8 dicembre 2013

Olivares cut: nuovo pezzo sull’intervento di Gianluca D’Incà Levis al Take care Corner di Independents  ArtVerona. Nell’intervento una sintesi sul progetto DC e sui risultati raggiunti finora. leggi l’articolo
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26 novembre 2013

Mercoledì 4 dicembre, alle ore 16.30, Dolomiti Contemporanee partecipa al Piccolo Festival dell’Arte di Trento. Nell’incontro “Arte come attivazione di processi, senso di comunità”, Gianluca D’Incà Levis racconterà il progetto DC. L’incontro avrà luogo presso la sede del Dipartimento di Lettere e Filosofia dell’Università di Trento. L’evento è promosso dall’Associazione Art to Art e dal TAUT. scarica la locandina con il
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11 novembre 2013

Dc torna dalla settimana di artissima con diverse cose, e idee, immagini, proiezioni. Oltre agli incontri con artisti e galleristi, molti sono stati i contatti extrafiera. Con il museo nazionale della montagna ai cappuccini, con cui si immagina una possibile collaborazione. Con leapfactory, dal cui incontro sono scaturite alcune libere considerazioni che riportiamo qui di seguito. alla fondazione merz con alfredo jaar, che si è interessato alla storia e al progetto di casso, dove lo si vorrebbe portare. E poi con altri enti, artstici, pubblici e privati, con i quali si è cominciato a ragionare. Il modello viene dunque
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6 novembre 2013

venerdì 8 novembre, alle ore 17.00 inaugura presso gli spazi Bomben della Fondazione Benetton a Treviso “la piave – 220 km | laboratorio di ricerca | azione”. All’interno della mostra anche il lavoro “Gli esseri viventi” di Enrico Vezzi, estratto da una performance tenutasi lungo il greto del Piave a Codissago il 3 settembre scorso e inserito nella mostra Upokeimenon. L’evento è patrocinato da Dolomiti Contemporanee. qui le foto della perfomance “Gli esseri viventi” (3 settembre, Codissago)qui la scheda del lavoro inserito in
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28 ottobre 2013

Domenica 3 novembre 2013 chiude la mostra Upokeimenon (sott’acque) nelle sue due sedi di Casso e Trieste.dalle ore 16.00, a casso, piccolo trattenimento di finissage. Qui una notizia relativa alla mostra allestita presso il Nuovo Spazio espositivo di Casso. Qui una notizia relativa alla mostra allestita presso il Civico Aquario Marino di Trieste. Qui il video ufficiale di Upokeimenon
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27 ottobre 2013

Cosimo Terlizzi vince il Premio Arte Rugabella 2013 con il video La Benedizione degli Animali, che lo scorso agosto fu inserito nella mostra Roccedimenti. fatte, non finite, le nature contemporanee, presso il Nuovo Spazio di Casso. Questa la motivazione espressa dalla giuria: La risposta agli interrogativi sul cambiamento epocale si è risolta nel ritorno all’antropologia primaria di un segnale ieratico che annulla ogni conflitto esistenziale senza vincitori né
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24 ottobre 2013

Sabato prossimo, 26 ottobre, dalle ore 16.00, Alpe del Nevegal illustra il proprio progetto di rilancio per il Colle, presso l’Arredamont a Longarone Fiere. Nell’occasione, verrà presentato anche il video di Open in Painting, intervento realizzato da Dolomiti Contemporanee (Andreco, Kabu, Davide Zucco) lo scorso agosto sul Rifugio Brigata Alpina
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17 ottobre 2013

questo sabato il circolo dei lettori di torino visiterà la mostra upokeimenon (sott’acque)  presso il nuovo spazio di casso.ricordiamo che la mostra rimarrà visitabile fino al 3
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prorogata la mostra Upokeimenon (sott’acque) al nuovo spazio di casso fino al 3 novembre 2013. proseguono in questi giorni le visite guidate alle scuole. per info e prenotazioni: tel. 0427
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8 ottobre 2013

su lastampa.it è stato pubblicato un reportage di michele brambilla e dario migliardi sul cinquantennale del vajont con un’intervista a gianluca d’incà levis sul nuovo spazio di casso (“l’arte vince la morte“). Sempre su la stampa (torino) di domenica scorsa, sono uscite due pagine di approfondimento sulla tragedia del vajont nelle quali si parla anche di dolomiti contemporanee. presto disponibile nella nostra rassegna
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Gli aperti, i ladri. Chi dona, chi ruba.

 andrea visentiniCi è sempre successo, sempre ci succederà, abituati siamo già (lo sappiamo), mai ci abitueremo (non lo accettiamo).
Per quanti uomini buoni e capaci si mettano insieme, in interi mucchi policromi dai riflessi accecanti (fantescenze, fantescenze naturali), il grigio cretino non lo si debella. 
Uno dei motivi per cui si agisce bene, ed uno del metodi di contrasto attraverso cui si può rilevare la differenza stessa tra bene e male, è appunto la presenza dei cretini. I cretini sono degli indicatori indiretti di intelligenza: l’intelligenza brilla di per sé stessa, e poi anche nel confronto con la cretineria. 
Questo chiaroscuro, è la vita sul pianeta terra (l’intelligenza è più bella, risalta, accanto alla stupidità; le pacificazioni ecumeniche sono illusorie quanto l’idea d’un cielo eternamente azzuro). 
Ma insomma, non spingiamoci troppo in là, con questa lode al cretino, e pennelliamolo un poco, come si merita.

