To be here and there (cantieredivaia) – Forte di Monte Ricco – 12.07/22.09 2019
to be here and there (cantieredivaia)
una mostra di dolomiti contemporanee
a cura di gianluca d’incà levis e evelyn leveghi
forte di monte ricco, pieve di cadore, dolomiti, belluno
12 luglio / 22 settembre 2019
opening: venerdì 12 luglio, ore 18.00
artisti: Alfred Agostinelli, Veronica Bisesti, Roberto De Pol, Cristiano Focacci Menchini, Anna Groaz, Corinne Mazzoli, Francesco Nordio, Panem et Circenses, Sara Podetti, Ilaria Salvagno
Premessa: DC 2019 – cantieredivaia: visione e concetto generale
La stagione 2019 di Dolomiti Contemporanee (DC) ha proposto una serie di spunti tematici, legati a specificità ambientali e territoriali, ad alcune circostanze ed eventi particolari, a progettualità critiche già avviate sui/nei diversi siti fisici in cui si lavora, ad alcuni concetti pregnanti generali, saldi.
Va considerato che, in base alla peculiare disposizione neurale che sta alla base della fisiologia di DC, le attività che si sviluppano nei siti attivi (spazi riprocessati) risultano spesso fortemente interconnesse tra loro, attraverso la strategia di base, e attraverso il lavoro degli artisti e di tutti gli altri soggetti operativi che incrementano la riflessione insita nella piattaforma (architetti, designer, paesaggisti, forestali, critici, pensatori, antropologi, scienziati, economisti, e così via).
Questa visione è dunque ampia e inclusiva, organica potremmo dire, antisettoriale ed antischematica, ed in ciò -nel metodo come negli obiettivi- trasformativa.
Lo sguardo entra ed esce dal paesaggio, focalizzando su di esso e sui suoi gangli problematici alle diverse scale, e favorendo l’incontro, il dialogo, e il lavoro interdisciplinare tra le figure, le competenze, i tematismi, gli spazi fisici, gli spazi mentali.
Tutto, o quasi tutto, si compie grazie alle Residenze attive nei siti (Borca di Cadore, Pieve di Cadore, San Vito di Cadore, Vajont).
Sin dall’inizio (2011) DC, laboratorio d’arti visive in ambiente, si è identificato come un ente dispositivo che, attraverso uno sguardo rinnovativo del contesto montano e più in generale di paesaggio, opera criticamente alla loro palingenesi.
L’approccio è culturale (e proiettivo) in primis: si valutano i potenziali di queste terre alte, spesso male svolti ed espressi, trascurati, banalizzati, perduti, e si opera, concettualmente e concretamente, intellettualmente e praticamente, alla coltivazione della loro identità e alla loro riabilitazione.
DC è dunque laboratorio: ancora meglio: è un Cantiere del Paesaggio, nel quale la pratica coincide con il pensiero.
L’accezione di Paesaggio da cui prende avvio la ricerca, abbiamo detto, è aperta e trasformativa. Essa non ha a che vedere con una visione prettamente ecologica, e non considera quindi mai il contesto ambientale a prescindere dalle azioni dell’uomo che lo abitano, e che tentano di governarne gli elementi, con esiti differenti, spesso deludenti.
Il Paesaggio, ci dice Edoardo Gellner, impiantista demiurgo del grande progetto di Borca (ex Villaggio Eni, su cui insiste Progettoborca), è la sommatoria di ambiente naturale e azione dell’uomo. Nessun paesaggio dunque preesiste all’uomo. I paesaggi non vanno contemplati, ma determinati (concorrenza alla loro costituzione).
L’approccio responsabile al destino delle risorse disponibili, siano esse l’ambiente naturale, il patrimonio storico, culturale e d’architettura, la stessa identità alpina, viene condiviso nelle pratiche, e offerto, attraverso le strategie di rete, al territorio stesso, quando esso decide di dotarsene come di uno strumento critico attento, capace di contribuire efficacemente alla coprogettazione e alla rigenerazione di tali risorse.
Si opera nella libertà interdipendente, nell’intuito e nella ragione che animano questa metodologia dello scavo.
Il Cantiere è stato dunque uno spazio dell’interazione critica e funzionale, dove ogni pratica, l’arte come il progetto, la conoscenza della foresta e della montagna come quelle relative alle abitudini e ai bisogni delle comunità e delle persone, la visione strategica e l’estetica, hanno contribuito ad alimentare un meccanismo di produzione culturale, in grado di secernere una linfa intelligente, laddove necessario rivalutatrice, rivoluzionaria, eversiva (questo è spesso necessario).
Ciò avviene attraverso una ridefinizione continua (processi) di ambiti e categorie; la rottura degli schematismi di genere applicati alla gestione reazionaria o miope dei Beni; il riconcepimento del valore e delle forme d’uso di siti e spazi gravati da criticità, che mantengono intatto, ma imprigionato in latenza, un altissimo potenziale residuale, che va scosso e liberato.
