8 giugno 2016

Mercoledì 8 giugno, alle ore 12.00, Gianluca D’Incà Levis, curatore di Dolomiti Contemporanee e Progettoborca, direttore del Nuovo Spazio di Casso, terrà una lezione agli studenti del Corso di Storia dell’Arte Contemporanea (prof. Emilia Giorgi) dell’Istituto Europeo di Design di Roma, in Via Casilina 51. La lezione, dal titolo: L’idea, unica forma concreta, apre gli Spazi schiude i mondi, avrà ad oggetto le pratiche ed i cantieri, culturali ed artistici, di Dolomiti Contemporanee, progetto di rigenerazione alpina e d’arte contemporanea attivo nella regione dolomitica dal 2011.
Si parlerà dunque delle metodologie operative, degli
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27 maggio 2016

L’Associazione culturale CHUB Cantine hub promuove un ciclo di incontri sul tema Rigenerazione urbana: pensiero dispositivo di energia.Gli incontri si svolgono presso Le Cantine di Palazzo Rava a Ravenna, tra marzo e ottobre 2016.Martedì 7 giugno 2016, Gianluca D’incà Levis parteciperà con un intervento dal titolo: Dolomiti Contemporanee. Una prassi di cura per paesaggio e patrimonio. L’incontro, aperti a tutti e ad ingresso gratuito, si svolgerà alle ore 18.00 presso Le Cantine di Palazzo Rava, in via di Roma, 117 a Ravenna. Concetto: La rigenerazione urbana coinvolge molti aspetti della vita dell’uomo, dall’architettura alla
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14 maggio 2016

Sabato 14 maggio, Colonia ex Villaggio Eni, Borca di Cadoreore 15.00, Open-studio Progettoborca Foto: Giacomo De Donà In occasione della Settimana della Cultura cadorina, sabato 14 maggio 2016 Progettoborca cura un nuovo Open-studio. La visita consentirà di accedere alla Colonia, la struttura in assoluto più grande del Villaggio (30.000 metri quadri), inutilizzata da circa 25 anni, ed ora al centro di un programma di recupero avviato da Dolomiti Contemporanee e Minoter nel 2014. Il pubblico potrà dunque scoprire questa gigantesca architettura congelata, che oggi ospita un vivace cantiere artistico e culturale, e per la quale si immaginano le destinazioni
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11 maggio 2016

Mercoledì 11 maggio, Dolomiti Contemporanee partecipa al Convegno di studi L’educazione al patrimonio culturale, il ruolo dei musei, promosso dalla Magnifica Comunità di Cadore e dalla Società Filologica Friulana. Il Convegno si svolge a San Vito di Cadore, presso la Sala Congressi Enrico De Lotto, Corso Italia 19.Programma: Mattino, dalle ore 10.00Musei e patrimoni culturali: evoluzioni in corso – (Elisa Bellato, antropologa)Presentazione del Piano nazionale per l’educazione al patrimonio culturale – (Martina de Luca, storica dell’arte – Mibact) Dolomiti Contemporanee: una pratica rigenerativa per Paesaggio e Patrimonio – (Gianluca D’incà
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4 maggio 2016

Mercoledì 4 maggio, Gianluca D’Incà Levis, curatore di DC, sarà ospite di Riccardo Caldura, docente di Beni Culturali dell’età contemporanea, presso l’Accademia di Belle Arti di Venezia.Il corso si propone di integrare la conoscenza degli aspetti legislativi fondamentali inerenti i beni culturali e i beni paesaggistici  -ai quali è stato dedicato un ciclo di lezioni specifiche-  con il racconto delle pratiche sul campo di chi si occupa di individuare nuove modalità di approccio alla conoscenza e valorizzazione dell’ambiente, in particolare attraverso la progettualità artistica. Vi prendono parte dunque, di volta in volta, artisti,
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23 aprile 2016

