8 marzo 2019

Dal 2011, DC compie una ricognizione sistematica del territorio dolomitico, intercettando siti problematici ad alto potenziale, che vanno riconcepiti, ridefiniti, riaperti, rilanciati.Abbiamo cominciato a compiere i primi voli radenti sul Forte di Monte Ricco, a Pieve di Cadore, nel 2014. Nel 2017, concluso un importante restauro della struttura, sostenuto da Fondazione Cariverona, ilForte è stato finalmente riaperto. Il comune, e gli enti gestori, hanno deciso di intraprendere la via sperimentale della rigenerazione attraverso il contemporaneo, accogliendo il progetto immaginato da DC. Questo Report racconta il primo biennio d’attività, la visione, la
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28 febbraio 2019

1. Prologo, per chi non ci conosce: chi siamo, come agiamo, perché parliamo. Dolomiti Contemporanee: un progetto di valorizzazione, rigenerazione, cultura, arti, territorio, fiducia, reti. Dolomiti Contemporanee (DC) è un progetto nato nel 2011 nelle Dolomiti Bellunesi, che negli anni ha operato alla valorizzazione e rifunzionalizzazione di una ventina di siti problematici nel contesto dolomitico, tra Veneto e Friuli Venezia Giulia. L’idea alla base della pratica è questa: alcune ingenti risorse territoriali (siti o manufatti abbandonati o depressi, ambiti territoriali depotenziati, aree marginalizzate), per diversi motivi oggi sottoutilizzate o spente, vanno
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8 novembre 2018

il suono dei boschi schiantati è ora un ruggito meccanicoil suono della pala che cerca di aprirsi un varco tra gli abeti rossi e i pini sradicati, spezzati, sfracellati (grinding: apre/devasta/libera)a centinaia di migliaia, a milioni e la pala carica e spinge e spezza ancora i monconi tronchi di questi corpi torturati metallo su legno sbadabang i fantasmi del bosco che non è più e si cerca il nastro d’asfaltoche sta sepolto lassotto questi alberiche il cataclisma degli scorsi giorni ha gettato, scagliato, a terrasulle strade, sulle case, nei torrenti - in certi punti ce n’è più a terra
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23 giugno 2018

La Residenza di Brain-tooling a Pieve di Cadore.Un discorso semplice. Per chi capisce già, per chi non capisce ancora, per chi non capirà comunque – noi intavoliamo sempre. Che cosa sono l’arte e la cultura. Cos’è una mostra di Dolomiti Contemporanee. Cos’è una Residenza. Cosa sono l’arte e la cultura? Dolomiti Contemporanee sta lavorando alla messa a punto della mostra collettiva d’arte contemporanea che, sabato 30 giugno, riaprirà stabilmente il Forte di Monte Ricco. La mostra, che vede all’opera 25 giovani artisti italiani e stranieri, rimarrà allestita fino al 30 ottobre prossimo (orari su www.dolomiticontemporanee.net e sui websites degli
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2 giugno 2018

Batteria Castello  sta sull’altura sopra a Pieve di Cadore, a pochi metri dal Forte di Monte Ricco. Anticamente, qui si trovava il Castello di Pieve di Cadore, prima fortificazione cadorina: numerosi i documenti, anche molto antichi, che vi si riferiscono. Pare (forse) che il Forte Monte Ricco e Batteria Castello fossero collegati direttamente da una poterna: dalla copertura verde (e irrisolta: come irrisolto è, ad oggi, haitutti, il rapporto tra il Forte e il paesaggio) del Forte, volgendosi a Nord-Est, la facciata della Batteria Castello appare tra gli alberi, assai vicina (cinque minuti a piedi). Quando, nel 2017, Dolomiti
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16 maggio 2018

campo di curva: curvaturaquale curvatura (ribadisci sempre, ripeti)questo spazio è un fondo piatto, ribaltato, emerso, inastatoarcipelago eploso verso l’alto la connessione dalle pratiche ai luoghi, la totale connessione, nel presente, di spazio (i siti) e azione (la pratica nel tempo, oltre i nodi sclerotici della storia – la storia eventistica, non processuale)lo spaziotempo, nella sua continuità mobile, eccolo nella curval’unione tra paesaggio e moto generativola coincidenza, nel valore, tra senso e spazio ancora: lo spazio, che è il senso nel tempo (moto) la montagna curvamontagna in curvaturaisolacurva, atolli connessiquesta forza applicata,
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28 gennaio 2018

