7 luglio 2024

Space Days Vol. 3 nel suo ambiente di ricerca: il Parco nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga. Le foto di questo post sono di Teresa De Toni.– Venerdì 5 luglio 2024, a Campo Imperatore, nel cuore del Gran Sasso d’Italia, si è inaugurata Space Days Vol. 3, di Fabiano de Martin Topranin, e si è avviata la collaborazione tra Dolomiti Contemporanee e L’Osservatorio Astronomico d’Abruzzo dell’Istituto Nazionale di Astrofisica. Una collaborazione straordinaria, che ci porterà lontano, per le terre e per gli spazi, coniugando le ricerche. La ricerca artistica, intellettuale e culturale, legata ai temi della rigenerazione di
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22 maggio 2024

Borca di Cadore, spitta.–Maggio 2024 In questi giorni Dolomiti Contemporanee ospita all’ex Villaggio Eni di Borca di Cadore, in Progettoborca, gli studenti e alcuni tutor del corso MA POST dell’Art Academy of Latvia di Riga, Lettonia.L’incontro nasce dal desiderio di mettere in contatto due realtà formative e di ricerca, appartenenti a contesti diversi, ma accomunate da un approccio rigenerativo al passato e ai suoi detriti, tanto fisici quanto evocativi, spesso problematici. POST nasce nel 2020, come un’espansione multidisciplinare dell’Accademia d’Arte di Riga, con l’intento di mettere in discussione alcuni punti, tra cui: che cosa vuol dire
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22 aprile 2024

  Cronache d’attualità.Sarà pur chiaro come quella di paesaggio non sia una definizione inchiodata, perchè il paesaggio non è un’ente che cerchi una rappresentazione univoca, ma una permanente trasformazione d’ambito?
Nessun paesaggio è dunque bloccato, né bloccabile, in una forma definita, impermeabile al cambiamento che gli corrisponde – a meno che non ne stiamo considerando una singola configurazione definita, cosa che facciamo volentieri quando ad esempio approfondiamo la storia delle sue declinazioni ad opera dell’uomo. 
Questo però può essere fatto mai nel senso più generale (al di fuori quindi dei casi progettati),
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18 aprile 2024

Stasera, giovedì 18 aprile 2024, torniamo all’M9 di Mestre, grazie a Simone Sfriso e alla Fondazione Architetti APPC di Venezia per l’invito nella rassegna Paralleli: Architettura è…Alle ore 18.00, Gianluca D’Incà Levis, curatore di Dolomiti Contemporanee, introdurrà l’ospite della serata, Lorenzo Barbasetti di Prun, che racconterà la sua pratica con l’intervento dedicato ai Paesaggi dell’edibile.Barbasetti è attivo da anni in DC, con il Laboratorio di Prometheus Open Food Lab in Progettoborca, e moltissime azioni sviluppate sul territorio e nei siti in cui, dal 2011, ci occupiamo di rigenerazione del Patrimonio, di montagna antiatrofica, di
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16 novembre 2023

Foresta Aliena/Alien Forest – La mostra con Portsmouth al Nuovo Spazio di Casso al Vajont, agosto/dicembre 2023 – Foto Chiara Beretta. — Anche quest’anno prosegue la collaborazione tra Dolomiti Contemporanee e la Scuola di Architettura di Portsmouth – Portsmouth University (UK).Ricordiamo che la collaborazione tra DC e Portsmouth è stata avviata già nel 2020, e che le prime Tesi di Master in area dolomitica sono state sviluppate dagli studenti della School of Architecture di Portsmouth nel 2020/21, docenti Antonino di Raimo e Alessandro Melis (Studios di Portsmouth: Thesis Preparation, Thesis Design, Integration of Transdisciplinary
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12 luglio 2023

Assemblea Supercondominio 4, 2022, Foto Andrea Guermani – Sabato 15 e domenica 16 luglio 2023, Dolomiti Contemporanee partecipa Oltre la soglia assoluta, quinta edizione di Supercondominio, 
L’assemblea degli spazi e dei progetti italiani d’arte contemporanea che si svolge presso il Castello di Rivoli. – Programma: Sabato 15 luglio, ore 15.00 – 19.00
Interventi delle realtà invitate presso il Teatro del Castello di Rivoli, sessione aperta al pubblico.I partecipanti sognano Domenica 16 luglio, ore 10.30 – 12.00 / 13.00 – 16.00
Momento di incontro e assemblea presso il CRRI del Castello di Rivoli, sessione a porte chiuse
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22 giugno 2023

