Giulia Pellegrini/Ciò che una roccia sa
Giulia Pellegrini
Ciò che una roccia sa, 2017, ghiaccio, cloruro di sodio, carbonato di calcio, fosfato di calcio, usnea, cladonia portentosa, frammenti di roccia, carbon fossile, sabbia, ossido di ferro, colla, feltro, misure variabili.
Giulia Pellegrini posiziona una scultura di ghiaccio su un telo cosparso di frammenti di dolomite e altri minerali.
La scultura ha una naturale durata limitata, e il suo scioglimento produrrà una seconda “opera” poiché all’interno del ghiaccio sono presenti pigmenti di colorazioni tipiche del paesaggio dolomitico che andranno a posizionarsi sul telo sottostante.
L’artista tornerà, con successive sculture, per completare il processo che prende il via con l’apertura della mostra e pone l’acqua al centro, quale generatrice di un oggetto scultoreo in grado di cambiare nel tempo.
Una riflessione sul concetto di tempo/durata e trasformazione che un paesaggio può avere, e su come l’acqua, fonte di vita, sia fondamentale per la costruzione del paesaggio stesso. In tal caso con un riferimento chiaro al contesto dolomitico, in cui due milioni di anni fa le Dolomiti vennero ricoperte dalle glaciazioni che modificarono fortemente la geomorfologia della montagna.
L’oggetto scultura diventa pertanto la rappresentazione delle tracce che lascerà la natura, il tessuto invece è ciò che le raccoglierà: l’opera svela e rivela così attraverso la propria forma e il proprio lento mutare l’evoluzione geologica delle Dolomiti, lasciando un’impronta in grado di mostrare la varietà di elementi che sono alla base della loro genesi.
Un paesaggio ne origina un secondo e così via, il tutto per cercare di restituire quell’importante processo durato milioni di anni.
si ringraziano Idrotemolux e Hotel Pelmo per il supporto nella realizzazione dell’opera.
opera in:
Fuocoapaesaggio
a cura di Gianluca D’Incà Levis e Giovanna Repetto
Forte di Monte Ricco, Pieve di Cadore (Bl)
20 maggio – 30 settembre 2017