who killed bamby – casso – 06.08-31.12 2022
Who Killed Bambi?
collettiva detritica
a cura di Gianluca D’Incà Levis
6 agosto – 31 dicembre 2022 – Spazio di Casso al Vajont
Opening: Sabato 6 agosto, ore 17.00
Spazio di Casso, Via Sant’Antoni 1, Casso (Erto e Casso, Pn)
dalle 18:00 si suona; attacchiamo con Ping Bambi (Renzini e Passini)
–
ARTISTI in mostra
Marta Allegri – Marco Andrighetto – Sara Antonellis – Gabriele Arruzzo - Sergia Avveduti – Ariele Bacchetti – Luisa Badino – Lorenzo Barbasetti di Prun – Antonio Bardino – Giorgio Barrera – Alessandro Bevilacqua – Thomas Braida – Tommaso Buldini – Roberta Busato – Michele Bubacco – Giulia Maria Belli – Ludovico Bomben – Giovanna Bonenti – Simone Cametti – Valentina Cima – Anica Huck – Cristina Calderoni – Stefano Caimi – Emanuele Caprioli – David Casini – Nina Ćeranić – Luca Chiesura – el gato chimney – Rudy Cremonini – Nanni De Biasi – Paolo De Biasi – Fabiano De Martin Topranin – Veronica De Giovanelli – Fabio De Meo – Gianni De Val – Barbara De Vivi – Nebojša Despotoviċ – Davide Dicorato – Bekhbaatar Enkhtur – Nicola Facchini – Alice Faloretti – Flavio Favelli – Pierpaolo Febbo – Fotoromanzo Italiano – Enej Gala – Riccardo Giacomini – Andrea Grotto – Fabio Guerra – Silvia Hell – Manuela Kokanovic – Bogdan Koshevoy – Evelyn Leveghi – Silvia Listorti – Matilde Lucini – Lorenzo Lunghi – Davide Mancini Zanchi – Stefano Maniero – Jožko Markič – Tiziano Martini – Vanja Mervič – Stefano Moras – Anna Marzuttini – Sergio Montoneri – Ludovico Orombelli – Alessandro Pagani – Mattia Pajè – Sebastiano Pallavisini – Laurina Paperina – Anna Poletti – Carolina Pozzi – Brando Prizzon – Penzo & Fiore – Luigi Regianini – Andrea Renzini – Filippo Romano – Davide Serpetti – Alan Silvestri – Luka Širok – Alberto Scodro – Kristian Sturi – Ivana Spinelli – olmo g. stuppia – Fabio Tallo - Rob Van Den Berg – Aleksander Velišček – Giuseppe Vigolo – Andrea Visentini – Andreas Zampella – Francesco Zanatta – Federico Zamboni – Maria Giovanna Zanella – Simongiuda Zelotaddeo.
Fanno la mostra e la comunicano degnamente: Gianluca D’Incà Levis, Nina Ćeranić, Lorenzo Protti, Ariele Bacchetti, Valentina Cima, Fabio Balcon, Sebastiano Pallavisini, Anna Maruttini, Matilde Licini, Luisa BaduBadino, Elena Maierotti, Stefano Collarin, Stefano Moras, Paolo Dal Pont, Giacomo De Donà.
Orari e date
Agosto: da martedì a domenica, 10:00-13:00 e 15:00-19:00
Settembre: da mercoledì a domenica, 10:00-13:00 e 15:00-19:00
Ottobre: sabato e domenica, 10:00-13:00 e 15:00-19:00
Ottobre/dicembre: aperta su prenotazione, anche per scuole e gruppi
Partners: Grappa Nonino, Tabacco Editore, DB Group, Paper & People, Lattebusche, Caffè Bristot, Speck Unterberger, Panificio Marcon, Acqua Dolomia, Birra Dolomiti, Vino Biasiotto, Minoter, Idrotermolux, Artecos, Ribolla Ca’ Darbe Martinelli.
Altri gentili: Don Augusto, Antonio Miglioli, Pino Bertorelli, Museo Regianini Costalissoio, Antonio Artecos, Serena Marcon.