  Dolomiti Contemporanee è nel volume THE LAST GRAND TOUR – Contemporary phenomena and strategies of living in Italy, curato da MICHAEL OBRIST (feld72) & ANTONIETTA PUTZU, e pubblicato a giugno 2023 da Park Books.[...] Per gran parte del XVI secolo fino all’inizio del XIX, il Grand Tour in Italia è stato una parte importante della formazione degli aristocratici europei. Seguendo questa tradizione, questo libro analizza da vicino l’Italia di oggi, concentrandosi sul tema dell’abitazione come indicatore delle interrelazioni politiche e socioeconomiche [...] Il contributo di DC è un saggio dal titolo: Il riuso del Patrimonio storico
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6 febbraio 2023

Venerdì 10 e domenica 12 febbraio 2023: una delle ultime occasioni per visitare la mostra  Who Killed Bambi? a Casso. Poi la smontiamo, e ne facciamo un’altra?Orari di apertura:venerdì 10, dalle ore 10:00 alle 12:00 e dalle 15:00 alle 18:00domenica 12, dalle ore 10:00 alle ore
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28 gennaio 2023

  Giovedì 2 febbraio 2023 DC partecipa all’incontro intitolato: Gli impianti sportivi della VII Olimpiade invernale 1956. Ore 18:00, Ciasa de Ra Regoles – Cortina d’Ampezzo. L’incontro, organizzato da Italia Nostra, vede la partecipazione di Andra Grigoletto (Heritage Analyst), Franco Mancuso (urbanista, Aipai, Iuav, forza Gellner), Mattia Menardi (architetto) e Gianluca D’Incà Levis. Per parte nostra, ne parliamo da dieci anni circa, quindi da ben prima che fossero assegnate i Mondiali del ’21 e quindi le Olimpiadi. Le nostre riflessioni e proposte (vedi link sotto) sul destino del Patrimonio e sull’opportunità
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18 settembre 2022

Dolomiti Contemporanee aderisce alla 18esima giornata amaci del contemporaneoSABATO 8 OTTOBRE 2022 Nuovo Spazio di Casso al VajontWho Ate Bambi?che è dentro a Who Killed Bambi? In occasione della giornata AMACI del Contemporaneo Dolomiti Contemporanee propone questo menù:la mostra collettiva Who Killed Bambi? presso il Nuovo Spazio di Casso al Vajont rimane aperta e visitabile in questi orari: 10.00-13.00/15.00-23.00.Verranno inoltre proiettati, sulle superfici che riterremo, come lo riterremo, vedrai che bella varietà, i tre Reanimator (qua il primo) perchè Herbert West si occupa, evidentemente, della rigenerazione di corpi immoti: come noi. Terzo: Prometeus Open
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Cadore: Margherita di Savoja a Perarolo


avanti savoja
, qualcuno ce l’ha sentito dire già: regale ironia di che?

la Regina Margheritaregina delle arti e di ogni cosa bella, diceva Benedetto Croce villeggiò a Perarolo di Cadore nel 1881 e ’82.
Allora, si sa, l’amava Carducci, che diec’anni dopo scrisse nell’ode al cadore …”al Cidolo ferve Perarolo“…

Poi la Maria Teresa Giovanna tornò ad ovest, e a Gressoney fece saltare il cuore al Barone Peccoz, l’anaerobico.

Allora, Perarolo era il centro commerciale del Cadore (“lariz pez e pin fa le spese ai cadorin“), la grande industria veneta del legname s’alzava (e fluitando scendeva) da qui.

Riporteremo la Regina a Perarolo, dove la concentrazione di elementi storici e culturali e ambientali genera (generò = genera) una confluenza straordinaria (come quella di Piave e Boite).
pochi lo sanno -mentre diversi tangheri quassù fingono di non saperlo e si lisciano le penne poco più in alto -ma in alto sta chi non è basso: fèrvere.

Il libro: Margherita, una Regina sulle Dolomiti

Il cidolo sul Piave (l’altro era sul Boite), in una foto originale (Luigi Burrei o F.lli Riva? – circa 1900, archivio burrei)

 —

Giosuè Carducci, Ode al Cadore (scritta “In piazza di Pieve del Cadore e sul lago di Misurina”, settembre 1892)

Cadore1

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Sei grande. Eterno co ‘l sole l’iride 

de’ tuoi colori consola gli uomini,

sorride natura a l’idea

giovin perpetüa ne le tue

forme. Al baleno di quei fantasimi

roseo passante su ‘l torvo secolo

posava il tumulto del ferro,

ne l’alto guardavano le genti;


e quei che Roma corse e l’Italia,

struggitor freddo, fiammingo cesare,

sé stesso obliava, i pennelli

chino a raccogliere dal tuo piede.

Di’: sotto il pedo de’ marmi austriaci,

in quel de’ Frari grigio silenzio,

antico tu dormi? O diffusa

anima erri tra i paterni monti,


qui dove il cielo te, fronte olimpia

cui d’alma vita ghirlandò un secolo,

il ciel tra le candide nubi

limpido cerulo bacia e ride?

