Le fogge delle rocce: le foto dell’opening

Sabato 27 luglio del ’24, abbiamo inaugurato Le Fogge delle Rocce, la collettiva metamorfica di Dolomiti Contemporanee al Nuovo Spazio di Casso al Vajont, che è una mostra con 54 artisti, e ce n’erano 26, di questi 54, insieme a tutti gli altri che son venuti ad aiutare e a vedere, per esserci, e tra questi c’erano altri artisti ancora, alcuni dei quali di base a Borca, quindi iernotte in residenza eravamo in 40, e questo è quel che fa girare le crode, e le loro fogge roteanti: il moto costruttivo, la presenza trasformativa.

Nel discorso di apertura, Gianluca D’Incà Levis ha raccontato brevemente del lavoro che si svolge lungamente a Casso e nel mondo e per gli altri spazi, della necessità d’aperture, nelle pratiche e nelle teste, e del metodo collaborativo, e selettivo, che è alla base dell’esistenza delle persone e dei progetti DC, che non è un ente gestore di spazi, ma un sommovitore tensionale che snuda articolazioni e le riconnette ai tegumenti (configurare lo spazio traverso la stimolazione delle connessioni efficaci, ovvero antibanali).

E’ stata introdotta la mostra, e spiegata la logica del ricampionamento, intellettuale ed estetico e figurale, che anima questa azione (tettonica culturale), nella quale i rimandi, conglomerati nelle rappresentazioni delle crode, vengono visti, o prospettati, presi, estratti, giustapposti, correlati (Anatasio, i minerali e l’architettura naturale surbabelica imbricata; Bramantino, il sample iconografico; LeWitt, il disegno solido che scala una croda, come le-Duc; Giacometti, la scultura-boulder-proiettile).

Foggiare dunque, un concetto di montagna che si plasma, del suo ricalcolo, che si effettua ad esempio, anche in questa esposizione, frammischiando accuratamente, ma non schematicamente, le parti geometriche con quelle organiche, riposizionando il margine attraverso l’occhio misuratore e l’intuizione plastica e l’ironia compositiva dell’ingegno, che vuol dire fluttuazione calibrativa (grazie a Teresa De Toni e a Stefano Collarin sempre, ad Enej Gala, Bruno Fantelli, Kristian Sturi; e poi e Stefano Comensoli e Nicolò Colciago).

E’ intervenuto Francesco Dainese, dell’Ufficio Biodiversità della Regione Friuli Venezia Giulia, che ha ribadito la longevità della rete che sostiene l’azione di DC a Casso, in Friuli, nelle Dolomiti Unesco, e che ci accorda; le cose che si fanno, da anni, con il Comune di Erto e Casso, la Regione, e un ente territoriale mediano, che ora è la Magnifica Comunità di Montagna delle Dolomiti friulane Cavallo e Cansiglio, e con tutti i nostri partner. E che continueremo a fare. Le Fogge delle Rocce è un contenuto dei Dolomiti Days, che si fanno con la Fondazione Dolomiti Unesco.

Quindi ha parlato Emiliano Oddone, che ha contribuito a fare La Fogge delle Rocce, con la sua competenza geologica interspecie, ovvero anticorporativa, o ultraccademica, e come vuoi dirla. L’interazione del geologo, di questo geologo appercettivo e multiverso, che ringraziamo per la chiarezza della sua visione eterodinamica, per come ha lavorato sul testo, nel pensiero, sul campo (le esplorazioni fisiche-culturali alla geologia del paesaggio dolomitico, sin danno scorso aprile), e per la dialettica, al contempo reimmaginativa e scientifica, che ha liberato mentre esplorava gli Ambienti di Formazione degli artisti in mostra, insieme a loro, ovvero le grotte ed i gruppi e le configurazioni di crode pittoriche, mentre questi uscivano e prendevan forza e forma, e lui le commentava in modo appropriato, ancora rompendo un argine accademico segregativo, ed in sostanza tramutandosi in un critico istantaneo della stratificazione più recente venuta alla terra: quella portata dal contemporaneo, che istruisce un’indagine, ulteriore, plastica, recepibile: e lui l’ha assunta.

