa fa l’arte contemporanea: la sua forza plastica porta la passione, anche violenta, per l’idea, per la percezione, all’interno della conoscenza. Vivificandola.

cubodentro, christian martinelli - foto giacomo de dona

cubodentro – christian martinelli realizza il suo lavoro fotografico in valle di san lucano – foto giacomo de donà



la
: Credi sia la valenza primaria dell’arte contemporanea questa interazione con il territorio? O in qualche modo lo è dell’arte in generale?
gdil: L’arte è interazione, non certo prodotto estetico. L’arte è la ricerca dei rapporti: di senso, di forma, di misura, di ragione, di emozione. L’arte più solitaria, è sempre e comunque una disposizione all’incontro, nel racconto, nella riplasmazione dello spazio, nel rifiuto delle definizioni univoche e delle sentenze chiuse. In questo senso, i peggiori misantropi,  i Beckett, Bernhard, Strinberg, Celine, Hamsun, sono comunque, inevitabilmente, umanisti socializzanti, in quanto riprocessatori della realtà. L’arte dischiude, apre, sempre. Può aprire cervelli e cuori. Contesti e territori. E’ una chiave di accesso, e un antidoto alla banalità di chi smette di cercare, e dà le cose per fatte, nella sciatteria omologante. Ecco perchè l’arte e la cultura possono rilanciare una grande fabbrica, o una parte del territorio, laddove le risposte e le misure rigide dell’economia e le miopie della politica non hanno potuto ottenere risultati in tal senso. Naturalmente questo vale per l’arte vera, che è ricerca. L’arte-mercato, invece, è un’altra cosa. Vendere opere, come fossero pignatte, non serve a nulla. Anzi, è assai dannoso. L’arte, come la montagna, è selezione, qualità, anelito, processo. L’artista non è ambizioso come un manager. E’ un creatore, non un venditore. Rimette, costantemente, in gioco la creazione. Altro che economia, speculazione, bolle. Stiamo dicendo che l’arte, tutta l’arte (buona) è la misura concreta della realtà. E’ la verità dell’uomo, e la coltivazione del suo spirito, che si attua in un contesto (ambiente), del quale è necessario avere cura.

progettoborca, aula magna della colonia_foto giacomo de dona

progettoborca, nell’aula magna della colonia – foto giacomo de donà


LA: L’arte contemporanea è spesso ostica, poco comprensibile. Qual è il discrimine tra arte e non arte? E come può un occhio non esperto ravvisare il confine?
gdil
: Il discrimine, nel fare come nel fruire dell’arte, è l’uomo, e in particolare la sua disponibilità alle aperture, che è del tutto soggettiva. L’arte contemporanea non è ostica. E’ semplicissima e puramente emotiva. E’ uno dei metodi per praticare l’amore per i significati, una volontà d’azione e di pensiero. Chi capisce l’arte contemporanea non è, in primis, chi si è formato scolasticamente ad essa. Prima di ciò, quel che occorre è una naturale predisposizione alla ricerca, diciamo alla curiosità per l’essere, e questa non si acquista. Uno scrittore non può divenire tale leggendo. Uno scrittore, un artista, un fruitore motivato, hanno già in sé una capacità di relazione. L’esperienza, lo studio, l’applicazione, aiutano a governare gli istinti, che però non sono acquisibili. Un contadino può capire un’opera d’arte meglio di un critico o di un turista culturale, se il contadino è aperto, il critico chiuso, lo sguardo del turista superficiale. E questo avviene spesso. Se l’occhio è aperto, vede. Altrimenti, non c’è formazione che basti. Il confine dunque, in realtà, non è mai nell’opera. E’ sempre nella mente.
Per quanto riguarda “il farla” invece, anche qui, credo la cosa sia semplice. Ci sono artisti capaci, ed altri incapaci. Come per gli scrittori, i poeti, gli alpinisti. Difficile dire in poche parole cos’è arte. In sostanza, arte è qualità. Per capirlo però, bisogna cercare. Indicherei un criterio d’attenzione, contraccettivo: arte non è tutto ciò che vien venduto come arte. Il libro che vende di più in libreria, generalmente non è arte. La mostra blockbuster, che mette insieme faraoni e artisti d’ogni tempo, non è una mostra d’arte, ma un’accozzata di merci, un vagone merci.