Sei grande. E pure là da quel povero

marmo più forte mi chiama e i cantici

antichi mi chiede quel baldo

viso di giovine disfidante.


Che è che sfidi, divino giovine?

la pugna, il fato, l’irrompente impeto

dei mille contr’uno disfidi,

anima eroica, Pietro Calvi.

Deh, fin che Piave pe’ verdi baratri

ne la perenne fuga de’ secoli

divalli a percuotere l’Adria

co’ ruderi de le nere selve,

che pini al vecchio San Marco diedero

turriti in guerra giù tra l’Echinadi,

e il sole calante le aguglie

tinga e le pallide Dolomiti

si che di rosa nel cheto vespero

le Marmarole care al Vecellio

rifulgan, di palagio di sogni,

eliso di spiriti e di fate,


sempre, deh, sempre suoni suoni terribile,

ne i desideri da te memorie

o Calvi, il tuo nome; e balzando

pallidi i giovini cerchin l’arme.

||

Non te, Cadore, io canto su l’arcade avena che segua

          de l’aure e l’acque il murmure:

te con l’eroico verso che segua il tuon de’ fucili

          giù per le valli il celebro.

Oh due di maggio, quando, saltato su ‘l limite de la

          strada al confine austriaco,

il capitano Calvi – miaulavan le pale d’intorno-

          biondo, dritto, immobile,


leva la punta e la spada, pur fiso al nemico mirando,

          il foglio e ‘l patto d’Udine,

e un fazzoletto rosso, segnale di guerra e sterminio,

          con la sinistra sventola.

Pelmo a l’atto e Antelao da’ bianchi nuvoli il capo
          
grigio ne l’aere sciolgono,
come vecchi giganti che l’elmo chiomato scotendo

          a la battaglia guardano.

Come scudi d’eroi che splendon nel canto de’ vati

          a lo stupori de i secoli,

raggianti nel candore, di contro al sol che pe ‘l cielo

          sale, i ghiacciai scintillano.

Sol de le antiche glorie, con quanto ardore tu abbracci

          l’alpi ed i fiumi e gli uomini!

tu fra le zolle sotto le nere boscaglie d’abeti

          visiti i morti e susciti.


– Nati su l’ossa nostre, ferite, figliuoli, ferite

          sopra l’eterno barbaro:

da’ nevai che di sangue tingemmo crosciante, macigni,
          valanghe, stritolatelo. –

Tale da monte a monte rimbomba la voce de’ morti
          
che a Risecco pugnarono;

e via di villa in villa con fremito ogn’ora cresente
          
i venti la diffondono.


Afferan l’armi e a festa i giovani tizïaneschi

          scendon cantando Italia:

stanno le donne a’ neri veroni di legno fioriti

          di geranio e garofani.

Pieve che allegra siede tra’ colli arridenti e del Piave

          ode basso lo strepito,

Auronzo bella al piano stendentesi lunga tra l’acque

          sotto la fósca Ajàrnola,


e Lorenzago aprica tra i campi declivi che d’alto

          la valle in mezzo domina,

e di borgate sparso nascose tra i pini e gli abeti

          tutto il verde Comelico,

ed altre ville ed altre fra pascoli e selve ridenti

          i figli e i padri mandano:

fucili impugnan, lance brandiscono e roncole: i corni
          
de i pastori rintronano.

Di tra gli altari viene l’antica bandiera che a Valle

          vide altra fuga austriaca,

e accoglìe i prodi: al nuovo sol rugge e a’ pericoli novi
          
          il vecchio leon veneto.


Udite. Un suon lontano discende, approssima, sale,

          corre, cresce, propagasi;

un suon che piange e chiama, che grida, che prega, che infuria,

          insistente, terribile.

Che è? chiede il nemico venendo a l’abboccamento,

          e pur con gli occhi interroga.

— Le campane del popol d’Italïa sono: a la morte

          vostra o a la nostra suonano — .

Ahi, Pietro Calvi, al piano te poi fra sett’anni la morte

          da le fosse di Mantova

rapirà. Tu venisti cercandola, come a la sposa

          celatamente un esule.

Quale già d’Austria l’armi, tal d’Austria la forca or ei guarda

          sereno ed impassibile,

grato a l’ostil giudicio che milite il mandi a la sacra

          legïon de gli spiriti.

