26 dicembre 2011
a chi ama e ammazza gli ungulati d’inverno
Riccardo Giacomini è qua.
Quando sensibilità, solidarietà, amor dell’animale, creano danno invece che beneficio.
L’inverno è una stagione selettiva, per gli animali selvatici.
Alcuni animali muoiono: è inevitabile questo, e perfino giusto.
La selezione naturale degli esemplari più deboli o malati, concorre alla buona salute della popolazione in generale: la natura si autoregola.
Oggi, come sappiamo, l’interazione tra uomo e animale selvatico è piuttosto diffusa.
Spesso, d’inverno, gli ungulati si aggirano nei pressi dei paesi e delle abitazioni, soprattutto se, a causa del forte innevamento, come quest’anno, risulta loro difficile procurarsi il cibo.
Cosa succede a questo punto?
Succede che spesso, mosse da sensibilità e tenerezza, e nella volontà di aiutare codesti animali, le persone dan loro del cibo.
Quale cibo?
Purtroppo, quasi sempre il cibo sbagliato.
Il 70% dei cervi e caprioli muore a causa dell’uomo, mica dell’inverno.
In inverno, il metabolismo di queste bestie di riduce al minimo, e la loro alimentazione cambia.
Non essendoci disponibilità di cibo fresco (non c’è l’erba), essi si nutrono di roba secca: radici, cortecce, rami, arbustame.
In regime secco, non possono ingerire alimenti freschi, perchè il loro rumine non li tollera: verdura, frutta, pane, li uccidono.
Li uccide la fermentazione.
Se mangiano sta roba, la loro digestione si blocca, e nel giro di pochi giorni si fermano e muoiono.
Ora, ogni giorno, ecco il paradosso, vediamo persone nutrire gli ungulati con questi cibi, per loro letali in inverno (non in estate).
Le persone, nella loro pietosa ignoranza, stressano e uccidono gli animali mentre li vogliono salvare.
Illusione, paradosso: colpa.
Quindi: non dare mai verdura, frutta o pane agli ungulati d’inverno, se non li vuoi uccidere.
Come mai chi vive in montagna non sa comportarsi in modo corretto?
Questo è un tema complesso, rispetto al quale svilupperemo una riflessione in seguito.
Resta il fatto che chi vuole aiutare il selvatico, raramente lo conosce, quindi non lo aiuta, e addirittura lo ammazza, perlappunto.
Ora vogliamo limitarci a dir questo: se ami l’animale, se dici di amarlo, infòrmati, e impara le nozioni di base, per non ammazzarlo mentre credi di salvarlo.
Quest’illusione, capite bene, è cruenta, assassina, inammissibile.
Le cose si fanno attraverso la conoscenza. La solidarietà, la compassione, non bastano: occorre una conoscenza corretta.
Chi non ascolta queste parole, è un egoista, inconsapevole, pericoloso.
Ascolta queste parole e règolati di conseguenza.
E’ la conoscenza lo strumento di una buona azione, generosa e intelligente.
La solidarietà ignorante è perniciosa.
Preghiamo tutti di riflettere a capire.
Non ci sembra poi cosa troppo difficile.
Altra cosa: alcuni dicono di saperle, ste cose, e che loro ai selvatici danno solo il fieno, che può esser mangiato.
Anche qui, la cosa non è così semplice.
Anche qui, bisogna documentarsi.
Il foraggiamento, a meno che non sia praticato da esperti (la polizia provinciale), nel modo e nella misura e nei luoghi corretti, può essere anch’esso assai dannoso.
Leggete il documento riportato quissotto, per capire.
Volete aiutare gli animali senza andare a caso? Leggete qui.
Ci auguriamo che tutti possano capire, e collaborare.
La scorsa settimana, qua a borca, tre giovani caprioli sanissimi son crollati nel giro di due giorni: a causa di una cassetta di verdure, che ogni sera, per due settimane, qualcuno aveva piazzato a lato strada.
Ieri, i Malutti han trovato un cervo morto, al Campeggio. Accanto al suo cadavero percolante, peperoni e lattughe splendeggiavano in beffarda sgargianza nel vivo sole di morte.
Sul retro dell’albergo, una montagna di deliziose rosette e fettine da imburro nella neve: quel mucchio di fermentato lievitato è una maledetta trappola, può far fuori venti cervi.
E così via.
Siamo stanchi di veder mucchi di pane e cassette di verdura per la via, vicino agli animali morti a causa di questa imperizia grave, inconsapevole.
Orsù, avanti ragazzi, forza, e dai.
Sopravvivere d‘inverno: gli animali selvatici sono maestri nell‘arte della sopravvivenza
In inverno, la natura si riposa e il foraggio è scarso e perlopiù povero di sostanze nutritive. Gli animali selvatici devono perciò risparmiare energia. Per vivere “al risparmio” hanno sviluppato strategie diverse. Con le prime nevicate, i caprioli e i cervi si trasferiscono in una dimora invernale priva di disturbi. Il ritmo circadiano viene adattato e ridotto. In inverno, gli animali selvatici limitano le loro attività al minimo necessario e rallentano anche il metabolismo. Gli animali abbassano la loro temperatura corporea e la frequenza cardiaca e adeguano la loro attività digestiva. Le riserve di grasso accumulate in estate li aiutano a sopravvivere d’inverno. L’inverno è un periodo di ristrettezza di cibo per gli erbivori. Pur avendo sviluppato sofisticate strategie di adattamento, non accadrà mai che tutti gli animali riescano a sopravvivere all’inverno. Ciò non rappresenta però un problema per la sopravvivenza della specie. L’inverno provvede a una selezione naturale antichissima e favorisce l’equilibrio ecologico all’interno di un habitat. Le carcasse sono a loro volta una fonte di cibo per altre specie animali.
