2 agosto ’25 – Detriti Frammenti Schegge Brecce – Opening a Casso


Quante cose e Brani e Tracce e Intrecci e Scintille Calde Ma Chete, nell’Opening di Detriti Frammenti Schegge Brecce, con un’intersezione capillare dei flutti carbonatici (onda di croda scossa che risuona fuori cassa), e innumerevoli fasci e lanci di plasma interpsichico, che abbiamo intersecato tra il sorgere e risorgere delli elementi spettacolanti di campo, tutto questo cambiamento sempre del cielo e del fronte del Toc, che è un captatore ambientale grande quadro fremente che inquadra paesaggio mobile d’ambiente, e inquadra anche noi che vi agiamo, a partire dalle nebbie serene dell’alba dal lago, le nubi e gli scrosci più tardi e noi dentro, mentre prima del crepuscolo il sole e poi altre magre piogge alla notte, biancodense nubi veloci traghettano e rullan via tre volte al giorno, lo scudo del Toc si risguaina e c’abbacina, spendono lucidi specchi ad ogni raggio violento di sole che centra le lisce lastre bagnate sulla parte franata, l’Opening è sempre una sensazione ampia e ancor meglio se poi piove e poi ancora IL TEMPO cambia, una sensazione introdotta e accompagnata da questa spinta percezione spaziale: di un’immanenza spirituale? (è la presenza del cercatore non accidentale a liquefare l’aria e che fresca); comunque si sente dove si è (lo si avverte) per una comunione di fattori esogeni/endogeni in combinazione, si sente questo esser qui perchè si è qui (esserci è avere una ragione per essere qui) e per il carico che vi si è elaborato o condotto nel processo laborioso del fare la mostra (che è un frammento d’incedere organico, una sua parte o branchia o uncino, una parte di questa trasformazione che è un’idea che si sposta rimanendo centrata – se ti muovi sempre sei un commesso viaggiatore; se stai sempre fermo non ci interessi), quindi portando ricerca e spostamento, qua infatti ci spostiamo sempre tutti di continuo, tra Casso e Borca e molte altre parti del mondo da cui gli artisti continuano a venire, e venire, e venire, da anni, nutrendoli, cargandoli, questi luoghi, una sensazione ampia come di un polmone gonfio che osserva la propria espansione perchè è l’occhio toracico dello spirito pieno, con tutti codesti artisti desti a ricomprendersi in questo luogo nel momento in cui lo apriamo agli altri, e si mostra finalmente e subitamante dispiegandosi, in una serata distesa che succede al gran cargo, il lavoro ed è tanto che s’è fatto nei mesi febbrili, negli spazi, nel paesaggio, nei gruppi, nei laboratori, nei progetti dei boulder, scalando, nelle esperienze di residenza raggruppanti e anche loro cambian di continuo l’assetto delle presenze ovvero il corpo dc che è la mente rampante di una pace rugghiante, e degli incroci (tra le persone e gli spazi rullanti e i temi ribaditi e i progetti e i gangli reinnervati e i tracciati ultravascolarizzati) e dei riconoscimenti e degli inizi, e degli studi paralleli che s’incrociano alla Colonia o nel Vajont e a Perarolo e a San Vito e così via, sempre quei filamenti determinati dei processi nel nervo sensibile di coloro che qui vengono ad armare animare aumentare le esplorazioni, trovando stimoli a grappoli e sapendoli scegliere, e quindi sabato sera a Casso eravamo settanta e più, anche se è piovuto, tra qui 27 dei 55 artisti di mostra, che l’han fatta con noi, la mostra, e grazie a Diletta e Anna, stando insieme e muovendo i cervelli gli occhi le mani e i sorrisi nel disegnare ancora una volta il senso dello Spazio di Casso e talun Senso dell’Esserci Ancora (Il Senso) attraverso lo Spazio di Casso, praticamente e come al solito non c’è alcuna differenza possibile per noi immanenti persistenti contundenti – dolcissimi – tra contenitore e contenuto, semplicemente perchè il primo concetto non esiste, non serve una borsa e per il cranio, meglio servire l’encefalo su vassoio d’argento, The Brain That Wouldn’t Die (J. Green USA 1962), insomma all’Opening c’è stato ancora una volta quel clima, alto nella percezione, di calma crepitante, che è bello e di cui siamo fieri perchè vive dei frammenti empatici ed estetici di una congerie di bravissimi artisti e trasformatori e trasportatori, d’essenze, di attenzioni, di precisazioni critiche e poietiche, etcetera.
Grazie allo staff DC, che quasi non esiste, da quanto è elastico questo corpo condiviso, mica da tutti, che ognuno qui si guadagna con la capacità e la drittezza il diritto all’ingresso e alla permanenza, tra questi: taluni artisti e pittori di scuola venetaveneziana; maimanca un manipolo friulano; il gruppo di Alessia Armeni, anche qui: quanto diretto e franco scambio; le Vere Bestie incamettate: tutti gli altri e gli amici convenuti, da Casso e da lontano, e avanti…

Le foto sono di Chiara Beretta e Teresa De Toni

Qui il video dell’opening e della mostra. Riprese di Francesco Marinelli e Paolo Dal Pont. Montaggio di Paolo Dal Pont