nicola genovese/i’m sure, i’ve heard it before
nicola genovese
i’m sure, i’ve heard it before
cartoline funebri, 280 x 210 x 8 cm, 2011
dal testo di pierluigi basso fossali apparso su semioticaviva:
[…] L’interiorizzazione della terra è un corrugamento, un equilibrio sospensivo tra trascinamenti e attrazioni, tra espatri e cittadinanza. Così, in Nicola Genovese (I’m sure, I’ve heard it before) un tappeto di vecchie cartoline funebri rischiano di ostentare un semplice appiattimento formale, una distesa retorica di reciproche condoglianze, contigue quanto auto concluse in sé stesse, attraverso la demarcazione di un perimetro nero.Solo un’onda anomala in questa distesa di parole di circostanza, può corrugare, riscoprire un affetto: è un’onda che solleva le carte, spezza la continuità del terreno di gioco linguistico, prefigurando lutti futuri (è un’onda che si sposta e travolge) e additando retrospettivamente le morti passate. Il mondo lastricato di morte, perché ridotto a parole accatastate, può ancora sollevarsi, deformare i messaggi-bara in qualcosa di vivo, qualcosa che sta a cavallo del tempo: durata e passaggio, persistenza e puntualità, evento e memoria. Anche i cimiteri di parole hanno bisogno di montagne, benché il “piano” sia sempre stato visto come luogo di sepoltura opportuna. I camposanti sono luoghi di silenzio perché dovremmo tutti corrispondere a ciò che non ha più battito; cimiteri pieni di foto a tal punto intemporali che ciascuno per il proprio caro sceglie la foto che lo rappresenta idealmente nel momento in cui ci è apparso “memorabile”. […]
opera inserita in
contractions
a cura di daniele capra
sass muss, edificio schiara
17 settembre – 16 ottobre 2011