21 gennaio 2020

  29 ottobre 2018 – viene tempesta vaia – lo schianto del paesaggio Ad oltre un anno da Tempesta Vaia (ottobre 2018 / dicembre 2019), facciamo il punto su come, anche questa volta, un elemento critico del corpo del paesaggio – il paesaggio è un corpo; noi siamo sminatori e paesaggisti dell’alpinismo culturale – che porta la picca, sia divenuto, quasi da subito, un’opportunità di riflessione e di ricerca: e non una lamentazione o esercizio al compianto.Il 29 ottobre 2018 eravamo dunque a Borca di Cadore, nelle Ville di Gellner all’ex Villaggio Eni di Corte, che dal 2014 alimentiamo
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13 novembre 2019

A novembre 2019, Dolomiti Contemporanee ha partecipato alla Winter Academy T.UN.NA (Academy internazionale sul turismo sostenibile nelle aree naturali UNESCO) della Trentino School of Management. Martedì 26 novembre 2019 – Winter Academy T.UN.NA – Cavalese L’intervento di Gianluca D’Incà Levis (scroll for eng): La costruzione della Montagna e del Paesaggio. Visioni e pratiche costruttive per rigenerare le risorse naturali. La Montagna è un’architettura costruenda, non un fossile inerte, né una cava inesauribile.Il valore (turistico, ricreativo, forestale, culturale) va prodotto, non consumato. Ma per fare questo serve innanzitutto una
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2 ottobre 2019

Tiziano Contemporaneo: avviamento del progetto al Forte di Monte Ricco a Pieve di Cadore (2017/2019)Tutti lo sanno: Tiziano Vecellio nasce a Pieve di Cadore (Bl), negli ultimi anni del quindicesimo secolo.A maggio 2017, dopo lungo restauro eseguito con il fondamentale sostegno di Fondazione Cariverona, il Forte di Monte Ricco, a Pieve di Cadore, è stato riaperto.Gli enti gestori della struttura, Fondazione Centro Studi Tiziano e Cadore e Fondazione Museo dell’Occhiale onlus, hanno affidato a Dolomiti Contemporanee la curatela dei contenuti culturali e artistici, avviando una collaborazione triennale.La prima mostra, Fuocoapaesaggio, conclusasi ad ottobre 2017, è
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8 marzo 2019

Dal 2011, DC compie una ricognizione sistematica del territorio dolomitico, intercettando siti problematici ad alto potenziale, che vanno riconcepiti, ridefiniti, riaperti, rilanciati.Abbiamo cominciato a compiere i primi voli radenti sul Forte di Monte Ricco, a Pieve di Cadore, nel 2014. Nel 2017, concluso un importante restauro della struttura, sostenuto da Fondazione Cariverona, ilForte è stato finalmente riaperto. Il comune, e gli enti gestori, hanno deciso di intraprendere la via sperimentale della rigenerazione attraverso il contemporaneo, accogliendo il progetto immaginato da DC. Questo Report racconta il primo biennio d’attività, la visione, la
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28 febbraio 2019

1. Prologo, per chi non ci conosce: chi siamo, come agiamo, perché parliamo. Dolomiti Contemporanee: un progetto di valorizzazione, rigenerazione, cultura, arti, territorio, fiducia, reti. Dolomiti Contemporanee (DC) è un progetto nato nel 2011 nelle Dolomiti Bellunesi, che negli anni ha operato alla valorizzazione e rifunzionalizzazione di una ventina di siti problematici nel contesto dolomitico, tra Veneto e Friuli Venezia Giulia. L’idea alla base della pratica è questa: alcune ingenti risorse territoriali (siti o manufatti abbandonati o depressi, ambiti territoriali depotenziati, aree marginalizzate), per diversi motivi oggi sottoutilizzate o spente, vanno
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8 novembre 2018

il suono dei boschi schiantati è ora un ruggito meccanicoil suono della pala che cerca di aprirsi un varco tra gli abeti rossi e i pini sradicati, spezzati, sfracellati (grinding: apre/devasta/libera)a centinaia di migliaia, a milioni e la pala carica e spinge e spezza ancora i monconi tronchi di questi corpi torturati metallo su legno sbadabang i fantasmi del bosco che non è più e si cerca il nastro d’asfaltoche sta sepolto lassotto questi alberiche il cataclisma degli scorsi giorni ha gettato, scagliato, a terrasulle strade, sulle case, nei torrenti - in certi punti ce n’è più a terra
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23 giugno 2018

