22 febbraio 2025

Forni di Sopra, Marcello D’Olivo, Pineland, scheletro, poltrona, al caregon de forni (2025). Eravamo eccomeno già belli pimpi e traenti in spinta, una sensibilità inossidabile ha sempre idratato ed unto i meccanismi di snodo delle nostre articolate manovre caratterizzandone le tenacie e ablazioni chirurgiche (critica), affilate dolci e generosissime, e allora, dal 2014 al 2016, tornavamo spesso a Forni di Sopra e imparavamo a conoscere il paese e i paraggi e dunque a ingaggiare le sue impavide genti, Timilin in testa con Lino, Gino, Donatella, Gianni, Marino, gli altri, in quelle tre estati ci portammo alcune sensate persone dall’intelletto
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Sull’architettura rurale alpina e sugli insediamenti storici dolomitici qualche nozione la possediamo, essendo che qua ci viviamo e che da sempre usiamo studiare in modo sistematico i tipi, le forme, le applicazioni costruttive dell’ingegno, le razionalizzazioni organiche, e così via.Naturalmente, non studiamo i manufatti rustici e l’edilizia rurale e i tabià e il Block-bau e le fabbriche e i rifabbrichi perchè il Sacro Legno è il materiale da costruzione preferibile alla montagna: non è sacro, non ne è l’anima, e dunque con pari attenzione indaghiamo e sezioniamo i cementi e gli acciai della montagna, e le ghise che spuntano
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5 agosto 2024

Stadio Olimpico del Ghiaccio, Cortina d’Ampezzo, luglio 2024 – Lo Stadio Olimpico del Ghiaccio fu costruito a Cortina d’Ampezzo in occasioni delle Olimpiadi invernali del 1956. Fu progettato dall’Ingegner Mario Ghedina, insieme agli architetti Nalli e Uras, e all’Ingegner Carè per le strutture in cemento armato, e realizzato dall’Impresa Viviani di Cornuda. Stadio Olimpico del Ghiaccio, Cortina d’Ampezzo, giugno/luglio 2024 
Fino ai primi anni ’80, lo Stadio costituiva una sorta di spalto sul paesaggio, aperto sotto al cielo. Le cerimonie d’apertura e chiusura dei Giochi del ’56 si svolsero qui, insieme alle
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25 giugno 2024

Cortina d’Ampezzo si trasforma. Come l’intera Valle del Boite, dove, mentre si avvicina l’Olimpiade invernale Milano Cortina 2026, accelerano finalmente i cantieri sulle varianti della ss 51 di alemagna. Il Paesaggio della montagna dolomitica bellunese si modifica, con i lavori sull’infrastruttura viaria, sugni snodi viari in prossimità o nel cuore dei centri abitati (valle di cadore), con la risoluzione di alcuni storici nodi problematici e strettoie, affidati a tunnel e bypass.   In questo momento (primavera 2024), le gru si moltiplicano. Le gru a torre sono gli alberi meccanici dell’olimpiade.Si restaurano gli alberghi.Il territorio
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20 maggio 2024

Penetrazione territorio. Il Ponte Cadore, visto dalla Cavalera. Il viadotto si trova tra Perarolo e Pieve di Cadore, sotto scorre la Piave, che va alla confluenza con il Boite.Si procede ora (primavera 2024) all’adeguamento statico sismico delle strutture, il cantiere Anas durerà ancora almeno diciotto mesi, forse di più. Nel 2025, saranno quarant’anni dalla realizzazione di quest’opera. Foto Teresa De Toni. – Il Paesaggio si costituisce grazie all’interazione tra il contesto ambientale e il lavoro (le opere) realizzato dell’uomo.Quando l’uomo realizza infrastrutture o grandi architetture, ciò ha un impatto sulla definizione e
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1 maggio 2024

