18 settembre 2012

Sabato 22 settembre Dolomiti Contemporanee ha inaugurato il secondo ciclo espositivo di DC NEXT nel Blocco di Taibon Agordino, ex fabbrica abbandonata e recuperata all’arte (dall’arte). A una settimana dall’apertura di Bilico, prima mostra realizzata nel Nuovo Spazio espositivo di Casso, Dolomiti Contemporanee ha dato mostra di muoversi ancora, eccome. Tra primo e secondo ciclo, la Residenza di Taibon, uno dei fulcri del progetto, ha funzionato senza soluzione di continuità. Decine di artisti hanno vissuto e lavorato negli spazi rifunzionalizzati. Buona parte delle opere del secondo ciclo sono state realizzate durante il periodo di permanenza a
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10 settembre 2012

Bilico prima esposizione d’arte contemporanea nel Nuovo Spazio di Casso a cura di Gianluca D’Incà Levis Nuovo Spazio espositivo di Casso 15 settembre/28 ottobre 2012 Inaugurazione sabato 15 settembre ore 17.00, ex scuola elementare di Casso Casso (Comune di Erto e Casso, Pn)   Artisti: Matteo Attruia Michele Bazzana Ludovico Bomben e Marina Ferretti Luca Chiesura Dimitri Giannina Ericailcane Gabriele Grones Kabu Tiziano Martini Il Moro e il Quasi Biondo Derek Rowleiei Mario Tomè Jonathan Vivacqua Bilico è la prima esposizione d’arte contemporanea che Dolomiti Contemporanee realizza nel Nuovo Spazio espositivo di Casso, l’ex scuola
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15 agosto 2012

sabato scorso, 11 agosto, Dolomiti Contemporanee ha aperto il secondo capitolo della programmazione estiva 2012. Dopo l’inaugurazione del Blocco di Taibon, prime sei mostre visitabili fino al 9 settembre prossimo, si è aperta Giocando con le Regole/Play by the rules. Fabiano De Martin Topranin, Dimitri Giannina, Gabriele Grones, Federico Lanaro, Mario Tomè, espongono all’interno dello spazio del Museo Etnografico delle Regole d’Ampezzo, aperto meno di un anno fa a Cortina. La collezione permanente del Museo è incentrata sulla storia e sulla cultura ampezzana, in particolare la cultura del lavoro. La collaborazione tra il Museo
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11 agosto 2012

Play by the rules / giocando secondo (con) le regole a cura di Gianluca D’Incà Levis 11 agosto – 15 settembre 2012 Museo Etnografico delle Regole d’Ampezzo Località Pontechiesa, Cortina d’Ampezzo Inaugurazione: sabato 11 agosto ore 17.00 Dolomiti Contemporanee in collaborazione con il Museo d’Arte Moderna Mario Rimoldi presenta Play by the rules / giocando secondo (con) le regole mostra collettiva d’arte contemporanea realizzata al Museo Etnografico delle Regole d’Ampezzo Un Museo etnografico è un luogo di conservazione, nel quale si collezionano ed espongono oggetti che hanno a che fare con la tradizione, la storia, la cultura del
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7 agosto 2012

  e dunque sabato 4 agosto è uscito di stallo il blocco lo sblocco del blocco; il BLOCCO di Taibon, così abbiamo rinominato l’ex fabbrica di occhiali Visibilia, a Taibon Agordino, sotto e dentro alle dolomiti bellunesi, chiusa da anni, ora riaperta e viva. molta gente all’inaugurazione di sabato scorso, i rappresentanti della regione veneto, primo sostenitore del progetto, e della partnership con Forte Marghera/Parco del Contemporaneo, le autorità locali, sindaci e assessori, un senatore, il Presidente del Parco Nazionale Dolomiti Bellunesi, il Presidente del Parco Naturale Dolomiti Friulane, il Sindaco di Erto e Casso, il Segretario del
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1 agosto 2012

  sabato 4 agosto apre il Blocco di Taibon l’inaugurazione ufficiale è prevista alle ore 17.00, a Taibon Agordino, Località Campagna 1 (Belluno: vedi “come arrivare”) verranno aperti al pubblico gli spazi che gli artisti vivono già da alcune settimane i curatori presenteranno le prime mostre, ora in costruzione sei mostre, una ventina di artisti, quelli del primo ciclo la fabbrica riparte, e poi va, fino alla fine di ottobre, altro che lucarossi (e altri insipidi paria) torna a spingere e produrre, il laboratorio d’arti visive in ambiente (il produttivo culturale, ribadiamo, contro gli amorfismi) l’ex fabbrica
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20 giugno 2012

