13 maggio 2019

Tra aprile e maggio 2019, Filippo Romano, fotografo, ha trascorso un periodo in Residenza in Progettoborca, dove ha iniziato a svolgere una ricognizione fotografica sui territori colpiti dalla Tempesta Vaia, che nel 2019 Dolomiti Contemporanee tiene al centro della propria indagine sul territorio montano.Il lavoro di Romano è stato sostenuto da Fondazione Francesco Fabbri e Dolomiti Contemporanee.Gli esiti della ricerca di Romano saranno presentati nella nona edizione di F4 / UN’IDEA DI  FOTOGRAFIA, che verrà inaugurata il prossimo 18 maggio, alle ore 18.00, a Villa Brandolini a Pieve di Soligo. Il tema di quest’anno sono le catastrofi ambientali e
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9 maggio 2019

Nel 2018 Dolomiti Contemporanee ha preso parte all’avvio del progetto Border Crossing (Palermo), che realizza una rete tra progetti culturali e Residenza artistiche sparsi per l’Italia.La partecipazione al progetto viene ribadita anche per il 2019.Giovedì 9 maggio, il gruppo si ritrova nell’evento Border Crossing alla Biennale di Venezia, presso Studio Contemporary Art, Calle  al Ponte de l’Anzolo Castello 5312/a, Venezia. DC sarà poi ancora presente in Border Crossing l’1 giugno a Palermo, all’interno del Videoartforum Bordercrossing_Mediterraneum.Si tratta di una maratona di video e talk sul tema Mediterraneo, cura di Lori Adragna e Andrea Kantos, che si
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11 aprile 2019

 Il Film documentario A History about Silence, realizzato dall’artista Caterina Erica Shanta e prodotto da Dolomiti Contemporanee nell’ambito della mostra Brain-tooling (Forte Monte Ricco di Pieve di Cadore, estate 2018), è stato selezionato all’edizione 2019 del Trento Film Festival. Due proiezioni sono in programma per il 24 aprile e 2
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3 aprile 2019

SMACH. Constellation of art, culture & history in the Dolomites SMACH è una open call internazionale per artisti. La quarta edizione di SMACH (2019) ha messo al centro la parola Heimat: questa non è un semplice sostantivo. Come noto, si rivela intraducibile in molte lingue, fra le quali inglese e italiano. I tentativi di ricondurlo a concetti come “terra natìa” sono banalizzanti, se non fuorvianti. Heimat possiede in sé una carica identitaria molto più forte. Heimat non individua semplicemente un luogo, bensì un insieme di valori condivisi e spontanei, che riconducono alla dimensione dell’infanzia, evocando la sensazione positiva che
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24 gennaio 2019

Giovedì 31 gennaio 2019Ore 20.30, Sala Comunale di San Vito di Cadorepresentazione del progetto Sanvido Apede per la valorizzazione del centro storico di San Vito di CadoreL’incontro è aperto al pubblico, la popolazione è invitata     Il progetto Sanvido Apede è nato nel 2018, grazie ad una Convenzione tra Comune di San Vito di Cadore e Università degli Studi di Padova, su iniziativa del Centro Studi per l’Ambiente Alpino di San Vito (Prof. Tommaso Anfodillo). Il significato di quest’espressione ladina è SanVito insieme.con essa ci si apre dunque ad una logica di rete. Sin dal principio si è
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2 gennaio 2019

avanti savoja, qualcuno ce l’ha sentito dire già: regale ironia di che? la Regina Margherita – regina delle arti e di ogni cosa bella, diceva Benedetto Croce villeggiò a Perarolo di Cadore nel 1881 e ’82. Allora, si sa, l’amava Carducci, che diec’anni dopo scrisse nell’ode al cadore …”al Cidolo ferve Perarolo“… Poi la Maria Teresa Giovanna tornò ad ovest, e a Gressoney fece saltare il cuore al Barone Peccoz, l’anaerobico.Allora, Perarolo era il centro commerciale del Cadore (“lariz pez e pin fa le spese ai cadorin“), la grande industria veneta del legname s’alzava (e fluitando
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31 dicembre 2018

Ascolta qui di seguito l’intervento di Tommaso Anfodillo del 31.12.2018, nella diretta del lunedì che Radiocortina dedica a Dolomiti Contemporanee: Tommaso-Anfodillo-31.12.18_il-bosco-dopo-il-29-ottobre.m4a Anfodillo ha fornito alcuni dati, e svolto una serie di considerazioni sullo stato del bosco a seguito del disastro del 29 ottobre 2018, che così profondamente ha segnato la nostra provincia: //Tommaso Anfodillo, biologo, è Ricercatore e Professore Associato in Scienze Forestali all’Università degli Studi di Padova, Dipartimento TESAF, e Direttore del Centro Studi per l’Ambiente Alpino di San Vito di Cadore.
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30 dicembre 2018

