23 novembre – Ricostruire paesaggi per rigenerare le comunità montane – webinar TSM


Dolomiti Contemporanee partecipa al webinar online Ricostruire paesaggi per rigenerare le comunità montane, organizzato da TSM, Trentino School of Management.

Il webinar si svolgerà mercoledì 23 novembre 2022, dalle ore 16:00 alle 18:00.

Cultura in montagna / Cultura di montagna

In che modo la cultura può migliorare la qualità della vita di chi abita le “terre alte”?

Proseguendo il percorso di indagine rispetto alla relazione tra montagna, cultura e benessere, i seminari hanno lo scopo di costruire un dialogo tra diversi progetti ed esperienze che hanno puntato su cultura, arte e creatività quali processi fondativi per la vivibilità dei territori di montagna.

Ricostruire paesaggi significa ricucire le relazioni: tra territorio e abitanti, tra uomo e natura, tra passato e futuro. Un progetto culturale, che deriva dalla volontà di ridare ai luoghi il senso di “spazio di vita”, partendo da quegli elementi che ne caratterizzano i tratti identitari per reinterpretarli secondo le dinamiche e le necessità contemporanee. Il seminario propone un confronto alcune esperienze del contesto alpino dove, a partire dalla reinterpretazione di alcuni spazi fisici, la cultura è stato motore di sviluppo e di rigenerazione dei luoghi e delle comunità.

Intervengono:

Il caso di Topolò – Hardware e Software Margherita Valcanover, PhD Politecnico di Torino.

Dolomiti Contemporanee – Cantieri di sperimentazione Gianluca D’Incà Levis, ideatore e curatore di Dolomiti Contemporanee.

BASIS Vinschgau Venosta – Social Activation Hub Hannes Götsch, CVO/Founder/Enabler, BASIS Vinschgau Venosta.

Il Molin de Portegnach – Un luogo per macinare ideeVera Rossi, Associazione Sorgente 90, Valle di Cembra.

Introduce e modera: Serena Curti, Tsm-Trentino School of Management

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La partecipazione è libera, previa iscrizione online al sito www.tsm.tn.it entro il 22 novembre. Ai partecipanti verrà inviato il link per il collegamento al webinar la mattina dell’evento.

 

Gianluca D’Incà Levis – Dolomiti Contemporanee, Cantieri di sperimentazione – Abstract

La Cultura, se non vogliamo porla troppo in alto (e non vogliamo) è semplicemente la vita dei territori, nella responsabilità e nella consapevolezza di ciò che si è e di ciò che si fa, nel rapporto con gli altri e con l’ambiente, e nella volontà di cogliere opportunità vantaggiose, mentre si evitano le manovre opportunistiche e le infrastrutturazioni pericolose.
La cultura è quindi un indice evolutivo e una manifestazione dell’esserci dell’uomo, e delle relazioni che egli sa porre con il contesto, che per noi è la montagna, fausta o infausta, a seconda di come la sappiamo trattare.
Vivere correttamente la relazione con un ambiente che si conosce, equivale a contribuire a farne, e ad esserne, la cultura.
Se si lavora bene nel territorio, avremo un ambiente sano. Comunità attive, che sanno dotarsi di una visione, possono di certo migliorare la qualità della vita propria, e la condizione del territorio stesso, nonché del paesaggio.
A ciò contribuiscono tutte le buone attività svolte dall’uomo.
Cultura quindi come conoscenza dei luoghi, delle loro caratteristiche fisiche e storiche. Certo. Ma anche, nel caso nostro, cultura come pratica sperimentale trasformativa, che sappia rimuovere gli ostacoli che impediscono la valorizzazione e l’utilizzo (o il riutilizzo) funzionale di siti depressi, di aree territoriali problematiche, di eventi impattanti che non sappiamo come trattare, come attendere.
Pensiamo ad esempio all’Olimpiade, Milano-Cortina 2026, e domandiamoci: la stiamo attendendo con fiducia o con timore? Saprà in questo caso l’uomo progettare l’evento ed il territorio ponendo al centro l’interesse generale e pubblico del suo sviluppo, o subiremo invece un’aggressione a danno del Paesaggio, a causa di una pianificazione tardiva e deficitaria?
Qualora la risorsa in gioco sia complessa (noi ci occupiamo di grandi siti abbandonati o sottoutilizzati, e del loro riavviamento a favore del territorio), le comunità locali non potranno risolvere da sole il problema della rigenerazione di questo bene problematico. Occorre l’intervento di un soggetto che sia capace di una visione rivoluzionatrice, nel rispetto delle identità degli enti e dell’uso intelligente del potenziale a disposizione.
Dolomiti Contemporanee è un soggetto di questo tipo.
Dal 2011 lavoriamo insieme alle comunità, alla sua governance, ai suoi abitanti, a riprendere grandi siti inabissati, che un tempo furono produttivi in seno ai territori, e che nessuno ha poi più saputo ripensare, per trasformarli finalmente in quelchecosa d’altro. Per renderli nuovamente utili ai territori che li ospitano, in un modo diverso che va concepito. Questi centri immoti vanno quindi reimmaginati, reti complesse vanno stese al servizio della causa del loro riscatto.
Nel nostro caso, la visione e la pratica di una accezione prevalentemente operativa e trasformativa di cultura, comporta quindi un lavoro di costruzione di convergenze ed alleanze, che non sempre i territori sanno svolgere da soli.
E perchè mai, in effetti, dovrebbero farlo da soli?  
La buona cultura, sempre, è un fattore dinamico, coesivo e costitutivo (costituente), che apre i contesti (qualora questi non vengano litificati in un approccio fossile, di mera tutela conservativa; e qualora essi non vengono svenduti come “banale prodotto” nell’orgia e nell’ossessione del turismo di massa, che disfa paesaggio invece di costruirlo).
La cultura di attivazione prevede quindi lo scambio tra soggetti, enti e persone diversi tra loro, e una capacità di comprensione, ascolto, interazione.
In tal modo, la specificità culturale non si riduce mai (non di rado lo è) ad un segregatore conservativo (alle volte è tignosa e reazionaria), ad una strozzatura; e diviene invece la rappresentazione dinamica dello Spirito in atto. Lo Spirito non si gestisce come una dispensa: esso si slancia (quando vi riesce).
In tal modo, identità, cultura, visione ideativa, coltivazione e cura, tutela e sviluppo, vengono a coincidere, ed il territorio, invece di incurvarsi su sé stesso, si spalanca, cosicchè interno ed esterno possano finalmente toccarsi, riconoscersi, prendersi, e talvolta fondersi in un costrutto non automatico, non opportunistico, non banale.