La Residenza di Brain-tooling a Pieve di Cadore.Un discorso semplice. Per chi capisce già, per chi non capisce ancora, per chi non capirà comunque – noi intavoliamo sempre. Che cosa sono l’arte e la cultura. Cos’è una mostra di Dolomiti Contemporanee. Cos’è una Residenza. Cosa sono l’arte e la cultura? Dolomiti Contemporanee sta lavorando alla messa a punto della mostra collettiva d’arte contemporanea che, sabato 30 giugno, riaprirà stabilmente il Forte di Monte Ricco. La mostra, che vede all’opera 25 giovani artisti italiani e stranieri, rimarrà allestita fino al 30 ottobre prossimo (orari su www.dolomiticontemporanee.net e sui websites degli
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2 giugno 2018

Batteria Castello  sta sull’altura sopra a Pieve di Cadore, a pochi metri dal Forte di Monte Ricco. Anticamente, qui si trovava il Castello di Pieve di Cadore, prima fortificazione cadorina: numerosi i documenti, anche molto antichi, che vi si riferiscono. Pare (forse) che il Forte Monte Ricco e Batteria Castello fossero collegati direttamente da una poterna: dalla copertura verde (e irrisolta: come irrisolto è, ad oggi, haitutti, il rapporto tra il Forte e il paesaggio) del Forte, volgendosi a Nord-Est, la facciata della Batteria Castello appare tra gli alberi, assai vicina (cinque minuti a piedi). Quando, nel 2017, Dolomiti
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16 maggio 2018

campo di curva: curvaturaquale curvatura (ribadisci sempre, ripeti)questo spazio è un fondo piatto, ribaltato, emerso, inastatoarcipelago eploso verso l’alto la connessione dalle pratiche ai luoghi, la totale connessione, nel presente, di spazio (i siti) e azione (la pratica nel tempo, oltre i nodi sclerotici della storia – la storia eventistica, non processuale)lo spaziotempo, nella sua continuità mobile, eccolo nella curval’unione tra paesaggio e moto generativola coincidenza, nel valore, tra senso e spazio ancora: lo spazio, che è il senso nel tempo (moto) la montagna curvamontagna in curvaturaisolacurva, atolli connessiquesta forza applicata,
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28 gennaio 2018

Gli atti del convegno alpi, architettura, patrimonio, svoltosi a novembre 2015 tra politecnico di torino e di milano sono stati pubblicati da Mimesis editore a gennaio 2018, per la cura di Davide Del Curto, Roberto Dini, Giacomo Menini. qui il saggio di gianluca d’incà levis presente nella pubblicazione, titolato cura e rigenerazione di paesaggio e
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Residenza Brain-tooling. Un discorso semplice: cosa sono arte e cultura. Cos’è una mostra DC. Cos’è una Residenza.

La Residenza di Brain-tooling a Pieve di Cadore.
Un discorso semplice. Per chi capisce già, per chi non capisce ancora, per chi non capirà comunque – noi intavoliamo sempre.
Che cosa sono l’arte e la cultura.
Cos’è una mostra di Dolomiti Contemporanee.
Cos’è una Residenza.

Cosa sono l’arte e la cultura?
Dolomiti Contemporanee sta lavorando alla messa a punto della mostra collettiva d’arte contemporanea che, sabato 30 giugno, riaprirà stabilmente il Forte di Monte Ricco.
La mostra, che vede all’opera 25 giovani artisti italiani e stranieri, rimarrà allestita fino al 30 ottobre prossimo (orari su www.dolomiticontemporanee.net e sui websites degli enti gestori, Fondazione Centro Studi Tiziano e Cadore e Museo dell’Occhiale).

Ora, vorremmo dir due parole, per una volta in modo semplice, che le possano leggere e capire tutti o quasi (chi non c’è non c’è), su cosa sia una mostra d’arte contemporanea, rispetto alla progettualità culturale che Dolomiti Contemporanee costantemente intavola sul (e NEL, e CON IL) territorio.