Il Cantiere DC2019 ha tenuto in considerazione un grande evento distruttivo che ha colpito le Dolomiti (e tutto il Triveneto) alla fine di ottobre 2018, modificando in modo sostanziale l’assetto dei luoghi e la percezione del Paesaggio.
Questo tema si sovrappone perfettamente, naturalmente, ai meccanismi e all’approccio di base propri di DC.
Si tratta di Tempesta Vaia, un fenomeno metereologico violento, connesso ai cambiamenti climatici, che ha comportato un grave dissesto idrogeologico della montagna, con ingenti danni alle infrastrutture e al patrimonio boschivo di Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Trentino-Alto Adige, in parte Lombardia.
Cantiere di Vaia è stato il modo in cui definiamo la nostra azione in questo contesto radicale. Un’azione, che, da ottobre 2018, ha preso ad analizzare l’evento Vaia, per capire cosa esso sia, e come esso debba e possa essere affrontato dalla cultura contemporanea.
E Corpo di Vaia è il nome che diamo a questo paesaggio segnato: un corpo nient’affatto esanime, che abbisogna però di misure, interventi, progetti, visioni, in grado di affrontare il nuovo stato di fatto, all’indomani dell’emergenza e del post-emergenza che ha impegnato a fondo gli enti territoriali nei primi mesi.
È il Cantiere a dover nutrire il Corpo, oggi e nei prossimi anni.
Noi, viviamo ed agiamo precisamente in questo contesto.
Come avremmo potuto ignorare Vaia?
Noi che stiamo con i piedi nella terra, la testa ben alta nel cielo, l’attenzione ben desta, tesa.
E Vaia è un’opportunità: di riscossa.
Per mesi abbiamo raccolto moltissime informazioni, costruito reti e rapporti con i soggetti tecnici, scientifici, politici, che gestiscono l’estrema complessità di Vaia.
Tutte queste informazioni, e reti, sono ora attive: esse vengono messe a disposizione degli artisti e degli altri ricercatori che quest’anno opereranno in DC.
D’altro canto, Cantiere di Vaia non è stati l’unico concetto informatore della stagione 2019 di DC.
Tutti gli altri progetti e pratiche spesso avviati nel tempo nelle diverse stazioni del Cantiere (Nuovo Spazio di Casso, area del Vajont, Progettoborca, Tiziano Contemporaneo, Sanvido Apede, candidatura olimpica Milano Cortina 2026, eccetera), proseguono, vengono alimentati, e continuano a fornire stimolo, agli artisti, al territorio, ai paesaggi, ai suoi enti gestori, agli uomini.
L’attività espositiva che si è realizzata al Forte di Monte Ricco tra luglio e settembre 2019, è stata parte di questa questa riflessione e di questa pratica.
Gianluca D’Incà Levis
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TO BE HERE AND THERE (cantieredivaia) – Concept
To be here and there è stata una dichiarazione ed esplorazione della stretta interrelazione tra corpi, naturale e sociale. Ecosistemi complessi, fattori ambientali e umani che nel paesaggio si intrecciano, marcano, mutano e talvolta collidono.
Gli eventi catastrofici hanno la peculiare – dirompente – capacità di riscrivere il presente. La riconfigurazione si offre, ad uno sguardo attento e sistemico, come opportunità. Tempesta Vaia è stata un’occasione per verificare la capacità di reazione (resilienza) di un vasto territorio non definito entro confini, né amministrativi né culturali, bensì connotato da una ricca risorsa boschiva e da attività antropiche correlate. Un immenso capitale legnoso (ora e per lungo tempo disponibile con radici fuori terra) ed un disseminato capitale sociale (sovente sopito), e storico, culturale, ambientale, legato alla rigenerazione del patrimonio e ad altri tematismi disponibili (come ad esempio Tiziano Contemporaneo, Batteria Castello ed altre architetture abbandonate, le tradizioni, le piattaforme territoriali, e via dicendo).
In questo scenario il contemporaneo si pone quale strumento efficace per leggere tale complessità, individuarne potenzialità ed avanzare progettualità (sinergiche).
To be here and there ha rappresentato un insieme organico e vibrante di scritture circa le relazioni causa-effetto a manifestazione eterotopa, nel Cadore e luoghi altri. Venezia, Vajont, Cortina, Borca, Milano. Concatenazioni e simultaneità.
La mostra collettiva ha trovato la sua entità ontologica nella polisemia e rifugge i facili dualismi. Permeabilità, interrelazione, compresenza.
Le dimensioni spaziali e temporali sono trascese a favore di una fluidità multilivello che consente di connettere luoghi, fattori e vicende non linearmente susseguitisi ma divenuti contigui per comuni coordinate a cifra glocale.
Il cambiamento è incessante, multidirezionale, pervasivo; è generativo a flusso continuo. Caratterizza profondamente il paesaggio come palinsesto antropico (dinamico) e smarca letture superficiali che interpretano la montagna come dimensione della stasi.
Evelyn Leveghi
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a questo link il video dell’opening
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to be here and there (cantieredivaia)
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