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giorgia severi/to everyone

 

Giorgia Severi, To everyone, 2012, installazione, masso da 3.000 kg, incavato, 140x105x120 cm.

 

L’opera è nata dal sentimento di voler conservare e raccogliere l’acqua proveniente da un’ infiltrazione del tetto.
Quando sono arrivata nel blocco di Taibon, la pioggia battente provocava una perdita che dalle lamiere del tetto penetrava inesorabile nello spazio, caratterizzandolo.
Ho allora pensato fosse prezioso conservare questo componenete naturale considerandolo una risorsa. Questo elemento, concretamente importante per la natura e di conseguenza per l’essere umano, con valenza spirituale e simbolica in ogni cultura è diventata pertanto la protagonista di quest’opera.
Un grande masso di dolomia con un incavo raccoglie ed accoglie questa risorsa preziosa, viene in soccorso alla natura perché non vada persa e crea un luogo di incontro, una fonte (l’arte va a preservare qualcosa che potrebbe essere perso). Perché la pietra? La pietra, proveniente dalle Dolomiti, pietra dolomia, è in stretto collegamento con il territorio ma soprattutto con l’origine dell’arte: è infatti nel paleolitico ( dal greco palaios, “antico”, e lithos, “pietra”, ossia età “della pietra antica”), nelle caverne che ebbe origine l’arte. È lì che ebbe inizio tutto. Dove l’essere umano ha avuto per la prima volta l’esigenza di comunicare, estroflettere forme e significare le cose. L’ operazione artistica dell’uomo primitivo, era strettamente legata al culto, era un rito propiziatorio, una questione spitituale (come lo è stato per molto tempo) e una “necessità interiore” come diceva Kandinskij. La mostra ha come titolo “e l’uomo non è una felce”. Appunto l’uomo fa parte della natura ma è diverso da piante e animali. L’acqua è il nutrimento per la vita e l’arte il nutrimento per la cultura. L’uomo senza cultura è come il bosco come quando non piove; anche i popoli tribali fanno arte, pur essendo a stretto contatto con la natura. Arte legata al rito, alla mistificazione, alla venerazione, ma è sempre arte, anzi, è proprio quella dove risiedono le forme primigenie ed archetipiche perché l’arte parla un linguaggio universale da cui noi ora traiamo ispirazione. L’opera, “to everyone”, raccoglie l’acqua che si sarebbe potuta disperdere, creando un abbeveratoio, una fonte, per tutti. L’acqua è una risorsa vitale e l’azione che ho voluto fare è stata proprio quella di “preservarla” e renderla condivisibile. Quando non pioverà l’abbeveratoio pian piano si vuoterà, a significare, appunto, la reale siccità, poiché senza acqua non si può bere e senza cultura rimane solo aridità.

giorgia severi

 

la fabbrica è questo luogo dunque, fortino, serraglio, avamposto, che spinge se stessa con forza e pressione dall’interno e fa una bolla a perpendicolo, che pare un contrario di natura, e la natura sembra precipitarvi dentro, per schiacciarla, e la fabbrica sembra oppo
rre a quest’aggressione le proprie linee rette, opporle agli scomposti spigoli rocciosi erosi che tutt’intorno sembrerebbero voler precipitare a frangersi sugli shed sottili scintillanti del tetto, che infatti la pressione d’ambiente (psicologica-litica) li fa scricchiolare, muovere, gli shed, ed è così che alcuni agenti di natura (alberi liquidi, acque a goccia o macchia), riescono a penetrare, scivolandovi dentro, per pertugi, invadendola, abbeverandola.
e quest’azione invasiva non va contrastata, altrimenti, perchè saremmo venuti qui? infatti, l’acqua entra, e fiorisce i muri. una di queste gocce, persistente, era ben precisa, stillicidio, metronomo. una perdita? una presa. “to everyone” è sorto sotto a questa goccia penetrante, inarrestabile. il masso di 3.000 chilogrammi, selezionato tra venti, in due giorni di pelustrazioni da giorgia, val di san lucano, val corpassa, greto del cordevole. poi sollevato e portato dentro, e carezzato dolcemente, col martello pneumatico, fino a farne un oggetto di captazione, scolpito l’orlo dell’incavo, altro spazio d’azione che non è una felce, il masso da presa, duro ma accoglie, e ora la goccia lo bagna e lo riempie, lago di montagna, in vitro, e il meccanismo è bellissimo, e vien da berne (non farlo sotto all’acqua al rame di luigi leaci).

 

Opera inserita all’interno della mostra “e l’uomo non è una felce” a cura di gianluca d’incà levis, APL 10, Taibon Blocco, 21 settembre-22 ottobre 2012