Una mostra può essere qualsiasi cosa. Una cosa buona, o cattiva. Una cattiva mostra non è solo una cosa inutile: è anche potenzialmente dannosa, a livello formativo, della coscienza critica. 
Quando una mostra è brutta e cattiva? Semplicemente, quando non è fatta bene. Quando gli artisti e i curatori invitati non sono bravi e correttamente motivati: a instaurare relazioni profonde e autentiche tra gli enti, mondani ed extramondani: tra le cose e il senso delle cose; tra le cose e le persone; tra le persone e le persone. Mica basta chiamarli artisti. Mica basta chiamarle mostre, o Biennali. E’ pieno il mondo di mostre pessime, di Biennali insulse, di artisti scadenti. 

Come si fa a capire se una mostra è buona, chiede Berto?
Benedetto figliolo: come fai tu a capire se un pomodoro è buono, gli chiediamo noi? 

Basta vederlo, e assaggiarlo, dice lui, no?
Bene, questo è giusto. 

Diciamo allora che il pomodoro è (apparentemente) facile da capire: non occorre saperlo coltivare per poterlo mangiare.
E però, il pomodoro c’è perché qualcuno l’ha saputo coltivare. 

Diciamo quindi a questo punto, che la cultura non è un pomodoro al consumo, ma una pratica del senso: una buona pratica. 

Stiamo dicendo quindi che un conto è mangiare, e un conto è coltivare. Se un bravo contadino non coltiva bene il pomodoro, il consumatore non lo mangerà mai, o mangerà un pomodoro cattivo (ammesso che sappia rendersene conto). 

Ecco dunque una differenza, elementare e importante, che ci chiarisce come la cultura sia una forma di coltivazione particolare, che esige, anche nella fruizione, un impegno (o una sensibilità) superiore a quella del consumatore acritico (poco o per nulla interessato alla qualità delle cose).
Il “consumatore dell’arte”, per poter mangiare questo frutto, non può ridursi a mero consumatore passivo, ma deve farsi fruitore attivo. Deve, in qualche misura, partecipare anche lui alla semina, alla coltivazione. Infatti, una persona interessata alle cose non è uno spettatore, cioè un ente passivo che guarda, come si fa per la televisione dal divano. 
E’ invece un soggetto interattivo, che osserva la sensibilità altrui attraverso la propria, e in tal modo partecipa costruttivamente ad un processo di conoscenza.

Perché lo fa? Perché è presente: è interessato. E perché alcuni sono interessati e altri no, a determinate cose?
Per diversi motivi, ma tutti legati, in primis, ad un impegno ed interesse personale, e ad un istinto di conoscenza, più o meno profondamente coltivato. E alla volontà di non accontentarsi di un prodotto qualunque, ma di cercarne, appunto, uno buono.
Se parliamo di arte e cultura infatti, fermo restando che la dotazione di sensibilità è cosa soggettiva e necessaria, alcuni individui risultano più sensibili, più attenti, più interessati di altri alle cose del mondo, e alla loro qualità intrinseca.
Altri invece sono distratti: guardano la televisione.
L’esercizio, l’impegno, nella valutazione dell’oggetto e del suo profilo di qualità, è determinante.
Ma, a questo punto, ci domandiamo: c’è poi tutta questa differenza tra l’arte e il pomodoro?
Anche lì, in realtà, c’è da scegliere.
C’è chi piglia i pomodori in cellophane all’ipermercato. E chi li prende dal contadino. Due attenzioni e sensibilità e approcci differenti, anche qui. Uno poco interessato: ecco l’equivalenza del prodotto, l’indifferenziazione. L’altro selettivo: ecco la ricerca della qualità.