Sopravvivere senza stress: gli animali selvatici hanno bisogno di quiete
Per poter superare l’inverno, per gli animali selvatici è estremamente importante disporre di spazi il più possibile tranquilli, affinché riescano a superare l’inverno. Hanno bisogno di rifugi. In situazioni di stress e durante la fuga consumano molta energia. Oggi nel Cantone sono delimitate zone di riposo per la selvaggina nelle quali gli animali si possono ritirare. In queste zone vige un divieto assoluto di accesso o un divieto di uscire dai sentieri. Le zone di riposo per la selvaggina devono assolutamente essere rispettate dall’uomo. Infatti, di norma il maggior numero di capi periti viene registrato dagli organi di vigilanza della caccia nelle zone in cui la selvaggina è stata esposta a disturbi provocati dall’uomo.
Quali conseguenze ha il foraggiamento invernale per la selvaggina?
Cibo indigesto
Fieno, insilati, compost o pane rappresentano cibo invitante per gli animali selvatici. Tale foraggio è però più ricco di sostanze nutritive e non corrisponde quindi al foraggio invernale naturale. I cervi, i caprioli e i camosci hanno adattato il loro sistema digestivo a un foraggio invernale povero di sostanze nutritive. Il foraggio ricco di sostanze nutritive può comportare disturbi digestivi e induce il metabolismo ad aumentare il livello energetico. In tal modo vengono disattivate le naturali misure di risparmio. Il foraggio, che si suppone dovrebbe aiutare, può così rivelarsi una trappola mortale.
Danni al bosco
Il foraggiamento invernale porta a una concentrazione della selvaggina, perlopiù nelle immediate vicinanze della mangiatoia. In queste zone, tutte le fonti naturali di foraggio vengono in breve tempo sovrautilizzate. Di regola, nei dintorni più o meno prossimi risultano inoltre notevoli danni al bosco, perché gli animali si nutrono degli alberi giovani e delle loro cortecce. Siccome il foraggio apportato é spesso troppo ricco di sostanze nutritive, la selvaggina ha bisogno di foraggio supplementare ricco di fibre. Di conseguenza la rinnovazione del bosco viene resa impossibile, ciò che minaccia la stabilità del bosco di protezione.
Stress e tensioni sociali
Le mangiatoie comportano una concentrazione di selvaggina. Per il singolo animale, ciò significa stress e concorrenza. Il consumo di energia per dispute sociali, ossia la difesa da attacchi dei più forti e il tentativo di imporsi sugli animali più deboli, è significativo e, in condizioni naturali, non si verifica in questa stagione. Proprio gli animali di rango inferiore spesso rimangono a stomaco vuoto: infatti non appena gli animali più forti hanno mangiato, proseguono per la loro strada. Gli animali di rango inferiore devono decidere se nutrirsi o seguire il gruppo. Se decidono di restare con il gruppo, rientrano nella dimora invernale indeboliti dagli sforzi effettuati per raggiungere la mangiatoia, se non muoiono già prima.
Rischio di epizoozia per l‘uomo e gli animali
La presenza di un grande numero di animali selvatici presso le mangiatoie aumenta il rischio di trasmissione di epizoozie, ad esempio della tubercolosi. In caso di contatto diretto, la tubercolosi può essere trasmessa dalla selvaggina agli animali da reddito e da questi ultimi all’uomo. Le conseguenze sarebbero fatali! Inversamente, anche gli animali selvatici sono sensibili ai patogeni dei nostri animali da reddito. L‘uomo come fattore di disturbo Di solito, le mangiatoie vengono rifornite più volte. Il metabolismo dei cervi e dei caprioli viene mantenuto a un livello elevato, ciò che richiede molta energia. La selvaggina debole muore perfino di fame. Nelle vicinanze di mangiatoie si trova spesso selvaggina perita. Recandosi alla mangiatoia, gli animali rischiano inoltre di morire investiti lungo strade e binari. Nelle vicinanze degli insediamenti, la selvaggina si abitua all’uomo. Gli animali selvatici che vengono costantemente foraggiati perdono il loro naturale timore e possono diventare molto invadenti. In tal caso, spesso rimane quale ultima opzione soltanto l’abbattimento dell’animale.
I lupi al traino
Nelle zone in cui sono tornati i predatori come la lince o il lupo, il foraggiamento della selvaggina è particolarmente delicato. Le mangiatoie attirano molti animali selvatici e sono quindi interessanti anche per i grandi predatori. La disponibilità di foraggio nelle vicinanze di insediamenti può creare problemi con il lupo. Infatti, il lupo segue la sua preda, ossia caprioli e cervi, fino agli insediamenti.