la: Come vivono il territorio della montagna gli artisti che vengono in residenza da voi? Quali le suggestioni, quali le difficoltà?
gdil: La specificità della montagna include la difficoltà. Difficoltà logistica, climatica, alpinistica, eccetera. Le caratteristiche proprie della montagna, sono al tempo stesso le sue virtù e le sue difficoltà. Una cima è difficile da raggiungere: questo non è un handicap: è una caratteristica intrinseca che rende unico quel luogo, quello spazio, e l’esperienza che se ne può avere. Gli artisti che vengono alla montagna, dalla pianura o dalla città, trovano un contesto differente, carico di stimoli, stimoli potenti perchè non istantanei, seppur cristallini. Le cose vanno guadagnate, lo spazio va salito, se è verticale. Bisogna arrampicare. E l’artista arrampica il senso. Quindi, direi che le suggestioni sono anche figlie delle difficoltà, e spesso coincidono con esse.

protocombo in residenza a borca - foto dc

artisti in residenza a borca: protocombo – foto dc


la: Parlaci di Progettoborca: come lo conoscevi, quali suggestioni ti ha dato, cosa ti ha restituito di inatteso rispetto a ciò che ti aspettavi.
gdil: Progettoborca è, attualmente, il nostro cantiere più impegnativo, quello con il maggiore potenziale. I siti in cui lavoriamo sono sostanzialmente di tre tipi: 1) siti nei quali lavoriamo temporaneamente, attraverso una sorta di blitzkrieg culturale, come le prime fabbriche riabilitate; 2) siti nei quali lavoriamo su un tempo medio-lungo, di almeno tre anni, come Casso e Borca, dove la ridefinizione dell’identità del sito richiede, rispetto all’entità della sua chiusura, una strategia più strutturata; 3) siti “esterni”, come i Musei o i Centri con cui collaboriamo, entità già definite queste, nelle quali attiviamo progetti artistici specifici, e nei quali la necessità di ridefinizione del contrasto non è affidata in toto a noi, e al meccanismo-motore di rigenerazione che costruiamo.
Il sito di Borca è gigantesco, nella dimensione fisica, e in quella culturale. La sua inerzia è proporzionata al suo valore, il nostro compito è dunque stimolante, e impegnativo. E’ più difficile smuovere un oggetto grande che uno piccolo: occorrono più forza e più strategia.
Nell’Italia del dopoguerra, alcuni uomini propositivi, lungimiranti e capaci di imprendere, entrarono nel boom economico con dei progetti innovativi, visionari, pionieristici, del tutto nuovi. Uomini come Olivetti e, appunto, Mattei, che, insieme all’architetto Edoardo Gellner e insieme ad alcune delle più grandi aziende italiane di quel tempo, costruì, in pochi anni, l’incredibile Villaggio di Borca.