Sabato 23 aprile, alle ore 10:00, si terrà il primo seminario di Quotidiana a parole, dal titolo “Fare rete in Veneto: prospettive tra pubblico e privato per le arti contemporanee“, un’occasione di conoscenza reciproca e confronto tra diverse realtà culturali attive nel territorio regionale. L’incontro, a numero chiuso, si terrà presso l’Ufficio Progetto Giovani, al secondo piano del Centro Culturale Altinate San Gaetano. La partecipazione è gratuita, ma è richiesta la registrazione online. I posti disponibili sono 15. Parteciperanno: Guido Bartorelli, Fondazione Palazzo Pretorio, Cittadella (PD) Elena Cardillo, Politiche Giovanili, Comune di Venezia
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16 aprile 2016

Gran fervore oggi (16 aprile), e centinaia di ragazzini e famiglie, nel superlab di H-Farm, dove si son presentati programmi e attività dei Digital Summer Camp 2016.
E insomma, ci sarà di tutto, nelle dieci settimane di laboratori estivi.Ed una delle novità significative riguarda Dolomiti Contemporanee.
 Per la prima volta, H-FARM esce di casa, e porta alcuni dei labs estivi di H-Campus in un sito esterno a Roncade: quale?
L’ex Villaggio Eni di Borca di Cadore, dove da due anni lavoriamo con Minoter ad implementare la piattaforma culturale di Progettoborca, con metodi sperimentali ed innovativi, e una visione aperta ed operativa
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20 marzo 2016

Giovedì 24 marzo 2016 ore 14.00 Colonia, ex Villaggio Eni Corte di Cadore Giovedì 24 marzo, la Colonia dell’ex Villaggio Eni di Corte di Cadore sarà aperta al pubblico, con un Open-studio di Progettoborca. Nel corso della visita, che avrà una durata di circa due ore, sarà dunque possibile esplorare questa fantastica architettura di Edoardo Gellner, scoprendo le opere realizzate dagli artisti a Borca. Ricordiamo infatti che nel Villaggio è attiva da due anni una Residenza artistica internazionale (qui artisti e lavori).Dalle ore 16.00 sarà inoltre possibile visitare la Chiesa Nostra Signora del Cadore. Appuntamento alle ore 14.00 presso gli
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17 marzo 2016

9 giugno 2015all’improvviso, appena seppellito lee, arriva il nuovo vampiro (beata prole: sugge l’insugghiabile): cristopher (#cristopherdeer).anchedetto christo.la madre, che conosco da un anno, e conosce bene me, non torna.abbandono di primipara? non lo so, a quel punto non so ancora nulla.qualcuno ipotizza addirittura che lei l’abbia voluto a me affidare.ne dicon d’ogni sorta.le prime cose sui cervi inizio ad impararle da quel preciso momento.sono un curatore, assorbito da molti progetti culturali e artistici complessi, non ho tempo per altro.ma ora vivo in questo bosco, a borca di cadore.nell’ex villaggio eni, dove nel 2014 ho attivato
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15 marzo 2016

Quotidiana è un progetto per l’arte contemporanea attivo dal 1995, realizzato dall’Ufficio Progetto Giovani del Comune di Padova. La mostra collettiva dell’edizione 2016 si è conclusa il 6 maggio presso il Centro Culturale Altinate San Gaetano. Tra le novità di Quotidiana 16, agli artisti selezionati è stato proposto un seminario condotto da Gianluca D’Incà Levis, curatore di Dolomiti Contemporanee.Un’opportunità per mettere a confronto linguaggi, strumenti e possibilità delle pratiche del contemporaneo.Con l’obiettivo di proporre una riflessione tra gli artisti, per favorire la conoscenza tra di essi. Il Seminario si è
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Cadore: Margherita di Savoja a Perarolo


avanti savoja
, qualcuno ce l’ha sentito dire già: regale ironia di che?

la Regina Margheritaregina delle arti e di ogni cosa bella, diceva Benedetto Croce villeggiò a Perarolo di Cadore nel 1881 e ’82.
Allora, si sa, l’amava Carducci, che diec’anni dopo scrisse nell’ode al cadore …”al Cidolo ferve Perarolo“…

Poi la Maria Teresa Giovanna tornò ad ovest, e a Gressoney fece saltare il cuore al Barone Peccoz, l’anaerobico.