La cultura infatti, evidentemente, è in ogni cosa: anche nel cibo.
Anche l’assenza di cultura può annidarsi in ogni cosa: in ogni cosa lacunosa e approssimativa, poco concentrata, colta distrattamente.
Le buone coltivazioni dimostrano che la qualità viene dalla scelta, e che la scelta determina una differenza nell’esito, nel livello della produzione, e che questa differenza è l’opposto di un’equivalenza. Infatti, le cose non sono tutte uguali, e si dispongono secondo una scala di valore, se si vuole guardarle bene.
E, a proposito di cibo e cultura possiamo dire: sono due alimenti formativi e nutrienti: se sono buoni. Se si mangia male, infatti, si cresce deboli e storti. Se si è consapevoli delle differerenze invece, si sceglie cosa mangiare, e si cresce bene: forti e diritti.
La cultura della qualità (che è l’unica vera cultura), è dunque la capacità di veder le differenze, e di scegliere per il meglio, costruendo così una coscienza critica, che è uno strumento evoluto che aiuta l’uomo a comprendere il mondo, e ad migliorarvi la propria posizione. 

Continuiamo: come fa una persona a capire e ad apprezzare un libro, se non ne ha mai letti?
Non può capirlo, a meno che non sia un libro senza pretese d’intelligenza, d’approfondimento: dev’essere un libro che non scava. Ma se un libro non scava, e rimane in superficie, è un libro inutile (o è un banale diversivo qualsiasi, uno sterile trastullo per gente poco impegnata). 

Anche qui: un libro può essere una gemma, o un libraccio. Non è questione di gusto personale, ma di serietà nella preparazione, e nell’approccio.
Naturalmente, una persona è libera di leggere un libro da quattro soldi, le librerie ne son piene, devono vendere anche quelli. 
Ma parlare di letteratura con quella persona che legge a casaccio, sarà impossibile, perché quella persona non avrà nulla di essenziale da dire, dato che non ha avuto attenzione nell’ascolto. Quella persona si sarà accontentata.
Come fa allora una persona a valutare un’opera d’arte, se non è interessata a studiare l’arte? La preparazione culturale, e intellettuale, è qualcosa di prodigioso. Uno strumento evoluto, accrescitivo, di cui l’uomo si dota, se lo vuole, e che contribuisce potentemente a differenziarlo dalla scimmia, ed a crescerlo nella propria consapevolezza.
Può una persona che non si interessa all’arte entrare in una mostra e dire: quello mi piace, quello non mi piace?
No, non può.
Se non si ha un criterio di valutazione, non si può valutare. Si parla a caso, come al bar. Facciamo un altro esempio semplice: può una persona che non ha studiato la matematica, di fronte a un’equazione di secondo grado, dire: la matematica è brutta? No, non può, se non è un poverello che parla a caso, o un bambinetto. Il bambinetto può dire: “mi fa schifo la matematica”, senza però capire quel che dice, mentre lo dice. Al bimbetto bisogna insegnare qualcosa. Ad anche l’adulto che voglia crescere ancora, può imparare ancora: sempre.

Cos’è una mostra di Dolomiti Contemporanee?
Una mostra, abbiamo detto, può esser qualsiasi cosa, buona o cattiva. Dolomiti Contemporanee fa buone mostre, perché compie una selezione accurata dei contenuti, e degli artisti, in un contesto internazionale.
L’arte, in DC, è precisamente sé stessa: una pratica esplorativa della cultura, che indaga il mondo, e lo restituisce, arricchito dallo sguardo intelligente dell’artista.
In tal modo, le cose non vengono semplicemente descritte, ma “aumentate”, ristorate, analizzate criticamente, attrezzate plasticamente. L’arte costruisce un vastissimo sistema di rimandi, che interessano a chi è curioso culturalmente, e annoiano chi già si annoia, chi è seduto e fermo (nello spirito, nel cervello).
L’arte è una delle porte della conoscenza, dell’espressione, della costruzione. Chi non ne è attratto, rinuncia ad un nutrimento straordinario, e ad un’occasione di arricchimento.