–
concetto franoso, detritico, accumulativo, critico e propulsivo.
chi ha ucciso bambi?
bamby.
bambaei.
bambi è l’innocenza della montagna, diciamo.
uno stereotipo dolce, per bambini, ed anche per adulti superficiali, insensibili, egoisti: che si accontentano.
una robetta semplice e tenera e rassicurante, sorride il pupo: tu pompa i gadget e vendi tutto, mi raccomando, gran croupier della muntagna.
la realtà è più complessa, e la montagna non è sempre ben trattata, nè ben pensata, nè ben scritta.
è uno spazio sciatto perlopiù, trascurato e degradato, depotenziato e persin negato nelle sue ragioni scoscese: non certo una cosa innocente per i pupi.
tutta DC non è che un’obiezione, radicale e costruttiva e ampia e articolata, alla montagna d’idiozia e ai suoi infantilismi fallimentari e deteriori, culturali, politici, di visione (carente, assente), di governance, di progetto, di sensibilità, etcetera.
in effetti, mentre qua si spartiscon la torta, pastin & polenta, noi ci occupiamo delle ingenti ruine, ignorate dagli orbi.
la rigenerazione culturale, artistica, del patrimonio, del paesaggio destituito, è un’opzione rivoluzionaria, rispetto agli status quo paludati, ai trend approssimativi, alle risorse tradite, alle incapacità di farle rifluire, al turismo monocultura manipolatrice, ai poveraccismi portunistici, e così via.
lavoriamo con l’arte contemporanea, slurz.
la rigenerazione è una parte della cura/curatela nostra.
si vuol dire e fare la verità, non c’è fretta nè concupiscenza (molti vogliono farsi la montagna), nè c’è tempo per gingillarsi, crogiolarsi, ripetere.
quindi tenere carezze, e randello chiodato.
Who Killed Bambi, lo sai, è anche questo pezzo dei Sex Pistols, del ’78.
viene da un album semipostumo, The Great Rock,’n'roll Swindle.
la grande truffa del r’n'r.
lo usiamo ironicamante. seriamente.
Murder murder murder
Someone should be angry
The crime of the century
Who shot little Bambi
Never trust a hippie
‘Cause I love punky Bambi
I’ll kill to find the killer
In that rotten roll army
All the spikey punkers
Believers in the ruins
With one big shout
They all cry out
Who killed Bambi?
e dunque, applicandolo qua.
The Great Mountain Swindle.
percui il punk è un’opzione igienica-costruttiva.
uno scherzo, ma anche una cosa seria.
di vita.
di amore.
di pulsione e sensorialità.
di pensiero, certo, annegato nell’antipensiero (che è meglio, se hai pensato e studiato poco: è il massimo di ciò che ti puoi permettere).
di morte.
l’avevamo detto&fatto già qui.
l’opzione architetturale del punk.
uno spasmo classico, di canone e igienizzante: altro che destruenza.
qualcuno ricorderà quella lecture, tenuta al polito, che intitolammo Punk Is Not Dead.
de rossi mica è scemo o un un architetto di legno lui, capì subito lui (con silvia), ci scherzammo su insieme. anche qui, lo facciamo. assai seriamente.
quel testo spiegava l’attitudine rinnovatrice attribuita a questa accezione di punk, sissignore, costruttiva.
se scali la chiesa di borca o la usi come un #pangellner, come non piace agli architetti rigidi inchiodati orizzontali, per loro sei blasfemo: chissà che si sveglino.
nel frattempo continuano perlopiù a contemplare, schematici agiografi indispettiti, e non muovono un dito (se non per far ‘na foto all’indietro).
a ciò si contrappone: un’operatività antisclerotica, che è una visione ed una pratica, mica una teoria.
anche l’arrampicata, in ciò, è punk.
la mostra quindi: non è una mostra punk, il titolo è suggerimento, pretesto, metafora, una carezza, un randello.
il punk è la dolcezza dei sensibili traditi.
i ramones erano dolcissimi e feriti, joey in particolare.
come bambi e uno scoiattolo schiacciato.