Allora, Perarolo era il centro commerciale del Cadore (“lariz pez e pin fa le spese ai cadorin“), la grande industria veneta del legname s’alzava (e fluitando scendeva) da qui.

Riporteremo la Regina a Perarolo, dove la concentrazione di elementi storici e culturali e ambientali genera (generò = genera) una confluenza straordinaria (come quella di Piave e Boite).
pochi lo sanno -mentre diversi tangheri quassù fingono di non saperlo e si lisciano le penne poco più in alto -ma in alto sta chi non è basso: fèrvere.

Il libro: Margherita, una Regina sulle Dolomiti

Il cidolo sul Piave (l’altro era sul Boite), in una foto originale (Luigi Burrei o F.lli Riva? – circa 1900, archivio burrei)

 —

Giosuè Carducci, Ode al Cadore (scritta “In piazza di Pieve del Cadore e sul lago di Misurina”, settembre 1892)

Cadore1

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Sei grande. Eterno co ‘l sole l’iride 

de’ tuoi colori consola gli uomini,

sorride natura a l’idea

giovin perpetüa ne le tue

forme. Al baleno di quei fantasimi

roseo passante su ‘l torvo secolo

posava il tumulto del ferro,

ne l’alto guardavano le genti;


e quei che Roma corse e l’Italia,

struggitor freddo, fiammingo cesare,

sé stesso obliava, i pennelli

chino a raccogliere dal tuo piede.

Di’: sotto il pedo de’ marmi austriaci,

in quel de’ Frari grigio silenzio,

antico tu dormi? O diffusa

anima erri tra i paterni monti,


qui dove il cielo te, fronte olimpia

cui d’alma vita ghirlandò un secolo,

il ciel tra le candide nubi

limpido cerulo bacia e ride?

Sei grande. E pure là da quel povero

marmo più forte mi chiama e i cantici

antichi mi chiede quel baldo

viso di giovine disfidante.


Che è che sfidi, divino giovine?

la pugna, il fato, l’irrompente impeto

dei mille contr’uno disfidi,

anima eroica, Pietro Calvi.

Deh, fin che Piave pe’ verdi baratri

ne la perenne fuga de’ secoli

divalli a percuotere l’Adria

co’ ruderi de le nere selve,

che pini al vecchio San Marco diedero

turriti in guerra giù tra l’Echinadi,

e il sole calante le aguglie

tinga e le pallide Dolomiti

si che di rosa nel cheto vespero

le Marmarole care al Vecellio

rifulgan, di palagio di sogni,

eliso di spiriti e di fate,


sempre, deh, sempre suoni suoni terribile,

ne i desideri da te memorie

o Calvi, il tuo nome; e balzando

pallidi i giovini cerchin l’arme.

||

Non te, Cadore, io canto su l’arcade avena che segua

          de l’aure e l’acque il murmure:

te con l’eroico verso che segua il tuon de’ fucili

          giù per le valli il celebro.

Oh due di maggio, quando, saltato su ‘l limite de la

          strada al confine austriaco,

il capitano Calvi – miaulavan le pale d’intorno-

          biondo, dritto, immobile,


leva la punta e la spada, pur fiso al nemico mirando,

          il foglio e ‘l patto d’Udine,

e un fazzoletto rosso, segnale di guerra e sterminio,

          con la sinistra sventola.

Pelmo a l’atto e Antelao da’ bianchi nuvoli il capo
          
grigio ne l’aere sciolgono,
come vecchi giganti che l’elmo chiomato scotendo

          a la battaglia guardano.

