19 settembre 2013

gorgo magazine ha pubblicato in queste settimane alcuni articoli sui lavori di open in painting al brigata alpina cadore (nevegal). qui il post su andreco qui il post su kabu qui il post su davide
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11 settembre 2013

pubblicata su artribune una recensione di roberto de paoli sulla mostra la cura dello sguardo, visitabile fino al 29 settembre. qui il link
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4 settembre 2013

a questo link un articolo di monica matera comparso su insideart, dove si parla dell’inaugurazione di open in painting, in nevegal, e della performance gli esseri viventi di enrico vezzi, svoltasi ieri mattina sul greto del piave a
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articolo dal titolo “like a rolling stone” su roccedimenti, apparso sul blog olivares
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29 agosto 2013

la mostra et un’oseliera et non vi è al castello di andraz rimarrà aperta fino al 29 settembre
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la mostra la cura dello sguardo al museo paleontologico rinaldo zardini di cortina d’ampezzo rimarrà aperta fino al 29 settembre
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24 agosto 2013

Negli ultimi 10 giorni, il Rifugio Brigata cadore, sul colle del nevegal (Bl), ha cominciato a cambiar faccia. Sulle sue facciate, son cresciute le figure di davide zucco, kabu, andreco. La prima sessione, Open in painting vol. 1, è quasi completa. Altri artisti, tra cui ericailcane, verranno più avanti, a completar l’opera. Nei prossimi giorni, su questo sito, le immagini e il video del lavoro. L’inaugurazione, prevista per domani, domenica 25, è invece rinviata di una settimana, a causa della piova benedetta, dal cielo. Rinviata a domenica 1 settembre, salvo altre piove, da cui altri cambi di programma. quando
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20 agosto 2013

alcune altre immagini del cantiere al rifugio brigata alpina cadore all’alpe del nevegal. iersera, giuntovi
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17 agosto 2013

partito il cantiere dc sul rifugio bigata alpina cadore all’alpe del nevegal.
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12 agosto 2013

nuovo website per gabriele grones, in questi giorni in residenza a
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michelangelo penso/vibration tree

Michelangelo Penso

Vibration tree
8 speaker; 80 sezioni di tronco d’abete rosso; 24 voci: 12 testimonianze su Vaia di abitanti del Cadore; 12 interventi di esperti forestali su diversi aspetti legati a Vaia, foresta, clima; 100 metri di cavo; un sistema audio, voce di una foresta labirinto, luglio 2019.

Olimpia
Cos’è stata Tempesta Vaia, o Vivian, comunque vogliamo chiamarla?
Un’ecatombe arborea, la morte del bosco?
Una dimostrazione della forza della natura, che si autoregola ignorando placidamente le esigenze degli uomini?
Una reazione della natura al danno inflittole dall’uomo, una vendetta distruttiva?
In questo periodo, molti portano le Olimpiadi: se non nella testa (idea) le portano perlomeno in bocca, come un osso (chiacchiera).
Pensiamo ad una delle tesi che si provano a spiegare la distruzione della città di Olimpia: attorno al 500 d.C. vennero gli tzunami, un grande evento devastante ebbe, anche lì come qui, ragione dell’uomo.
Le colonne doriche a terra: come alberi schiantati o svettati. Coperte dall’acque e dai sedimenti dei fiumi Alfeo e Cladeo.
Andreas Vött ci parla dei frammenti caduti dalle colonne del Tempio di Zeus, che non giacciono direttamente l’uno sopra l’altro, come ci si aspetterebbe dopo un terremoto, ma fluttuano tra i sedimenti.
E’ così che ritroviamo, sovente, i patrimoni perduti.

Vaia
E Tempesta Vaia? Nemmeno qui s’è trattato di un giuoco. Vennero le piogge e i venti, la terra fu scossa, milioni di esseri andarono giù, la foresta si piegò: ma essa vive ancora e si rinnova, i problemi son più dell’uomo che suoi.
In qualche modo, l’uomo adotta sempre le proprie tragedie, i sussulti e i colpi che gli porta la vita. Di solito però, l’adozione segue il fenomeno, e costituisce la presa di coscienza, l’ammissione della sua entità.
Nel caso di Vaia invece, l’adozione è venuta prima, generando il nome stesso dell’evento.
Adopt a Vortex: una procedura che consente ad ognuno di noi di dare il proprio nome ad un evento meteorologico rilevante, comprandolo per pochi euro dall’Institut fur meteorologie di Berlino. Ecco che Vaia è il nome di una donna tedesca: la Signora Uragano.