Ha parlato anche Daniele Feltrin, direttore del Museo della Pietra e degli Scalpellini di Castellavazzo, partner della mostra. Alcuni spazi sono motori, alcuni musei non sono meri collettori di reperti, ma stazioni d’ingaggio. Gli scalpellini sono venuti all’opening, e ci hanno prestato una serie di utensili, e questi attrezzi sono entrati nel set di Fukte e NoDolby, che, dopo, i discorsi introduttivi, hanno performato Applicazioni ortofoniche per calcari. Questi ragazzi sonici, sono mica i nostri Ministry DC, hanno fatto risuonare una selezione di sassi, cavando rumori dall’interazione, con gli strumenti da spacco, da foro, piantandoci gli spit, tendendo l’acciaio, collegando i risuonatori elettronici, strofinando e amplificando le pietre, battendole di punta, sfasciumi a martello, e così via, che poi qui vuol dire anche: che mai sia una drammaturgia. In chiusura della performance, l’avvicendamento con il clarinetto alto in improvvisazione di Zot Lutka, altri suoni a spandersi fuori, ma nel frattempo la mostra era stata aperta, quindi a quel punto suoni e persone si son riversati dentro, e tutti l’han vista dunque questa mostra, che è venuto assai bene: grazie a quelli che l’han fatta, Silvia, Fabiano, Federica, Evelyn, Moe, Iside, Francesca Pieropan, Roberto con Cristiano e Nelly, Simone e Stefano: e gli altri.

Fuori si smangiavano cose buone e non troppe, che lo sfamatoio di Casso non è al tavolo (di Gellner), ma all’attorno.
I partner di DC sono importantissimi: quel che fanno è produrre, bene, nel territorio. Sono aperti, ci capiscono, ci sostengono.
La Ditta di Renzo Fregona (Belluno) è il nostro nuovo partner per i formaggi buonissimi: e c’era un Montasio di Udine e uno di Lattebusche, il Focobon agordino, e n’altra pezza di Zumelle. Quindi il pane di Marcon, grazie Serena. Il prosecco e il cabernet di Biasiotto, grazie Andrea. La Birra Dolomiti, grazie Emiliano. Lo speck di Bècher a Perarolo: grazie Antonio Miglioli, che è andato in pensione, ed a Stefan, che c’è.

Fuori dallo Spazio, verso notte ma non troppo, si sono trattenuti i gruppi di chi ha fatto la mostra, tre raggruppamenti, gli altri poi singoli non erano alla spicciolata.

 

 

La musica l’ha massa e fatta Nathalie Quadrio, alla fine: grazie per la versione techno di Everything Counts, questo è il pezzo di mostra (all’Opening: poi ci sentirete i suoni di Lithochronos di S. Caimi), nella cover di Construction Time Again (1983) un martello si para davanti alla cima (Cervino).
Situ fiol de chi po’ tì?

Il gruppo di Enej Gala, che ha portato qui i lavori di altri quattordici, da Londra.
Il gruppo milanese, con Nicolò Colciago e Stefano Comensoli, con Alberto Bettinetti e Federica Clerici, bella reappresentanza di Spazienne, e Stefano Caimi con Cristina.
Il Gruppo della Val d’Oten, guidato da Roberto De Pol.
Evelyn catalizzatore marziale, piadine spaziali in Canonica, e grazie sempre a Don Augusto.
Nessuna retroguardia sfrangiata, pensa ad esempio ad Alan Silvestri e Marco Mastropieri.

Le opere ve le raccontiamo nei prossimi giorni, faremo uscire un post per ognuna con le foto di Teresa, a breve il video di Paolo.
Sono bellissime, venite a vedere, e avanti

La mostra è parte del programma dei Dolomiti Days 2024, iniziativa promossa dalla Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, che si realizza in collaborazione con la Fondazione Dolomiti Unesco, la Magnifica Comunità di Montagna Dolomiti friulane Cavallo e Cansiglio, insieme al Comune di Erto e Casso e alla rete di partner DC.

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