progettoborca, esplorazioni al villaggio - foto giacomo de donà

progettoborca, esplorazioni al villaggio – foto giacomo de donà

Si tratta di una colonia montana, realizzata esclusivamente per consentire ai dipendenti Eni di andare in vacanza, senza costi. Oltre a ciò, sito era anche un luogo in cui Mattei poteva accogliere capi di stato e uomini d’affari: il proprio specialissimo ufficio alpino.
Dal 1958 al 1994, il Villaggio ha ospitato decine di migliaia di dipendenti Eni. Esso è costituito da una serie di strutture (300 Ville, la Colonia, che è un edificio-città di 30.000 metri quadri, due alberghi, una Chiesa, firmata da Gellner e Carlo Scarpa, uno spettacolare campeggio a tende fisse), per un totale di circa 100.000 metri quadri costruiti, su una superficie di 120 ettari. L’enorme sito si trova ai piedi del Monte Antelao (quasi 3.300 msldm), sepolto in un bosco, a pochi chilometri da Cortina d’Ampezzo.
La straordinareità del Villaggio deriva, oltrechè dal carattere innovativo dell’idea di Mattei, e dalla spettacolarità del contesto ambientale, dal lavoro di Gellner, che vi realizza un saggio eccezionale di architettura nel paesaggio.
All’inizio degli anni 2000, il Gruppo Minoter-Cualbu ha rilevato l’intero sito da Eni.
Nell’estate 2014, è partito il progetto di Dolomiti Contemporanee con Minoter: Progettoborca (www.progettoborca.net ) è un progetto di valorizzazione e rifunzionalizzazione che ha per obiettivo il rilancio del sito, ed in particolare delle strutture attualmente inutilizzate (Colonia).
Oggi, nel Villaggio, è attiva una Residenza per artisti. Il Villaggio stesso viene utilizzato come una “cava culturale”, i cui materiali originali, preziosi, vengono reinterpretati dagli artisti, che vivono al suo interno, abitandolo, e vivificandolo.
Oltre al lavoro con artisti, curatori, partner culturali (tra essi ricordiamo ad esempio Fondazione Bevilacqua La Masa, Mart di Rovereto, CCC Strozzina di Firenze, Fondazione Merz Torino, Institut Francais, Reale Accademia di Spagna in Roma), una serie di misure strategiche sono state intraprese, come è proprio del format di DC. Esse consistono nel coinvolgimento degli enti amministrativi, pubblici e privati, e dei diversi strati della socialità, nel progetto di ripensamento e rigenerazione del sito, che deve essere partecipato. La crescita della “massa critica” di reazione è una condizione necessaria, per poter affrontare un sito di tali proporzioni, e per riuscire effettivamente a scuoterlo.
Magnifica Comunità di Cadore, Gal Altobellunese, Fondazione Dolomiti Unesco, Regione del Veneto, sono alcuni dei partner operativi in questa impresa di rilancio, che deve, necessariamente, radicarsi sul territorio, per avere successo. Parallelamente, si lavora alla ricerca di partner strategici esterni al territorio, partner compatibili, che possano decidere di investire nel progetto di rilancio, portando ad esso risorse, e collaborando con noi a riconcepire la funzione di alcuni degli spazi attualmente fermi. Anzi, non più fermi, oramai.

chiavi di accesso, zoppe di cadore_foto giacomo de dona

chiavidiaccesso al museo etnografico zoppè di cadore – un momento dell’inaugurazione – foto giacomo de donà


la
: Progetto per il 2015.
gdil: A giugno, lanceremo la stagione 2015, che si svolgerà tra luglio e novembre. Il lavoro di DC è costante, ma i mesi estivi e autunnali sono quelli in cui le nostre “stazioni alpine” sono totalmente accese, e massimamente accoglienti, le Residenze funzionano a pieno regime, gli spazi vengono aperti stabilmente al pubblico.
Moltissimi i progetti, artistici e culturali, che presenteremo nel corso di una Conferenza Stampa, che si terrà a Borca il prossimo giugno.
I due siti-cantiere principali dovrebbero essere Borca e Casso. Ma anche qui potranno esserci, come ogni anno, delle novità. E poi ci saranno i progetti e le collaborazioni esterne, numerose anch’esse. In questi mesi invernali, l’attività è comunque intensa: gli artisti circolano continuamente tra i siti, li esplorano, studiano o preparano i lavori che presenteremo durante l’estate. Il laboratorio d’arti visive non si ferma mai, ed il paesaggio si muove sempre. Giacchè il paesaggio non è né una cartolina, né un fossile, e, invece, esso coincide lo spirito dell’uomo che determina il proprio ambiente. Mentre sale le sue crode.