L’arte poi (anzi: simultaneamente), in DC, è anche un’altra cosa. E’ una delle tecniche che adottiamo per intavolare la nostra riflessione culturale, che riguarda i siti-risorsa, di cui il territorio è trapunto.
Come è noto, DC attiva piattaforme di rigenerazione complesse, e strategie di rete, con l’obiettivo di trovare una nuova identità, e nuove destinazioni d’uso, temporeanee o permanenti, per le strutture stesse. Scegliamo infatti strutture ad alto potenziale, che però sono oggi del tutto inutilizzate, o solo parzialmente funzionanti, o in fase di teorico riavviamento, o che necessitano di un’idea nuova, per tornare a vivere, e a funzionare, portando uno spunto positivo al proprio territorio, rispetto al quale costituiscono al tempo stesso un problema irrisolto e una risorsa potenziale.
Il Forte di Monte Ricco è uno di questi siti, al quale lavoriamo, con una strategia culturale di rilancio, dal 2017. E’ evidente che non basta restaurare una struttura, per renderla capace di funzionare. La struttura funzionerà se chi l’affronta saprà dotarsi di una strategia corretta, rispetto all’identità del Bene, al suo potenziale, alle necessità del territorio, alla costruzione di un progetto aperto che inserisca la struttura stessa in un meccanismo virtuoso. Occorre chiarezza di visione, per riuscirci. Occorre un’idea buona, molta cooperazione a tutti i livelli (interno ed esterno, locale e globale, territoriale e extraterritoriale), molta determinazione nel perseguire l’obbiettivo, la capacità di attrezzare reti vaste ed estroverse. Spesso, le strutture non vengono rilanciate correttamente, e le strategie (quelle approssimative) falliscono. Altre volte, le strategie sono sbagliate, quindi le strutture ripartono, ma poi si fermano ancora, e in quel momento si scopre che la strategia era miope, che mancava l’idea, che bisognava compiere altre scelte, avere una visione, il coraggio di una visione non banale. In quei due casi, è il territorio a perdere, non la struttura. La struttura, e il suo utilizzo, sono un’opportunità per il territorio, non per la struttura in sè. Per questo non bisogna mai ragionare in termini di “scatole restaurate, vuote, da riempire” e di “contenuti da metterci dentro”. Questa visione, della scatola e dei contenuti, è puerile. E’ la visione che talvolta hanno un Sindaco o un Assessore o un cittadino che non sanno intendere la Cultura per ciò che essa è: un elemento fluido, che connette propulsivamante i punti di forza, e non il Capitolo schematico d’un Bilancio.
Una mostra di DC è dunque una parte di una strategia complessa. Nell’ambito della strategie culturali, DC dice qualcosa in Italia dal 2011, a livello operativo, culturale, scientifico. La nostra credibilità è alta, perché il lavoro che facciamo ogni giorno è attento, dunque buono. Basta guardarlo (come basta leggere il buon libro), per capirlo. Ammesso che si possiedano le capacità per vederlo. Infatti, guardare non è ancora vedere.
Quali capacità sono richieste? L’abbiamo detto: disposizione e determinazione nell’ascolto; curiosità culturale; elasticità mentale; sensibilità critica; un’intenzione pubblica responsabile di far bene per il territorio, che è cosa diametralmente opposta alle ambizioni personali.
Gli occhi aperti.