Foreste, reti, apparati
Secondo Suzanne Simard, professoressa di ecologia forestale allUniversità della British Columbia, […] il micelio connette diversi individui nella foresta, non solo della stessa specie ma anche di specie diverse, come l’abete e la betulla. Funzionando come una rete. E ogni reta è fatta di nodi e collegamenti. I nodi più grandi sono quelli più attivi che durante gli esperimenti vennero chiamati ‘alberi hub’ o ‘alberi madre’ perché nutrono quelli più giovani che crescono nel sottobosco.
Un albero madre può essere connesso a centinaia di altri alberi. Utilizzando gli isotopi traccianti si è scoperto che gli alberi madre inviano il loro carbonio in eccesso, attraverso la rete micorrizica, alle plantule del sottobosco, e grazie a questo fenomeno le plantule quadruplicano la propria possibilità di sopravvivere. Gli alberi madre colonizzano la prole con reti micorriziche più estese, riducendo persino il proprio livello di competizione radicale per poter far spazio ai propri figli. Inoltre, quando gli alberi madre vengono feriti o muoiono, inviano dei messaggi di saggezza alle successive generazioni di plantule.
Quindi sì, gli alberi parlano e la foresta comunica, anche se è vulnerabile. Essendo un sistema complesso di reti si possono prelevare alcuni alberi hub, ma esiste un limite, altrimenti tutto il sistema perde equilibrio e collassa. Se invece si limita il taglio, mantenendo gli alberi madre e rigenerando la diversità a livello di specie, queste reti micorriziche si riprendono davvero in fretta, mostrandosi un potente alleato contro i cambiamenti climatici che minacciano le foreste.
[…]



Vibration tree è un campo schiantato, compasso sonoro, non un cimitero. Gli alberi sono parte  dell’ecosistema? Nemmeno l’uomo può rimanerne escluso: questi boschi li ha regolati lui, nei secoli.
Questi abeti sono stati indeboliti, o son venuti giù, coi venti di Vaia. Forse anche i venti di Vaia li ha spirati l’uomo.
E comunque, quella che vedete qui non è l’immagine della fine.
L’uomo degenera? D’accordo, ma ecco che: la foresta si rigenera.
E’ una foresta geometrica, quella di Michelangelo Penso, nella quale alle voci degli alberi si sostituiscono le voci degli uomini. Ecco una rete sensata, membrana permeabile, che si oppone alla logica infantile degli schieramenti (uomo cattivo, albero buono).
I tronchi, sezionati dagli uomini, non presentano braccia monche, ma apparati regolati. Non una mutilazione, e invece una forma plastica, accordata ad una coralità randomica di suoni espansi (udire le chiome frinire).
I tronchi sezionati stanno, alle volte riversi, coi rami tagliati all’ingiù. Altrove sono le ceppaie e gli apparati radicali ad ergersi al volto, anch’essi rigirati sottosopra.
La scena non è caotica, ma nemmeno si è cercata la cupa dimensione spettacolare di un’architettura petrificata in lapide.
Corpi fermi e suoni mobili: e la vibrazione viene dai corpi.
Un sentiero si addentra nello spazio di questo bosco tagliato dentro. Un percorso d’attraversamento, che diviene d’ascolto: dall’occhio all’orecchio al cuore.
Ed ecco, mentre cammini, vengono le voci, a dire le cose tecniche, mescolandole alle cose empatiche. Dodici forestali, biologi, scienziati del bosco, dicono cose tecniche legate a Vaia.
Dodici abitanti di questa terra raccontano la loro esperienza di quella notte di Vaia, il loro rapporto con le piante, pensieri e storie.
Le voci degli uomini escono dagli alberi: di loro e di noi stiamo parlando qui.

opera in:
altri dardi
a cura di gianluca d’incà levis
forte di monte ricco

29 agosto – 27 ottobre 2019

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La realizzazione di quest’opera è stata possibile grazie al supporto di: Comune di Pieve di Cadore, Cooperativa Cadore SCS, Sezione CAI di Pieve di Cadore, Magnifica Regola di Nebbiù.
Ringraziamo Paola De Martin, Francesco Costella, Umberto Giacomelli, Federico Rosso, Enzo Valmassoi.