dolomiti contemporanee duemilasedici: parola prima
campagna di comunicazione dolomiti contemporanee duemilasedici: parola prima
la cdc di dC2016 è pensata da dc e sviluppata da bra.ba.m.
Concept (gdil/dc)
il concept della sesta stagione di dolomiti contemporanee è parola prima.
con la quale espressione, si vuole intendere come la parola (in particolare la parola scritta e stampata) sia la prima tra tutte le immagini.
è essa, addirittura, l’entità densa di senso che previene -e quindi permea- ogni immagine.
nocciolo pulito d’idea, non ancora declinato attraverso apparati estetici rappresentativi di sorta.
all’inizio, la parola, concetto materico emanazione d’idea, è pura: né colore né forma sono intervenute ancora a caratterizzarne l’integrità.
e l’artista non ha ancora iniziato a farla giocare, l’idea, traverso le voracità del proprio circo poietico.
la parola, come l’idea, è nuda (e piena, come roccia compatta).
le scelte estetiche dunque intervengono successivamente alla parola, che, essendo compiuta, è in atto senza doversi manifestare in un’azione, in un cinetismo, in un apparato di comunicazione plastica.
la parola così intesa non equivale ad un’energia potenziale: è quieto fuoco deciso, senza fiamme, che espande lo spazio in modo uniforme.
le scelte estetiche, dunque, sono sempre posteriori alla parola, pienamente attiva, e pesante.
ognuna di esse scelte infatti, traccia deliberatamente (gusto, esperienza, soggettività d’impulso, accidentalità fenomeniche) una strada, e, percorrendola, trasforma (riduce) la parola totipotente in un costrutto orientato ed univoco – anche quando tale costrutto vien fatto corrispondere ad una bocca o porta, massimamente spalancata, nell’assumere una misura particolare, esso perde la sua essenza centrale, che era priva di attributi particolari.
sviluppo (fabio balcon/bra.ba.m)
Dopo cinque anni di collaborazione con Gianluca D’incà Levis al progetto Dolomiti Contemporanee bisogna ammettere con onestà che noi di Bra.Ba.M ancora non siamo riusciti a capire fino in fondo il mutaforme genoma di questo stupefacente organismo. Si evolve in maniera esponenziale non lineare. Il nostro pigro metabolismo non ci permette di tenergli testa. Per questo motivo cercare di comunicare Dolomiti Contemporanee al pubblico è sempre stata un’opera falsamente ardua. Dico “falsamente” perchè non ci abbiamo mai provato, preferendo alla comunicazione del prodotto un’operazione di puro branding. Dolomiti Contemporanee come Procter & Gamble. Ci siamo sempre ostinatamente ancorati alla pura essenzialità del marchio meravigliosamente sintetizzata nel naming: Dolomiti Contemporanee. In quelle due parole c’è tutto e nello stesso tempo un forte limite che tiene salda la barra del timone della creatività.
In maniera semplicemente didascalica tutte le campagne di comunicazione che abbiamo realizzato per DC presentano elementi “contemporanei” calati in ambientazioni “dolomitiche”. Dagli archetipi digitalizzati della montagna con primitivo effetto pixel di Photoshop siamo passati a tematiche da z-movie ambientate in bucolici alpeggi, agli esperimenti genetici fra uomo e fauna autoctona reinterpretati in chiave fashion, per arrivare, con l’edizione 2015, alla terra-dolomiti-formazione di mondi lontani e non adatti allo stile di vita del trekker.
Quest’anno sentivamo forte l’esigenza di semplificare, ripulire, sanificare la comunicazione dai troppi livelli di Photoshop usati nelle edizioni precedenti.
Avevamo sempre pensato che l’immagine perfetta per rappresentare Dolomiti Contemporanee fosse l’artwork creato da Peter Saville per la copertina di Unknow Pleasure dei Joy Division. Quel grafico comparato delle frequenze del segnale proveniente dalla pulsar CP1919 che ricorda una una dorsale montuosa definita nella sua essenzialità da semplici tratti bianchi su sfondo nero è sempre stata nelle nostre teste.
Quando siamo stati informati che il tema conduttore dell’edizione 2016 era LA PAROLA intesa come antefatto del pensiero (PAROLAPRIMA), subito un piacevole brivido ha attraversato la nostra colonna vertebrale: questa è la stagione del nudo lettering. Simple Text.
Subito ci vengono in mente le immagini create con il codice per la codifica dei caratteri ASCII.
Queste immagini, prodotte componendo i 95 caratteri ASCII, sono basiche illustrazioni dall’indiscusso fascino low tech retrò Amiga Style.
Ma subito ci siamo resi conto che gli editor reperibili in rete non fanno al caso nostro. Per definizione lavorano sul singolo carattere a spaziatura fissa in maniera random e non permettono di generare parole di senso compiuto o locuzioni. A meno che, servendosi di un editor di testo tipo Word o Text Edit, non si componga manualmente l’immagine, ovviamente una montagna.
Ma per generare con questa tecnica il semplice profilo della Civetta sarebbero stati necessari mesi di tentativi. I tempi della comunicazione nel terzo millennio non consentono interventi di artigianato grafico. E noi non siamo illustratori.
Fortunatamente il variegato universo delle app ci ha fornito la soluzione al problema. Navigando nello store alla ricerca di un generatore di cloud tag ci siamo imbattuti in questo applicativo dal nome fascinoso: Phoetic, the amazing photo word cloud generator.
Sostanzialmente il programma converte le immagini, ad esempio un selfie, in una nuvola di parole (cloud tag). Gli esempi presentati sono amenità del tipo volto di lei composto da emoticon e cuoricini o volto di lui composto dalla frase TI AMO tradotta in 72 lingue diverse. In ogni caso il risultato finale è sempre, al di là del soggetto, degno di nota.
Superato lo scoglio etico legato all’esborso di 4,50 Euro per la versione pro e un paio di giorni passati a testare i numerosi settaggi ecco che la nuova immagine di Dolomiti contemporanee ha iniziato a prender forma sugli schermi dei nostri smartphone.
Grazie a Phoetic abbiamo anche sperimentato nuove frontiere lavorative e possiamo affermare che questa è la prima campagna pubblicitaria realizzata in luoghi non convenzionali quali: il bagno di casa, i mezzi pubblici, bar e ristoranti, in coda alle poste per pagare l’ICI.
La parola genera la montagna. Il futuro è quella montagna.
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