Il Museo Diocesano di Feltre è stato inaugurato la scorsa primavera (2018), dopo un importante ampliamento e un lungo, straordinario restauro. Fondazione Cariverona ha contribuito in modo fondamentale a questo recupero: qui come a Belluno (Museo Civico Palazzo Fulcis, Palazzo Bembo) e a Pieve di Cadore (Forte di Monte Ricco). Risplende il Patrimonio salvato: come valorizzarlo compiutamente? Il Museo funziona: è nuovo, la gente ci va. E quanto funziona? Come si anima una struttura dotata di una ragguardevole Collezione? La Collezione è sufficiente? Come si manifesta, come parla, la Collezione, e a chi? Nel pomeriggio di mercoledì scorso, eravamo
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3 ottobre 2018

Venerdì 19 e sabato 20 ottobre 2018: viene l’Openstudio di finestagione di Progettoborca, in curvatura. Molti degli artisti che hanno operato negli scorsi mesi nella Colonia dell’ex Villaggio Eni di Corte di Cadore, all’interno della piattaforma di Progettoborca, tornano a finalizzare e a presentare il proprio lavoro. Il programma si articolato sui due giorni, con presentazioni, allestimenti, installazioni, performance, proiezioni, talk, edizioni, stampa e cerviaseizampe. Giovedì 18 e domenica 21 ottobre, staffetta Borca/Pieve di Cadore, dove, nell’ambito di Brain-tooling, si realizzeranno una proiezione (Caterina Erica Shanta) e una performance (Evelyn
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2 ottobre 2018

anche per il 2018 dolomiti contemporanee aderisce alla giornata del contemporaneo amaci, giunta alla 14a edizione. sabato 13 ottobre 2018, la mostra brain-tooling, allestita presso il forte di monte ricco a pieve di cadore, sarà visitabile gratuitamente in orario 10.00-12.30 e 14.30-18.30. ricordiamo che nella stessa giornata si svolgerà al forte il workshop: monte ricco: progetti e pratiche contemporanee di rigenerazione del patrimonio a cura della fondazione centro studi tiziano e cadore e dolomiti
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I legni umidi, museum-lab

Domenica 10 gennaio, al Museo etnografico Al Pojat di Zoppè di Cadore si è svolto il Laboratorio de “I legni umidi”, a cura di Mario Tomè con Dolomiti Contemporanee.
Il Lab è venuto a completare il percorso di “Chiavi di Accesso”, che nel 2015 ha visto il GAL Altobellunese, la Magnifica Comunità di Cadore, e Dolomiti Contemporanee, lavorare insieme a questo progetto, che ha inteso proporre una riflessione sui temi dell’Accessibilità museale, attraverso l’arte contemporanea e la sua funzione di “attivatore critico dei paesaggi”.
E così, nel Museo Rimoldi di Cortina d’Ampezzo, nella sede della Magnifica Comunità di Cadore a Pieve di Cadore, e nel “Pojat” di Zoppè, nel corso del 2015 gli artisti Mario Tomè, Nicolò Degiorgis e Michael Fliri, hanno operato, attraverso la pratica della Residenza, direttamente sul territorio, evidenziandone diversi elementi identitari.

Ora, con il laboratorio de “I legni umidi”, Mario Tomè, detto il Barelon, ha ripreso il proprio lavoro degli scorsi mesi, che si era concretizzato nella mostra I Bareloi, realizzata nel Museo del “Pojat”.
Come abbiamo già spiegato qui, una parte di questo lavoro è stata acquisita dal Museo, entrando permanentemente nella sua collezione, che in questo modo si è mossa.
Questo risultato rappresenta già in sé un’evidenza della buona riuscita di “Chiavi di Accesso”: infatti, la domanda basica “i musei sono aperti o chiusi? fruibili o fermi? attivi o polverosi?”, trova risposta in quest’atto.
Se un Museo tematico acquisisce un’opera d’arte contemporanea, significa che tale Museo non è fermo, e che la coltivazione della propria collezione, della propria storia, della propria funzione, avviene attraverso prassi attive. La storia è un moto, e i luoghi che conservano parti ed oggetti di essa, devono essere luoghi attivi, dove scambiare, e non cenotafi commemorativi, memoriali delle immagini fossili di una storia passata, disconnessa dal presente.