Gli atti del convegno alpi, architettura, patrimonio, svoltosi a novembre 2015 tra politecnico di torino e di milano sono stati pubblicati da Mimesis editore a gennaio 2018, per la cura di Davide Del Curto, Roberto Dini, Giacomo Menini. qui il saggio di gianluca d’incà levis presente nella pubblicazione, titolato cura e rigenerazione di paesaggio e
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31 dicembre 2017

Gli atti del convegno strategie di rigenerazione del patrimonio industriale, svoltosi il 30 e 31 marzo 2017 presso l’ex lanifico maurizio sella di biella, sono stati pubblicati da Edifir Edizioni Firenze a dicembre 2017, per la cura di Cristina Natoli e Manuel Ramello. qui il saggio di gianluca d’incà levis presente nella pubblicazione, titolato dolomiti contemporanee: inessenzialità del budget, concretezze
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27 maggio 2017

Cultura in Friuli 3,  Atti della Settimana della Cultura friulana (5-16 maggio 2016) raccoglie gli interventi dei relatori dell’edizione 2016 della Setemane. Edito dalla Società Filologica friulana, il volume è a cura di Matteo Venier e Gabriele Zanello.Si riporta qui il contributo del curatore di Dolomiti Contemporanee, Gianluca D’Incà Levis, al convegno: L’educazione al patrimonio culturale, il ruolo dei musei promosso dalla Magnifica Comunità di Cadore e svoltosi a San Vito di Cadore l’11 maggio
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20 maggio 2016

dolomiti contemporanee ha partecipato a Tasting the Landscape, 53esimo congresso mondiale ifla (International Federation of Landscape Architects), che si è svolto al al centro congressi lingotto di torino,  dal 20 al 22 aprile 2016. TTL intende promuovere una riflessione sul ruolo fondante dell’approccio creativo al paesaggio, che derivi da un rapporto concreto e percettivo con il luogo e che porti ad un’indagine approfondita e alla rielaborazione di quelle immagini, pratiche e segni che possono influenzare l’andamento della trasformazione di regioni e paesaggi. Dolomiti Contemporanee partecipa nel tema Inspiring Landscape, con un
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le fogge delle rocce – prime prese

 

le fogge delle rocce nella storia dell’arte – studio comparativo per musei con l’iphone. esclusivamente i DETTAGLI, spesso -non sempre, spesso- in cornice fondale, di pietre e montagne, portati a macro, estratti-isolati (scavàti), prim’abbozzo di un progetto di estetica iconografica geologica montana, rassegna di pittogeologia alpina, abaco delle crode oleate, etc.

Pietro del Donzello (?), 1487, La partenza degli Argonauti. (architetture del vello).

Bramantino, L’adorazione dei Magi, 1500, National Gallery.

e ancora nel ‘500 (quando mai oggi più), l’artista gli era l’architetto della natura pure sapiente (delle nature pure), da cui qua la capanna del bambin, rinata come palazzo di piero e sbrecciato, l’edifizio armato nelle rette geometrie, per aprire dal varco il paesaggio alla colonna-montagna, che le crode all’inizio dell’opera erano vere e proprie ancor più squadrate TORRI, che infatti torreggiano ancora assai, e, appunto dicevamo, questa particolare natura alpina architettata, completa d’archi e contrafforti e corpi in aggetto (e d’un demone) non sottende una perfetta cosmogonia razionale, ma è senz’altro un gratta-zielo, fatto della stessa materia delle cornici: e prima.
mentre dopo, ecco che si congiungono finalmente in ruina, azzerando il divario temporale, le due parti che furon costruite, ricomposte grazie ai crolli, rifuse in un’unica massa coeva, delle ere rampanti (diamine d’un angoletto quantistico, la reciprocità della radiazione rinascimentale).

le fattezze delle rocce.
altro scorcio angolo destro alto .
bartolomeo di giovanni, gli argonauti in colchide, 1487, sempre sul vello, che non ci interessa, come non ci interessa qui il quadro -mai in questo album del dettaglio di croda.
le figure dei picchi azzurrati, come certe figure grafiche di buzzati o quinte (più ardue) magrittiane, nel simbolo totemico in profilo, a destra cala un becco rotto camuso, prominente a spiovere la fronte strapiomba, e la cresta slanciata in quota al giallo dei cieli all’indietro.
poi quindi l’uomo in armatura o altra bestia (d’aria o anfibia) sotto alla coffa sinistra.
ma anche il sasso verdeslanciato in primo piano a destra, porta stagliato profilo antropo-moai, alla foggia rinascimentale fiorentina.