Non mai piú nobil alma, non mai sprigionando lanciasti

          a l’avvenir d’Italia,

Belfiore, oscura fossa d’austriache forche, fulgente,

          Belfiore, ara di màrtiri.
Oh a chi d’Italia nato mai caggia dal core il tuo nome

          frutti il talamo adultero

tal che il ributti a calci da i lari aviti nel fango

          vecchio querulo ignobile!



e a chi la patria nega, nel cuor, nel cervello, nel sangue

          sozza una forza brulichi

di suicidio, e da la bocca laida bestemmiatrice

          un rospo verde palpiti!

|||

A te ritorna, sì come l’aquila

nel riluttante dragon sbramatasi

poggiando su l’ali pacate

e l’aereo nido torna e al sole,


a te ritorna, Cadore, il cantico

sacro a la patria. Lento nel pallido

candor de la giovine luna

stendesi il murmure de gli abeti


da te, carezza lunga su ‘l magico

sonno de l’acque. Di biondi parvoli

fioriscono a te le contrade,

e da le pendenti rupi il fieno


falcian cantando le fiere vergini

attorte in nere bende la fulgida

chioma; sfavillan di lampi

ceruli rapidi gli occhi: mentre


il carrettiere per le precipiti

vie tre cavalli regge ad un carico

di pino da lungi odorante,

e al cidolo ferve Perarolo,

e tra le nebbie fumanti a’ vertici

tuona la caccia: cade il camoscio

a’ colpi sicuri, e il nemico,

quando la patria chiama, cade.


Io vo’ rapirti, Cadore, l’anima

di Pietro Calvi; per la penisola

io voglio su l’ali del canto

aralda mandarla. – Ahi mal ridesta,

ahi non son l’Alpi guancial propizio

e sonni e sogni perfidi, adulteri!

lèvati, finì la gazzarra:

lèvati, il marzïo gallo canta! –

Quando su l’Alpi risalga Mario

e guardi al doppio mare Duilio

placato, verremo, o Cadore,

l’anima a chiederti del Vecellio.

Nel Campidoglio di spoglie fulgido,

nel Campidoglio di leggi splendido,

ei pinga il trionfo d’Italia,

assunta novella tra le genti.

1   Per gratitudine mia, se non per cenno ad altri, ricordo alcuni libri che discorrono dei combattimenti del 1848 in Cadore e d’altre piú cose cadorine. E prima: del prof. Ant. Ronzon, Calvi e i Cadorini (Tai del Cadore, 1875) e Rindemera, Scene del Cadore nel 48 (Lodi, 1881); e del [p. 1057 modifica]sig. Venanzio Donà, Guida del Cadore (Venezia, 1888); questi o videro o udirono dai presenti. Poi il sig. Ottone Brentari raccolse e rinnovò abbondante nella sua Guida storico-alpina del Cadore (Bassano 1886). A questi ultimi giorni il colonnello Gennaro Moreno ha raccontato, con intendimenti e dottrina militare, Calvi e la difesa del Cadore (Roma, Biblioteca minima popolare militare). Per dichiarazione al vocabolo cidolo e al v. 8 della pag. 983 ecco un passo dalla Storia del popolo cadorino compilata da Giuseppe Ciani (Padova, Sicca, 1856) parte prima libro primo, pp. 11-13. Detto delle travi d’alberi lavorate e acconciate e nel maggio spinte nel Piave che li trasporta a Perarolo; séguita — “Ma non vi giungono sí presto: altre dall’impeto dell’onda gittate in sulle sabbie, altre dagli spessi e saldi massi, che sporgonsi dall’alveo, contenute. Il che or qua or là quasi sempre interviene, e la prima, che dando di cozzo ne’ massi si ferma, tronca il corso alle succedentisi; onde s’aggruppano, s’incavallano, s’ammonticellano, sí, che per lungo tratto tu non iscorgi sul fiume che un’incomposta tettoia. I paesani appellano serre questi inviluppi: a districarli accorronvi uomini in questa fatta di opere esercitati; ché non tanto il fiume, che solo vi basti. Questi uomini si chiamano Menadàs: cure loro le stesse che dei Dendrofori presso a’ Romani. Dipendenti da un capo, muniti di lunghe aste ferrate di uncini aguzzi e rampiconi, calano fra greppo e greppo, ove le serre e le sbandate in sulle sabbie: ricaccian queste nel fiume; uncinano, aggrappano disviticchiano le rammassate, né si stanno che assembratele nel Cidolo. Un edifizio codesto a cavalliere del Piave presso a Perarolo: piantato su d’ambedue le ripe, l’estremità sí da un lato che l’altro torcendosi, addentransi alquanto nel fiume; grosse travi le congiungono quivi insieme; congegnate a foggia di cancello, se all’acque, non concedono l’uscita alle taglie. Gli stessi che addusserle, da quella chiudenda l’estraggono; conoscitori delle marche onde s’improntano, avvianle [p. 1058 modifica]a’ segatoi eretti lunghesso il fiume, conforme è loro ordinato: quivi ammonticchianle a che s’asciughino: asciutte son date alle seghe; ridotte in tavole, sulle zattere traduconle pel fiume a Venezia, o lascianle per via ove i magazzini de’ proprietari.