mario tomè, questa sosta non è un orto, performance, palazzo crepadona, belluno, 16 giugno 2012, a cura di gianluca d’incà levisqui il video   la performance sospesa di mario tomè nel Cubo di palazzo crepadona dura quasi tre ore. dopo aver condotto la cassa, due metri per unoecinquanta, ad alcuni metri d’altezza, pilotandola dall’interno, trazionata su la coffa sospesa, con sta t-shirt a rigoni (marinaio! per un attimo quasi bivacco nautico), trazionata su attraverso un sistema a paranco, tomè vi si è accomodato, scomparendo al suo interno, e tacendovi a lungo, bello fermo, quieto (forse). avrebbe dovuto parlare (forse),
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14 giugno 2012

  Sabato 16 giugno, dalle ore 15.00, dolomiti contemporanee presenta il programma generale d’eventi per il 2012, introducendo i nuovi siti in cui si avvieranno i progetti estivi ed autunnali. Dalle ore 18.00 si svolgerà la performance “Questa sosta non è un orto“, di Mario Tomè. Tutti gli eventi in programma di svolgeranno nel Cubo di Palazzo Crepadona (Belluno). Questo il programma di sabato 16 giugno: ore 15.00: anticipazione alla Stampa del programma delle iniziative previste per l’estate/autunno 2012 ore 15.30: Presentazione delle Tesi di Laurea di quattro studentesse dell’Università Cà Foscari di Venezia e dell’Accademia
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21 marzo 2012

di ritorno da KunStart 12, la Fiera d’Arte Contemporanea di Bolzano, ecco le impressioni, quel che abbiamo colto; lassù in quelle terre un po’ frigide d’alto adige, dove alcuni, come l’ottuso portinaio del werth, stanno dritti, o si piegano a scatti, nella custodia scricchiolante dell’involucro; lassù, ce ne son pure di vivi; ed ecco infatti che lì fraulein nina stricker, nuova direttrice della Fiera, ha scaturito una scintilla, che ha attraversato le membra di questo cadavere insepolto (la fiera d’arte contemporanea stessa, di cui a quanto pare molti lassù, già paghi delle loro buone cose ordinarie -lo statuto speciale/ordinario-
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Gli aperti, i ladri. Chi dona, chi ruba.

 andrea visentiniCi è sempre successo, sempre ci succederà, abituati siamo già (lo sappiamo), mai ci abitueremo (non lo accettiamo).
Per quanti uomini buoni e capaci si mettano insieme, in interi mucchi policromi dai riflessi accecanti (fantescenze, fantescenze naturali), il grigio cretino non lo si debella. 
Uno dei motivi per cui si agisce bene, ed uno del metodi di contrasto attraverso cui si può rilevare la differenza stessa tra bene e male, è appunto la presenza dei cretini. I cretini sono degli indicatori indiretti di intelligenza: l’intelligenza brilla di per sé stessa, e poi anche nel confronto con la cretineria. 
Questo chiaroscuro, è la vita sul pianeta terra (l’intelligenza è più bella, risalta, accanto alla stupidità; le pacificazioni ecumeniche sono illusorie quanto l’idea d’un cielo eternamente azzuro). 
Ma insomma, non spingiamoci troppo in là, con questa lode al cretino, e pennelliamolo un poco, come si merita.