Agnolo Gaddi (1370/96), Il Sogno di Eraclio, Racconto della Leggenda della Croce, Santa Croce, Firenze.

Negli episodi settimo e ottavo del ciclo, Michele Arcangelo sfiora le crode in volo, e muove Eraclio alla Guerra Santa, cosicchè la Croce, che è di legno, viene riconquistata in Gerusalemme.
Nell’ottavo affresco in particolare, ste crode giù dal Monte degli Ulivi ancora più SI FENDONO, aprono, separano, schiudono, calando in terra come panneggi di ghisa, in gruppi o grappoli ridossati, che a loro volta s’addossano alle torri di porta, e in generale si compie un rapporto organico e di trasformazione alchemica colle architetture che si trovano accanto ad esse rocce incappucciate, ma anche sopra di esse in esile composto modello, accompagnate e appoggiantesi, mentre fan la terra e la quinta nei confrafforti tellurici in spinta, e nel portico schiuso stretto le pietre-colonne vanno ancora coi fusti arborei sottili, etcetera.
Poi, per connessioni ardue da introdurre criticamente qui, prendiamo a rimembrare The Monolith Monsters (J. Sherwood USA 1957), ma questo lo riprendiamo più tardi, verso le 3:30.

berto xavinio, monumento ai giocattoli, olio su tela, 80,5×65,5 cm, 1930.

dai, corrotto, diciamola sta oscena banalità coronata: le montagne non sono giuocattoli.

è un’idea incolta e superficiale e assai stratta questa, che inquarta savinio tra gli eclettici: l’aggettivo inglorioso.
era ed è invece lui un classico integrale e basta, come capisce chiunque tranne qualunque, non occorrerà citar sciascia e apollinaire per suffragare quest’affermazione che non è affatto una tesi ma un’intuizione d’evidenza anzi un foglio squadrato d’intendenza (intendere intenzione e tendere). che spesso questo concettazzo prossimativamente speso di versatilità non depone che la confusione dei valiloquenti (pensatori) monocratici distratti e pazzi, per dire singolo-versi (ottusi schematici funzionari delle geometrie primitive o impiegati portatori della subdoleria contraNORMALE), peresempio quelli che quando vedono il farsi di un creare attraverso due ceppi diciamo (dicono) distinti, diciamo (diciamo) la pittura e la letteratura, non riescono a scorgere l’immagine-una restituita nelle quiete agitate vastità del divenire e della sua rappresentazione nel/del mondo, che c’è sempre quella precisa misura e poetica dioscura (dueinuno) in rocco (grecità), che nulla ha a che vedere con la fantasia, [mentre invece] con gli stravolgimenti riferiti condizionati perrieriani böckliniani, nelle manipolazioni giuochincrociate da reinach, olimpichetitaniche ma “posate in natura” e tutti sti volti d’una volta (mito e storia) in volto (architettura d’emergenza marina), volt’oblungo del pesce inviso men sempre della violenta tumorata infezione umana (sempr’involto), più in generale particolare in ogni anellagione o struzzamento o morganatismo, ma anche per gli psichismi rievocazionarii, che tutto concorre a questo, che xavinio è uno solo e intero e xavio nienteaffatto policromo e poliforme né un tesoriere d’ecuba (non è uno scrigno charmes), né guardiano dei fari giocattolo delle deserte isole dell’arcipelago dei ciclopi, ‘somma neanche polidor’o polifemo, e invece l’umano umanista del plastico intendimento riaggrumato nel chiaro costrutto delle variabilità regolare, attributi e funzioni questi che non schiantano gl’alberi spezzano i rami per eccesso di peso, come fa la neve fradicia d’acqua coi rami degli abeti infami.