Perché ci ostiniamo a chiamarli CANTIERI, questi spazi dell’azione e dell’incanto, che DC genera e alimenta dal 2011?Li chiamiamo cantieri, e non chiamiamo mostre o eventi le azioni che compiamo su di essi ed attraverso di essi sui PAESAGGI TERRENI, perché questi siti morti, terraformati fino ad una nuova estroversione, sono grandi laboratori sperimentali, stazioni di collegamento stese sul territorio, basi neurali lanciate tra i piani (alti) e le cime, centri di rivoluzione, batterie d’artiglieria, e, soprattutto e semplicemente (nella loro ardua complessità), spazi dell’apertura.La gestione dei siti-cantiere, fabbriche o complessi o villaggi, chiusi e immobili da lustri, e poi finalmente aperti, è cosa complessa. Spazi siffatti, ripresi alle inerzie lunghe, non sono mai agilmente controllabili, e d’altro canto nemmeno li si vorrebbe controllare, e mettere a regime, e ordinare completamente, o gestire definitivamente, secondo una prassi d’ordine.
Di solito, chi è capace nel voler e saper aprire, non sa né vuole gestire, ha in spregio l’ordinaria ragionevolezza necessaria appunto a mettere e tenere le cose a regime, a conservare e ripetere. Chi apre rompe: rompe gli schematismi che non consentivano un’azione positiva ed efficace.
Per gestire, occorre l’esperienza, e l’applicazione di regolamenti. Si apre invece, quando ci si fa beffe delle esperienze pregresse (quelle grige prassi continuamente ribadite, ferme), e si stracciano i regolamenti (quelli ottusi: la maggior parte lo sono), e si cerca di far qualcosa di nuovo, dando impulso, forza, idea.
E insomma, siti come il muss, il blocco di taibon, e borca, sono grandi e complessi. Organismi che respirano e performano, nel moto nuovo portato loro. Non possono, questi siti, essere gestiti in modo ordinario: tutto, in loro, come nei progetti che mirano alla loro rigenerazione, è straordinario.
Quando un artista inizia a pensare un’opera che andrà installata o collocata in questo genere di spazi, deve già prevedere che essa potrà venir danneggiata, o rubata. Non è possibile, infatti, vigilare continuamente e su tutto, se questo tutto è un gigantesco complesso di 30.000 metri quadri, finalmente aperto al paesaggio, ai mondi, alle persone (ed ai cretini privi di contrassegno evidente).
L’artista dunque, nel momento in cui accetta di collocare la propria opera in questo contesto formidabile e impresidiabile, accetta di condividere un’impresa, esponendo con ciò il corpo dell’opera ad una serie di rischi e pericoli. La condivisione dell’intento, e la sperimentalità della situazione, sono più stimolanti e più potenti dei meccanismi conservativi, della protezione stessa che si dovrebbe riservare all’opera.
L’artista, dunque, mette la propria opera a disposizione di chi verrà a vederla, e lo fa per ben DUE VOLTE; la prima volta mentre fa l’opera, che egli fa per farla, e per esporla; la seconda volta quando decide di metterla a rischio, donandola in tal modo, anche, ad un cretino, che qui è un ladro, che dunque tradisce e ruba due volte.
Da un lato la fiducia di chi apre, ed invita tutti poi, a vedere il meraviglioso sito ristorato, armato dei suoi costrutti plastici responsabili (le opere rigeneratrici), donando idee, oggetti e fiducia.
Dall’altro, il cretino ladro e vigliacco, che, ritrovatosi per caso, alla fine della giornata, in coda ad un gruppo; dopo che centinaia di persone prima di lui passate, hanno visto, capito, apprezzato, immaginato, trasecolato; per ultimo, come si confà al suo rango, esso cretino prende da un tavolo sei acquerelli di andrea visentini, e se li ficca nella scarsella, e li ruba.
Il figlio d’una vacca.
Speriamo di non trovarlo mai, per lui, e per noi pure. Perché i cretini a noi non possono stare vicino, e la distanza che costoro scavano, in un istante e con un atto ignobile, tra noi e loro, è un alveo vasto, in realtà vasto quant’era già prima, ma pieno ora, pieno di un arido nulla.
Questo insegna, ancora, che non son le cose ad esistere, ma le idee. Nessuno ruba un’idea, un impegno, una fiducia, un dono. 
Il cretino possiede ora sei acquerelli di andrea? 
No, possiede il loro cadavere, il proprio vuoto, il nostro disprezzo sommo, e l’appellativo scientifico di “figlio di vacca”.
Venne lo stesso gaglioffo al muss ed al blocco di taibon, uno su 10.000, ogni anno, a rubarsi un tocco, negandone il senso. Possessivo, tignoso, avido: a rubare un feticcio, per nasconderlo poi in un armadio. 
Comunque: se lo prendo lo taglio, col machete da Colonia.

Gianluca D’Incà Levis, curatore di Dolomiti Contemporanee.

 

Borca, 10 agosto 2015