Perché ci ostiniamo a chiamarli CANTIERI, questi spazi dell’azione e dell’incanto, che DC genera e alimenta dal 2011?Li chiamiamo cantieri, e non chiamiamo mostre o eventi le azioni che compiamo su di essi ed attraverso di essi sui PAESAGGI TERRENI, perché questi siti morti, terraformati fino ad una nuova estroversione, sono grandi laboratori sperimentali, stazioni di collegamento stese sul territorio, basi neurali lanciate tra i piani (alti) e le cime, centri di rivoluzione, batterie d’artiglieria, e, soprattutto e semplicemente (nella loro ardua complessità), spazi dell’apertura.La gestione dei siti-cantiere, fabbriche o complessi o villaggi, chiusi e immobili da lustri, e poi finalmente aperti, è cosa complessa. Spazi siffatti, ripresi alle inerzie lunghe, non sono mai agilmente controllabili, e d’altro canto nemmeno li si vorrebbe controllare, e mettere a regime, e ordinare completamente, o gestire definitivamente, secondo una prassi d’ordine.
Di solito, chi è capace nel voler e saper aprire, non sa né vuole gestire, ha in spregio l’ordinaria ragionevolezza necessaria appunto a mettere e tenere le cose a regime, a conservare e ripetere. Chi apre rompe: rompe gli schematismi che non consentivano un’azione positiva ed efficace.
Per gestire, occorre l’esperienza, e l’applicazione di regolamenti. Si apre invece, quando ci si fa beffe delle esperienze pregresse (quelle grige prassi continuamente ribadite, ferme), e si stracciano i regolamenti (quelli ottusi: la maggior parte lo sono), e si cerca di far qualcosa di nuovo, dando impulso, forza, idea.
E insomma, siti come il muss, il blocco di taibon, e borca, sono grandi e complessi. Organismi che respirano e performano, nel moto nuovo portato loro. Non possono, questi siti, essere gestiti in modo ordinario: tutto, in loro, come nei progetti che mirano alla loro rigenerazione, è straordinario.
Quando un artista inizia a pensare un’opera che andrà installata o collocata in questo genere di spazi, deve già prevedere che essa potrà venir danneggiata, o rubata. Non è possibile, infatti, vigilare continuamente e su tutto, se questo tutto è un gigantesco complesso di 30.000 metri quadri, finalmente aperto al paesaggio, ai mondi, alle persone (ed ai cretini privi di contrassegno evidente).
L’artista dunque, nel momento in cui accetta di collocare la propria opera in questo contesto formidabile e impresidiabile, accetta di condividere un’impresa, esponendo con ciò il corpo dell’opera ad una serie di rischi e pericoli. La condivisione dell’intento, e la sperimentalità della situazione, sono più stimolanti e più potenti dei meccanismi conservativi, della protezione stessa che si dovrebbe riservare all’opera.
L’artista, dunque, mette la propria opera a disposizione di chi verrà a vederla, e lo fa per ben DUE VOLTE; la prima volta mentre fa l’opera, che egli fa per farla, e per esporla; la seconda volta quando decide di metterla a rischio, donandola in tal modo, anche, ad un cretino, che qui è un ladro, che dunque tradisce e ruba due volte.
Da un lato la fiducia di chi apre, ed invita tutti poi, a vedere il meraviglioso sito ristorato, armato dei suoi costrutti plastici responsabili (le opere rigeneratrici), donando idee, oggetti e fiducia.
Dall’altro, il cretino ladro e vigliacco, che, ritrovatosi per caso, alla fine della giornata, in coda ad un gruppo; dopo che centinaia di persone prima di lui passate, hanno visto, capito, apprezzato, immaginato, trasecolato; per ultimo, come si confà al suo rango, esso cretino prende da un tavolo sei acquerelli di andrea visentini, e se li ficca nella scarsella, e li ruba.
Il figlio d’una vacca.
Speriamo di non trovarlo mai, per lui, e per noi pure. Perché i cretini a noi non possono stare vicino, e la distanza che costoro scavano, in un istante e con un atto ignobile, tra noi e loro, è un alveo vasto, in realtà vasto quant’era già prima, ma pieno ora, pieno di un arido nulla.
Questo insegna, ancora, che non son le cose ad esistere, ma le idee. Nessuno ruba un’idea, un impegno, una fiducia, un dono. 
Il cretino possiede ora sei acquerelli di andrea? 
No, possiede il loro cadavere, il proprio vuoto, il nostro disprezzo sommo, e l’appellativo scientifico di “figlio di vacca”.
Venne lo stesso gaglioffo al muss ed al blocco di taibon, uno su 10.000, ogni anno, a rubarsi un tocco, negandone il senso. Possessivo, tignoso, avido: a rubare un feticcio, per nasconderlo poi in un armadio. 
Comunque: se lo prendo lo taglio, col machete da Colonia.

Gianluca D’Incà Levis, curatore di Dolomiti Contemporanee.

 

Borca, 10 agosto 2015