Cos’è una Residenza?
La Residenza è l’Istituto principale su cui si basa la pratica di DC.
La Residenza non equivale a un letto e ad una cucina. E’ la volontà, e la capacità, di portare persone e soggetti dall’esterno sul territorio al suo interno, in modo tale che essi lo possano conoscere ed esplorare.
Le Residenze DC ospitano, ogni anno, centinaia di artisti, architetti, designer, filosofi, antropologi, scienziati, paesaggisti, alpinisti, ecologi, economisti, e via dicendo.
Queste persone sono diverse tra loro: intellettuali affermati, sperimentatori creativi, giovani artisti, professionisti della cultura e della scienza, esperti di montagna, ricercatori universitari, curatori e collezionisti.
In Residenza essi si conoscono, si mescolano.
Tutti sono motivati rispetto all’obbiettivo della rigenerazione culturale di un Bene sepolto, che intendono nel suo valore reale.
A Pieve di Cadore, nel 2017, la Fondazione Tiziano ha deciso di attivare e sostenere una Residenza, all’interno della Casa del Volontariato e della Montagna.
La Residenza è servita, lo scorso anno, ad ospitare gli artisti che hanno lavorato a Pieve per costruire Fuocopaesaggio, la prima mostra collettiva pensata da DC per il Forte di Monte Ricco.
Altri giovani, musicisti e convegnisti, ospiti della Fondazione duranti gli eventi estivi che essa promuove, sono stati alloggiati in questa casa, che è dotata di una cucina. Anche quest’anno, la Residenza è operativa.
Gli artisti di Brain-tooling continuano a usufruire di questa ospitalità. In tal modo, passando un periodo a Pieve di Cadore, conoscono le persone e le cose. Conoscono le Dolomiti e le Marmarole (gli diamo sempre una mappa del nostro partner Tabacco). Conoscono le persone (una ventina le ditte e aziende che ci aiutano a realizzare le opere). Frequentano i locali. Conoscono i cibi, le ricette, le piante e gli alimenti del Cadore. Stabiliscono rapporti con gli enti. Visitano le Chiese e i Musei. Imparano ad arrampicare. Conoscono i luoghi natali di Tiziano Vecellio. Conoscono e frequentano Batteria Castello, il secondo Forte del colle di Monte Ricco, che un giorno sarebbe bello veder restaurato, per trarne magari una foresteria, ripristinando le officine di Romano Tabacchi, per poter cuocere ancora le ceramiche, e fare il lavoro fabbrile. Con un bar: che tutti vogliono salire al colle, ma non ci possono rimanere, e un bar in Batteria sarebbe straordinario, e funzionerebbe senza dubbio.
Molte delle opere realizzate per questa mostra, sono state create grazie alla Residenza. Gli artisti sono italiani, sloveni, coreani. Hanno gli studi e le Gallerie in Italia, in Germania, in Belgio, negli Stati Uniti d’America, e via.
Tutti artisti bravi, la cui ricerca e qualità sono note in Italia a chi s’occupa d’arte, selezionati avvedutamente dai curatori. Stanno lavorando nel paese di Pieve, nel territorio, e dentro al Forte.
Da un mese circa, avvicendandosi in residenza, installano, dipingono, fanno interviste, coinvolgono persone, realizzano video e film, di giorno e di notte, direttamente nel Forte, che è un dunque cantiere dell’arte, cioè dell’esplosione plastica dell’idea. Poi vanno a Lagole, e fanno il bagno tra i lucci del Lago di Centro Cadore, e conoscono Col Vaccher, ed esplorano tutto, riposando poco e lavorando molto, e le loro visioni e impressioni e idee si fissano sui medium artistici, e il 30 giugno potremo veder tutti gli esiti di questa ricerca accurata, che ha visto gli artisti immergersi nel territorio e farlo lavorare, stabilendo relazioni molteplici con esso.
Perchè una mostra d’arte contemporanea non è una rassegna di oggetti immobili in una serie di sale vuote da riempire.
E’ invece un dispositivo relazionale, come abbiamo detto, un insieme di rapporti di senso e di relazioni coltivate, che porta sul territorio gli sguardi dell’artista-coltivatore, arricchendolo di una serie di connessioni di senso nuove, che indagano le cose che ci sono con uno sguardo profondo e franco.
L’arte non serve a riempire il Forte, le sue pareti. L’arte non ha una funzione decorativa. La sua funzione è strutturale, come sempre accade per le manifestazioni dello spirito, dell’ingegno, della creatività dell’uomo che esplora, che cerca, che discute e intavola sul valore di cose ed esperienze.
Vi invitiamo tutti dunque, sabato 30 giugno, a venire a scoprire il mondo di Brain-tooling e di Tiziano Contemporaneo, che è un mondo reale, carico, pieno. In cui la mente (degli artisti) ha arrampicato lo Spazio di Pieve di Cadore, attrezzando un’altra parete della cultura, una parete nella quale troverete vie classiche e sportive, vie lunghe e tiri duri secchi, bouldering e free-solo.
Perchè DC è una pratica d’arrampicata e alpinismo culturale, che scala l’ambiente e il Paesaggio, trasformandolo, ogni giorro, in sé stesso, e vivificandone la luce, nell’impegno della ricerca, nella forza dell’idea, che è la manifestazione della concretezza dell’immaginazione e dello spirito.

Gianluca D’Incà Levis, giugno 2018