Come scudi d’eroi che splendon nel canto de’ vati

          a lo stupori de i secoli,

raggianti nel candore, di contro al sol che pe ‘l cielo

          sale, i ghiacciai scintillano.

Sol de le antiche glorie, con quanto ardore tu abbracci

          l’alpi ed i fiumi e gli uomini!

tu fra le zolle sotto le nere boscaglie d’abeti

          visiti i morti e susciti.


– Nati su l’ossa nostre, ferite, figliuoli, ferite

          sopra l’eterno barbaro:

da’ nevai che di sangue tingemmo crosciante, macigni,
          valanghe, stritolatelo. –

Tale da monte a monte rimbomba la voce de’ morti
          
che a Risecco pugnarono;

e via di villa in villa con fremito ogn’ora cresente
          
i venti la diffondono.


Afferan l’armi e a festa i giovani tizïaneschi

          scendon cantando Italia:

stanno le donne a’ neri veroni di legno fioriti

          di geranio e garofani.

Pieve che allegra siede tra’ colli arridenti e del Piave

          ode basso lo strepito,

Auronzo bella al piano stendentesi lunga tra l’acque

          sotto la fósca Ajàrnola,


e Lorenzago aprica tra i campi declivi che d’alto

          la valle in mezzo domina,

e di borgate sparso nascose tra i pini e gli abeti

          tutto il verde Comelico,

ed altre ville ed altre fra pascoli e selve ridenti

          i figli e i padri mandano:

fucili impugnan, lance brandiscono e roncole: i corni
          
de i pastori rintronano.

Di tra gli altari viene l’antica bandiera che a Valle

          vide altra fuga austriaca,

e accoglìe i prodi: al nuovo sol rugge e a’ pericoli novi
          
          il vecchio leon veneto.


Udite. Un suon lontano discende, approssima, sale,

          corre, cresce, propagasi;

un suon che piange e chiama, che grida, che prega, che infuria,

          insistente, terribile.

Che è? chiede il nemico venendo a l’abboccamento,

          e pur con gli occhi interroga.

— Le campane del popol d’Italïa sono: a la morte

          vostra o a la nostra suonano — .

Ahi, Pietro Calvi, al piano te poi fra sett’anni la morte

          da le fosse di Mantova

rapirà. Tu venisti cercandola, come a la sposa

          celatamente un esule.

Quale già d’Austria l’armi, tal d’Austria la forca or ei guarda

          sereno ed impassibile,

grato a l’ostil giudicio che milite il mandi a la sacra

          legïon de gli spiriti.

Non mai piú nobil alma, non mai sprigionando lanciasti

          a l’avvenir d’Italia,

Belfiore, oscura fossa d’austriache forche, fulgente,

          Belfiore, ara di màrtiri.
Oh a chi d’Italia nato mai caggia dal core il tuo nome

          frutti il talamo adultero

tal che il ributti a calci da i lari aviti nel fango

          vecchio querulo ignobile!



e a chi la patria nega, nel cuor, nel cervello, nel sangue

          sozza una forza brulichi

di suicidio, e da la bocca laida bestemmiatrice

          un rospo verde palpiti!

|||

A te ritorna, sì come l’aquila

nel riluttante dragon sbramatasi

poggiando su l’ali pacate

e l’aereo nido torna e al sole,


a te ritorna, Cadore, il cantico

sacro a la patria. Lento nel pallido

candor de la giovine luna

stendesi il murmure de gli abeti


da te, carezza lunga su ‘l magico

sonno de l’acque. Di biondi parvoli

fioriscono a te le contrade,

e da le pendenti rupi il fieno


falcian cantando le fiere vergini

attorte in nere bende la fulgida

chioma; sfavillan di lampi

ceruli rapidi gli occhi: mentre


il carrettiere per le precipiti

vie tre cavalli regge ad un carico

di pino da lungi odorante,

e al cidolo ferve Perarolo,

e tra le nebbie fumanti a’ vertici

tuona la caccia: cade il camoscio

a’ colpi sicuri, e il nemico,

quando la patria chiama, cade.