Il Ponte Cadore si trova tra Perarolo e Pieve di Cadore, sotto di lui scorre la Piave, che va alla confluenza con il Boite.Si procede all’adeguamento statico sismico delle strutture, il cantiere Anas durerà ancora almeno diciotto mesi, forse di più. Nel 2025, saranno quarant’anni dalla realizzazione di quest’opera. Ponte CadoreI lavori attuali (2024) Foto: Teresa De Toni, febbraio 2024. – diagonale sinistra tracciato segno paesaggioun’altra esile via di scorrimento, qui a rotaia, binario morto su tratta dismessa sopra sacco di sopra, la linea nel bosco. poco più sotto, altra intersezione in ambiente, ecco i cidoli di sacco e
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Milano Cortina 2026, SS51 di Alemagna. Il tunnel bypass di Valle di Cadore  Da alcuni mesi le “opere complementari” per le Olimpiadi Milano-Cortina 2026 sulla Statale SS 51 di Alemagna sono finalmente partite, e DC continua, attraverso diversi progetti e analisi, a seguirne la realizzazione. L’investimento supera i 250 milioni di euro. Tra i cantieri di Anas in Valle del Boite, vi sono quello di Tai di Cadore, quello di Valle e quello di San Vito. (dicembre 2023) Opere complementari connesse a Milano Cortina 2026. SS 51 di Alemagna. Il tunnel bypass di Valle di Cadore. Cantiere di Valle
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22 aprile 2024

  Cronache d’attualità.Sarà pur chiaro come quella di paesaggio non sia una definizione inchiodata, perchè il paesaggio non è un’ente che cerchi una rappresentazione univoca, ma una permanente trasformazione d’ambito?
Nessun paesaggio è dunque bloccato, né bloccabile, in una forma definita, impermeabile al cambiamento che gli corrisponde – a meno che non ne stiamo considerando una singola configurazione definita, cosa che facciamo volentieri quando ad esempio approfondiamo la storia delle sue declinazioni ad opera dell’uomo. 
Questo però può essere fatto mai nel senso più generale (al di fuori quindi dei casi progettati),
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18 agosto 2023

Tu lo sai cosa sono gli Scarpét?Qui ci abbiamo fatto un workshop a Casso, a dicembre 2022, e da lì abbiamo avviato la ricerca applicata, trovi altri link utili in quel post. Gli Scarpét, o Skarpét, in bellunese, o le furlane, in Friuli. Ste scarpe o “… pantofole rustiche artigianali, tipiche e abituali calzature montanare d’un tempo, costituite da una suola di pezza fittamente trapunta (strapônta) con filo di canapo incerato e da una tomaia scollata, in panno o velluto nero, orlata o foderata, molto resistente … (Enzo Croatto, Vocabolario del dialetto ladino-veneto della Val di Zoldo, Belluno)”. Dolomiti
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17 luglio 2023

Il Cadore tra ’800 e ’900. Perarolo nelle fotografi e di Luigi BurreiIl volume è stato pubblicato a luglio 2023 da Grafiche Antiga A cura di: Elena MaierottiCollana: FotografiaImmagini: a coloriFormato: 23 x 27,5 cm Acquista qui il volume  – Luigi Burrei (1859-1927), originario di Nebbiù di Pieve diCadore (Belluno), visse la maggior parte della sua vita aPerarolo. Fu un commerciante di legname per conto delladitta dello zio, Andrea Burrei, e, nel contempo, anche unappassionato fotografo amatoriale. Di questa sua attivitàdilettantistica, quasi interamente inedita, è rimasta traccia inun corpus fotografi co di proprietà dei suoi eredi. Tale archivioconsta
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Forni di Sopra, Marcello D’Olivo Pineland, Pagodina al Passo Mauria – Traversoilterritorio

Forni di Sopra, Marcello D’Olivo, Pineland, scheletro, poltrona, al caregon de forni (2025).