Allo stesso modo, il laboratorio de I legni umidi ha inteso trasformare, per una giornata, il museo-luogo-della-conservazione-ed-esposizione del museo-macchina-delle-interazioni. All’esterno del “Pojat” c’è una fontana, acque fresche, ora gelide, sgorgano perennemente dalla sua doppia canna, mettici sotto la manina.
Con questo Lab, si è voluto riprendere uno dei temi già individuati precedentemente dall’artista, proponendo una riflessione, non ideologica ma concettuale, sul tema generativo dell’acqua, il suo valore di risorsa, la sua importanza per il territorio e per l’uomo. La riflessione concettuale, i tematismi legati all’acqua, sono gli strumenti d’analisi attraverso cui i partecipanti al workshop hanno potuto affrontare fisicamente la fontana: l’obiettivo pratico infatti era quello di costruire un sistema di canalizzazione dell’acqua, per movimentarla, e portarla altrove, attraversando altro spazio.

qui le foto nel Pojat:

 

Si è deciso di non riservare il laboratorio ad un pubblico specifico, per tipologia, per età.
Aperto a tutti.
E così son venuti in molti, e tutti diversi.
Lapo e Noa, ragazzini. Camilla e Alan, dalla Germania. Lara e Feltrin, due architetti. Mario, scuole medie. Tania, istruttrice di nuoto. Alessandro, studente del classico. Luca, aspirante giuida alpina e scultore. Leonardo e Cecilia, i più piccoli. Enrico ed Irina. Anny, postina.

Alla mattina, nonostante il gelicidio (pioggia la sera prima, le strade una lastra, e Zoppè non è una piana, 1465 m.s.l.d.m), tutti puntuali.
Ad accoglierli, il Barelon in persona (così è chiamato Tomè nella sua valle nativa, agordina), Alice e Sara, insieme ai rappresentanti della comunità locale (il Sindaco Renzo Bortolot e Giulio) e del Gal (Iolanda Da Deppo).

La mattinata è stata dedicata alla progettazione: tutti al pianterreno del Pojat, matite e fogli, bimbi, ragazzini, architetti, persone di diversa provenienza ed esperienza. Tutti hanno disegnato e scritto. Pensieri, schemi di macchine idrauliche, immaginarie o realizzabili, mille cose e idee han riempito le carte.

Alle 13.00, altri abitanti di Zoppè son giunti, brandendo una polenta fumante, i formaggi e i salumi locali, vini, spritz.
E si è mangiato, bevuto, parlato, mentre tutti si conoscevano, e il Museo era davvero la stazione degli scambi reali, il luogo in cui la cultura incontra e mangia (così nutre), e non la vetrina delle mute, asettiche ostensioni.

Subito dopo, si è proceduto a leggere e guardare insieme i materiali e le idee prodotti da ognuno.
E poi, si è usciti: il pomeriggio infatti è stato dedicato al laboratorio di costruzione vero e proprio.

Strumenti: motosega e trapano, il manarìn da festìl per scavare i tronchi e ricavarne le canale per convogliare l’acqua, molto legno, sega, chiodi e bulloni.
Ogni bimbo, ragazzo, adulto, uomo e donna, ha tagliato, battuto, segato, incollato, avvitato.
I tocchi di legno han cominciato a muovere l’acqua, ci si è bagnati le mani. Una canalizzazione è stata approntata, una piccola protopala di mulino, l’ingranaggio ulteriore, è stata allestita.
E i legni si son fatti umidi, come s’era detto.
E il Museo s’è fatto vivo, come bisogna ch’esso sia.
E l’arte non è servita per generare un prodotto, ma per attivare relazioni, di senso, e tra le persone.
E le persone erano presenti, ed attive, l’artista era uno di loro, il Barelon, coperto di segatura.

E ci si è chiesto, e si è detto, tra le altre cose:
elo aiva su la luna?
Polenta = acqua e farina.
Du kannst drei wochen ohne essen leben, aber keine drei tage ohne wasser.
Che feo artisti? Son qua che matedon.
Al saanc elo ros o blu? Sun zopè l’è blu come l’aiva.
Acqua alta a Venezia? Si son fregati le passerelle.
La coca cola mangia le ossa.
Eccetera.

E insomma: è stato bello.
Lo rifaremo.
Grazie a tutti.
Avanti Savoja

qui alcune degli schizzi e note prodotti: