Sabato 30 luglio ha inaugurato Dolomiti Contemporanee, dando forma al concept di questo progetto, e incarnandolo nei nuovi spazi di Sass Muss. Questo luogo è un centro. Un centro, o un distretto, o un dispositivo. Inaugurate le prime tre mostre DC, a cura di Bruciati, D’Incà Levis, Zanchetta. Nell’arco della giornata, sono passate più di 1.500 persone. Per la prima volta dopo trent’anni, questi spazi sono stati mossi, con l’arte contemporanea. Intervenute autorità, patrocinatori, sponsor, molto pubblico. Persone non addette ai lavori, incuriosite da un’operazione nuova, da una visione, annusavano l’aria e alzavano la testa e guardavano gli edifici
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26 luglio 2011

sabato 30 luglio ore 18:30 apertura del nuovo complesso espositivo di sass muss lancio del progetto dolomiti contemporanee inaugurazione delle prime tre mostre, a cura di andrea bruciati, gianluca d’incà levis, alberto
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27 giugno 2011

il bunker. una piccola costruzione geometrica di cemento a due vani nell’area scoperta tra l’edificio pavione e l’edificio sass de
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cristopher (per una curatela ungulata)

9 giugno 2015
all’improvviso, appena seppellito lee, arriva il nuovo vampiro (beata prole: sugge l’insugghiabile): cristopher (#cristopherdeer).
anchedetto christo.
la madre, che conosco da un anno, e conosce bene me, non torna.
abbandono di primipara? non lo so, a quel punto non so ancora nulla.
qualcuno ipotizza addirittura che lei l’abbia voluto a me affidare.
ne dicon d’ogni sorta.

le prime cose sui cervi inizio ad impararle da quel preciso momento.
sono un curatore, assorbito da molti progetti culturali e artistici complessi, non ho tempo per altro.
ma ora vivo in questo bosco, a borca di cadore.
nell’ex villaggio eni, dove nel 2014 ho attivato progettoborca, una delle piattaforme di rigenerazione di dolomiti contemporanee.
e qui, da almeno 10 mesi, con la carne frolla nutro la volpe, nel punto esatto in cui ora sta raggomitolato pròno lui (foto 2, una delle primissime).


se dunque, alla fine di quel primo giorno, non avessi deciso di prenderlo, il cucciolo non sarebbe mai giunto al secondo.
quindi, per chi crede nella vita prima che nella morte, non c’era una scelta da compiere, ma un’unica cosa da fare.
tutte le altre sapienze (e ignoranze) particolari vengono DOPO.
tutte le sapienze (le ignoranze) di chi mi ha voluto spiegare (spesso senza saper bene, senza aver riflettuto un attimo coscienziosamente) cos’è natura e cos’è animale, sarebbero comunque venute dopo la sua morte.
quindi queste scienze pretese del cervo imbandito eran tardive, miopi, evidentemente disimpegnate, nichiliste: manifestano irresponsabilità, e pressapochismo.
perlopiù, esse son venute da gente spiccia, che si considera esperta, della vita del bosco e dell’animale, dato che vive, come può, in montagna.
fieri cacciatori rubizzi da bar, negati alla cura, mi han spiegato che un cervo è un cervo, e di non farla tanto lunga. se muore, muore.
perchè mi dannavo l’anima, disturbavo e digrignavo, come un lupo, si son chiesti.
perchè attaccavo e schiaffeggiavo i bracconieri, e i faciloni ammazzatutto, e i curiosi da zoo, carnivori anche loro.
perchè avavo attivato un sì rigido protocollo di protezione di un cucciolo, che offendeva spietatamente molti adulti abituati a fare il comodo loro.
alcuni dei migliori e più riusciti bracconieri ad esempio: quelli che tirano ad ogni bestia, perfino piccola, perfino all’interno del villaggio. ne ho incontrati, ne ho incontrati: un paio li ho fatti piangere addirittura (in seguito uno si è vendicato, attraverso un altro sgherro gallonato): la terribile aggressività difensiva della madre (e padre).

che poi io non son plutarco, che la carne la mangio.
questa curatela ungulata è un pensiero culturale, specifico e responsabile, non un vago o tenero animalismo.
però mastico anche quella dell’uomo.
senza apprezzarla.
per combatterlo.
sbrano solo le carni dell’uomo insensibile e inetto.
quanto cibo. eppure, ho ancora fame.
la carne di quell’uomo latente che non sa usare la mente e lo spirito, e che dunque non può esser altro dalla propria carne, non nutre in alcun modo.
così, mentre lo dilanio, lo finisco.

ma insomma, semplicemente ho preso qua a sostenere questo, che la natura non è la certezza della morte, ma la possibilità della vita.
che la realtà non è mai uno schema, nè una nozione, nè una tradizione del coltello.
e che la storia è un’azione – nella durata della pratica: pochi storici lo sanno: pochi storici sono in azione.
in questa storia particolare, rispetto alla verità fattuale che ho ora sintetizzato, qualsiasi altra considerazione è secondaria, schematica, infantile.
vita è sostantivo, selvatico è attributo.
la scelta è la cura.


poi, più avanti, racconteremo la storia tutta, per bene.
e potremo magari intitolarla: cristopher, a way of curating.
non sarà il racconto tenero di bambi.
(di libruzzi tremendamente banali su animali e bosco ce ne son già molti, noi stiamo da un’altra parte, la parte opposta, dove si lavora sulla complessità della differenza tra le cose, e non sulle semplificazioni commerciali delle ecologie acritiche in strenna).
sarà dunque piuttosto un saggio sulla guerra.
la guerra alle opinioni immote (o ai finti slanci opportunisti ed editoriali, anche).
una metafora della curatela, di un’idea di curatela.
selvatica, dura, corretta.
un’idea ampia, stesa sui paesaggi dell’uomo.
ci stiamo lavorando.
ma, come sempre, anche questo dipenderà da cristopher.

gianluca d’incà levis, settembre 2018, borca di cadore

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qui un album facebook con altre foto di cristopher, dalla nascita ad oggi.
qui alcuni video.
qui un pezzo su franz magazine
qui un articolo pubblicato sul gazzettino.

#cristopherdeer