Eravamo eccomeno già belli pimpi e traenti in spinta, una sensibilità inossidabile ha sempre idratato ed unto i meccanismi di snodo delle nostre articolate manovre caratterizzandone le tenacie e ablazioni chirurgiche (critica), affilate dolci e generosissime, e allora, dal 2014 al 2016, tornavamo spesso a Forni di Sopra e imparavamo a conoscere il paese e i paraggi e dunque a ingaggiare le sue impavide genti, Timilin in testa con Lino, Gino, Donatella, Gianni, Marino, gli altri, in quelle tre estati ci portammo alcune sensate persone dall’intelletto rubinio, a Forni, a discutere dentro a Paesaggi Contemporanei, e vennero tra gli altri Marc Augé e Giannola Nonino e Pier Luigi Sacco e Antonio De Rossi e Daniela Perco e Simone Sfriso [il Presidente Fontanini ci aveva chiesto roba tipo Sgarbi e Angela, due tizi che proprio non ci potevano nè potrebbero venire, con noi, e infatti non ci vennero, dato che non li cercammo mai, quelli raffermi, mentre spiegavamo dilatando le fessure nello spazio la differenza tra (1) qualità nella ricerca, intellettuale e umana, (2) dialettica da casinò e cabaret da trogolo, (3) educatissima divulgazione sbadigliante], e si parlava come sempre di una Montagna Non Stracca che non si descrive ma si determina nel pensiero attivo, e le facevamo perlopiù in Piazza del Comune, ste chiacchiere, e mangiavamo e dormivamo al Centrale e al Tarandan, con molti amici sopraggiunti, per sentire partecipare frapporre incrinare, anche là, tra frichi sfrigolanti e grappe di loppa, si moltiplicavano le accelerazione cristalline, gli scambi rimescolanti, la circolazione dei fluidi tonificanti, gli anatemi agghiaccianti e le ironie sferzanti tra gli amori sgaloppanti per le cose giuste che rompono gli schemi infami, e così via, e già allora andavamo a fare dei boulder a Pineland, tirando tiranti tondini e gloriosi cementi esausti, performando la ruina (la ruina è una cosa nuova intatta e potenziale, in trasformazione:

  

non frignare dunque, maldetto nostalgico, e trasfòrmati tu pure, se lo puoi ma non puoi; una cosiddetta ruina è dunque una concreta applicazione anriromantica, che, agìta altrimenti, produce un altrove), ed è precisamente questo ciò che va fatto (performare la vecchia cosa che nuova trasforma), provati dai blocchi rugginosi prendevamo l’ombra tra le fatte fragranti dei cervi nel bosco dietro alla Parulana, al pianterra e piano primo del corpo scheletrito della grande architettura organica troppocurva di Marcello D’Olivo (maledetto il pittoraccio in lui, questa deliberata violenza sull’incolpevole espressionismo andava impedita, l’empia persecuzione di Franz Marc in banalità bucolica demotivante intendo, i progettisti con l’hobby della pittura andrebbero fustigati, tranne alcuni perpendicolarist’igienici, questo non fa eccezione, con le sue prosaiche pedanterie in silhouette, uno svergognato, torniamo dunque all’architetto che è meglio), salendo ai due piani superiori di questa carcassa di vascello sghembo affondato nel verde graminante, come una mandibola di camorzo coi denti schiari sbiancati al sole, le calcine dei laterizi dei solai a pioverci sui capi scostanti, in quelle campate aperte potremmo mettere a dimora specie preziose d’uccelli sassini, una gabbia aperta da cui far scappare per sempre gli animali pazzi o a cui carcerare gli omini estinti, sulle solette invece sdraiati nudi sulla schiena a prendere il sole, te la do io la villeggiatura incompiuta, comunque un villaggio vacanze è sempre un covo di blatte, poi tornado a casa (?)

  

al Passo della Mauria, ci siamo fermati un attimo a schettinare in panza su una lòža (feriòn, lùia), e l’abbiamo fatto scegliendo come sfondo una gloriosa vecchia baracca metallica di ANAS, questa assai dignitosa e ben moderata costruzione rastremata resistente che, nel suo verde acido sbiadito in fioritura di sbocco del metallo sgargiante, sembra far parte della scenografia sottomarina (lì dentro in acquario) del Nautilus, Oscar 1955 John Meehan, anche Nemo d’altronde non era che un principe ingegnere della qualità morale antagonista, ed è sempre traversoilterritorio che scoviamo e facciamo, a partire o a tornare da cantieri avanti o ndreti, le cose di costruzione in ambiente d’infrastrutturapaesaggio, e avanti.

Foto: Teresa De Toni e alcune Archivio DC