e come la montagna franata dall’uomo: nell’incapacità insensibile c’è una gravità ben maggiore che nella fisica.
una mostra densa, superdensa, ottanta artisti.
tutto pieno, wunderkammer? (usate sempre le stesse parole, sembrate i romani).
che tiene e porta: un carattere detritico.
i detriti della montagna sono i suoi cocci veri, traguardati dall’ironia critica.
un’accozzaglia di immagini dolci e trash, rimescolate, affastellate, rimasticate, metabolizzate e risputate, questo bolo qua lo controlliamo scientificamente, non è uno spurgo automatico, ecco che se n’esce un getto potente, lo canalizziamo, te lo spariamo, è un fluido crudescente ignivomo.
può esso venir proiettato nelle bocche sdentate, come il plasma nucleare (atomic breath) di godzilla?
no.
una specie di poetizzazione del detrito, che è anche un’immondizia, ovvero il cattivo pensiero e la cattiva pratica della montagna.
l’immondizia intesa letteralmente, come la scoazza plastica lasciata dai turisti in crocs pei sentieri sconciati o nei tersi laghetti alpini?
non esser banale vai oltre.
i complessi detritici si sormontano, come due onde intrecciate, gli ammassi son di due tipi, compenetrantisi: i mucchi sconci (brandelli resti e lacerti), le masse cariche, psichiche, plastiche (nuclei in fusione e fulcri splosivi e apparati vascolari aerei a tramare istoriandoli i cieli azzurri e sangue azzurro nei letti e pugnali aurei fricati che scalmano i brani dei corpi dell’ispirito etcetera.
i due insiemi fan la realtà bicefala, scegliere la propria lingua e tenerla bagnata.
immagina: su di essa montagna, che qui concentriamo nella lastra snudata del Toc, compare un enorme bambi luminscientifico. una projezione di un chilometro, e quindi.
la lucciola cosmica in terra.
l’innocanza tradita, ora è tutto evidente, no?
questa immagine forte serve forse (se si svegliano) a preludere.
preludere a cosa?
all’operazione sulla diga con two calls e nacciarriti, che vorremmo ultimare nel 2023 (se si svegliano).
a rilanciare dunque ceraunii il cantiere trasformativo del paesaggio contemporaneo
bastan le luci a ridestar qualcosa?
no.
si proietta lo stereotipo calmierante d’un bambi gigante.
mentre nella notte s’accende questa banale gran dolcezza smodata, a casso si suona duro: smodato?
siccome abbiamo del pudore ancora, niente sinfonie della tragedia.
metal-bamby, ed eccoci.
la mostra è detritica perchè porta i frantumi dell’alpe, come arti o archi di flutti gorgonizzati resti sbattuti e lasciati in battigia e l’onda ritirata e lo scheletrimento atomico del corpo smembrato (detritico è a grappolo).
non c’è un tema polemico avanti a tutto, nè un’ideologia ambientalista, nessuna di queste ovvietà declamatorie del risentimento, spesso superficiali e banali: ma invece, la dimensione di un allestimento accumulativo, posato (rilasciato), mica isterico ultraffabulatorio e assertivo, che si costruisce come un pieno: denso nei noccioli, rado nel ritmo, una foresta spaziata.
la natura e il cemento (contra l’invadenza, beton ’82, eine erregung ’84).
diciamo qualcosa della logica della formalizzazione degli accumuli?
al pianterreno non ci son più quelle tende d’accampamento un poco sfatto, campo base, da cui si voleva intraprendere l’ascensione.
forse là ci sarebbe stato anche un artista a dormire o leggere, qualche volta.
al primo piano, tutta la pianta non è più smangiata dal pratino verde sintetico: la mostra monstre si è fatta autoallettante, scene e coreografie le abbiamo apprezzate mai comunque: bandite. i
vialetti ‘tagliati, dolci e sinuosi, tutti scomparsi.
sul verde sarebbero state le opere?
a sbrancate, a mucchi.
i materiali cumulati, come le necromasse di schianto di vaia ad esempio (tempesta vaia è inclusa nella mostra: tempesta vaia è un evento a carattere distruttivo-detritico-accumulativo, eccolo, quindi sta qua).