Io vo’ rapirti, Cadore, l’anima

di Pietro Calvi; per la penisola

io voglio su l’ali del canto

aralda mandarla. – Ahi mal ridesta,

ahi non son l’Alpi guancial propizio

e sonni e sogni perfidi, adulteri!

lèvati, finì la gazzarra:

lèvati, il marzïo gallo canta! –

Quando su l’Alpi risalga Mario

e guardi al doppio mare Duilio

placato, verremo, o Cadore,

l’anima a chiederti del Vecellio.

Nel Campidoglio di spoglie fulgido,

nel Campidoglio di leggi splendido,

ei pinga il trionfo d’Italia,

assunta novella tra le genti.

1   Per gratitudine mia, se non per cenno ad altri, ricordo alcuni libri che discorrono dei combattimenti del 1848 in Cadore e d’altre piú cose cadorine. E prima: del prof. Ant. Ronzon, Calvi e i Cadorini (Tai del Cadore, 1875) e Rindemera, Scene del Cadore nel 48 (Lodi, 1881); e del [p. 1057 modifica]sig. Venanzio Donà, Guida del Cadore (Venezia, 1888); questi o videro o udirono dai presenti. Poi il sig. Ottone Brentari raccolse e rinnovò abbondante nella sua Guida storico-alpina del Cadore (Bassano 1886). A questi ultimi giorni il colonnello Gennaro Moreno ha raccontato, con intendimenti e dottrina militare, Calvi e la difesa del Cadore (Roma, Biblioteca minima popolare militare). Per dichiarazione al vocabolo cidolo e al v. 8 della pag. 983 ecco un passo dalla Storia del popolo cadorino compilata da Giuseppe Ciani (Padova, Sicca, 1856) parte prima libro primo, pp. 11-13. Detto delle travi d’alberi lavorate e acconciate e nel maggio spinte nel Piave che li trasporta a Perarolo; séguita — “Ma non vi giungono sí presto: altre dall’impeto dell’onda gittate in sulle sabbie, altre dagli spessi e saldi massi, che sporgonsi dall’alveo, contenute. Il che or qua or là quasi sempre interviene, e la prima, che dando di cozzo ne’ massi si ferma, tronca il corso alle succedentisi; onde s’aggruppano, s’incavallano, s’ammonticellano, sí, che per lungo tratto tu non iscorgi sul fiume che un’incomposta tettoia. I paesani appellano serre questi inviluppi: a districarli accorronvi uomini in questa fatta di opere esercitati; ché non tanto il fiume, che solo vi basti. Questi uomini si chiamano Menadàs: cure loro le stesse che dei Dendrofori presso a’ Romani. Dipendenti da un capo, muniti di lunghe aste ferrate di uncini aguzzi e rampiconi, calano fra greppo e greppo, ove le serre e le sbandate in sulle sabbie: ricaccian queste nel fiume; uncinano, aggrappano disviticchiano le rammassate, né si stanno che assembratele nel Cidolo. Un edifizio codesto a cavalliere del Piave presso a Perarolo: piantato su d’ambedue le ripe, l’estremità sí da un lato che l’altro torcendosi, addentransi alquanto nel fiume; grosse travi le congiungono quivi insieme; congegnate a foggia di cancello, se all’acque, non concedono l’uscita alle taglie. Gli stessi che addusserle, da quella chiudenda l’estraggono; conoscitori delle marche onde s’improntano, avvianle [p. 1058 modifica]a’ segatoi eretti lunghesso il fiume, conforme è loro ordinato: quivi ammonticchianle a che s’asciughino: asciutte son date alle seghe; ridotte in tavole, sulle zattere traduconle pel fiume a Venezia, o lascianle per via ove i magazzini de’ proprietari.