li abbiamo limitati.
ora i lavori riempiono lo spazio, a terra e sui muri, senza saturarlo, riflessiva questa radura, fitta nei semi e non nella franda; questa ritmica rada foresta.
il detrito è il soggetto, non l’attore.
i tematismi, i luoghi, le idee: catalizzati, recano altri ordini e strati, come nella pezzatura dei ghiaioni, dai gran massi alle polveri arcobaleno.
le opere?
sculture, installazioni, quadri, materieli, etcetera, non stan più infisse nei mucchi di materiali organici e sintetici, la loro terra ora il cemento.
spariti banditi i trecento funghi FASULLI, che avevamo immaginato in scena.
qui non c’è scena c’è un campo.
ogni campo è di lavoro o magnetico.
qui il lavoro è magnetico: i pezzi lasciati in terra, e alcuni se ne escono dallo spazio, e van nel paese e d’attorno, al bar da luigina, da teresa, oppure là.
se si sale al secondo piano dello spaziuccio, l’accumulo era alle pareti. avevamo detto: 100 palchi di ungulati installati a parete, gran banchetto fossile della caccia COA-CERVO, o a far na dorsale d’accumulazione scheletrica al centro: l’abbiamo tolti, e anche qua vengono nudi i lavori e stanno (imparare a stare).
abbiamo tolto tutto.
abbiamo lascito qualcosa e tu devi scavare.
o vieni in miniera o ti spediamo nel piombo.
un suono disegna nello spazio; schianti, alternati a jodel e cori di montagna, a pezzi punk, versi di uccelli e ungulati, cristopher che sugge il latte (lattepiù) dal bibo, mille robe, rocce che precipitano, altre satn su o volitano nell’acqua, un poeta gentile: suono pervasivo, alternato a silenzi lunghi.
nelle salette video facciamo il formaggio, la vacca è un detrito.
la mostra non tiene i rapporti consueti di rispetto spaziale tra le singole opere, dato che è un’accumulazione, fors’anche non un’ingroppata di massa, se puoi capire.
niente piedistalli, siamo contro ai monumenti, oltrechè all’esposizione.
questo è più che altro un campo di mine croccanti e di biglie critiche ad innesco.
le opere che han bisogno di tre metri attorno e di una prospettiva pulita netta di sala?
qui no.
le opere si scopano anche, qualche volta e per chi vuole, se uno o più artisti vogliono, una con l’altra.
nella visione complessiva, si tiene una misura, non un caos.
cosa possiamo dire: ogni opera buona è un’opera salva e preziosa in sè, e l’allestimento non erode la qualità singole.
tanti non uccide uno, monisti e dualisti accaghè.
i nuclei stanno-insieme-nella-frana, e fanno il cielo dello spazio, guarda il cielo di notte e conte i detriti siderali.
senza ingropparsi.
ogni artista ne ha invitato un altro (?), perchè quest’altro pure è bravo, o per altri motivi suoi nostri vostri loro (non accentrare gelosamente).
ogni artista poteva invitare la zia o il nonno, infatti enej porta il nonno.
in una voliera del genere, bisogna saper allestire l’uccelli. marta.
niente dito congelato di messner, forse, ma bisogna aspettar tomè, che però forse invece fa il bar con gino, non si sa.
il foglio monstra è un libro di cento pagine? ninanò, o forsesì: per capir tutto devi leggerlo. tempo consigliato di visita della mostra: quattordici giorni (g. d’incà levis, marzo/luglio 2022).
—
La mostra è parte del programma dei Dolomiti Days 2022, iniziativa promossa dalla Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, e si realizza in collaborazione con la fondazione dolomiti unesco, la Magnifica Comunità di montagna Dolomiti Friulane, Cavallo e Cansiglio, e insieme al Comune di Erto e Casso.
7 luglio 2024
22 maggio 2024
22 aprile 2024
18 aprile 2024
16 novembre 2023
12 luglio 2023
22 giugno 2023
6 febbraio 2023
28 gennaio 2023
18 settembre 2022