riccardo giacomini e giulia maria belli/Storie Pallide

Storie Pallide, libro illustrato, raccolta di storie scritte da Riccardo Giacomini e illustrate da Giulia Maria Belli, voluto dagli autori, da Dolomiti Contemporanee e Progettoborca, commissionato dall’Hotel Boite/Corte delle Dolomiti e da Fondazione Siotto,  Gaspari editore, 2021.

Storie Pallide  racconta di apparizioni, presenze evanescenti e prede fugaci che interagiscono con il mondo di oggi, nel paesino di Borca di Cadore. Sono interazioni tra la Borca concreta, scelta da Enrico Mattei per la costruzione del villaggio Eni, sconvolta negli anni da frane e tempeste, con quella leggendaria e favolosa dei miti e del folclore, del Diavolo e del trono di Dio, delle anguane e dei prodigiosi roseti luminosi. Undici storie di rivelazioni inquietanti, corpi consunti, ironici contrappassi ed effimere conquiste.
            
Tecnica delle illustrazioni del libro:
la tecnica dell’olio su carta, più offuscata, indefinita, dai contorni evanescenti, è stata utilizzata per le immagini più evocative e suggestive dei racconti, mentre la sovrapposizione digitale di monotipo e acquerello vuole l’immagine più leggibile, descrittiva e forte.

   Una delle illustrazioni del libro, di G. M. Belli. Il Campeggio.

dunque giulia maria e scardi sono qui, e hanno realizzato quest’edizione, storie pallide, ed ecco i motivi:

dolomiti contemporanee è un editore della montagna, sorta di setaccio critico catturativo ripropositivo non possessivo, che si oppone alle blande trascuratezze opportuniste, e arma falangi antileggiadre: contra le semplicità di superficie non vi sono che le fondatezze della ricerca.

quindi dc è un soggetto ente visore eversore ideatore trasformatore oppositivo, che osserva le cose belle e corrotte dell’alpe dall’interno, non le contempla e nemmeno le reimpagina traverso un concetto puerile di creatività customizzante, no, e invece le accende, sì.

si compie qui, dal duemilaunidici e poi con progettoborca dal ‘quattordici, una ricerca operativa, in/su questo sistema montagna (che è un’infrastruttura culturale, non un sasso glabro) spesso abusata e trivializzata nei calchi inerti e fossili, che son precisamente ciò che una cultura attivatrice rinnovativa deve saper avversare.


ma questo libro, nient’affatto pallido lui, nonostante la citazione forsedovuta del testo di karl felix wolff, è invece gentile quanto accurato, e il suo stile, che si appiglia e appoggia (‘sto alpinismo culturale) al mito e alla storia e alle geografie carbonatiche e immaginative dei territori, e lo fa attraverso i registri di una quasiquieta ironia notomizzatrice, questo stile è una chiave non meramente descrittiva ai luoghi fisici e psichici, e quest’azione interpretativa, nutrita dalla conoscenza degli antefatti, è un’ermeneutica plastica  riformulatrice, che rimetabolizza i contenuti, rimetabolizzandoli e aggregandoli secondo processi clastici, in una sorta di tettonica a placche antisclerotiche, corrugativa.
ovvero, proiettata in avanti per filamenti e dendriti ma ben radicata ai serbatoi del passato altrochenò, come ogni buona ricerca, punto.

poi c’è l’hotel boite, in questo ex villaggio di corte, saggio esemplare del welfare innovativo di enrico mattei col mastro impiantista (del paesaggio) edoardo gellner.
e questi due signori padroneggiavano allora visioni e tranci d’ingegno luminale che gemmarono per primi qua schiudendo, come concreti costrutti trasvalutativi degli habitat dell’uomo (i moderni astronauti, rizollatori della regola brulla).
e adesso questa direzione del boite, con francesco accardo, è capace di allinearsi a un’identità così cospicua, eredità di patrimonio e valore, e alla sua riscossa che vogliamo.
a questo serve un’arte ben condotta, mai paramento, che dica di una responsabilità intelligente e attenta, una modalità della cura, e ciò è importante e auspicato, affinché questo solco del fare il nuovo non abbia a perdersi nelle secche di un presente immemore, che mai però vorremmo confinare in una memoria nostalgica.
assai lontani poi, come ogni spirito dello spirito, da ogni oppurtunismo culturale: che disprezziamo.


così, queste dodici storie scritte da scardi e lustrate da giulia, vengono ad aggiornare la storia di borca e di corte, nella tepida tempesta d’onda malutta, che spira i suoi venti tropicanti via per ‘ste valli e fino a casso, risollevando i crinali nel presente, che le cose passate non son sperse se le riattizzi, altrimenti esso passato prederebbe il presente prigionandolo a compianto, e questo è inammissibile.

e quindi, accanto ai nomi dei luoghi e delle mitiche creature anguane e silvane e crodifere, emergono altre figure in pallore di spettro, tra i cervi mazzati dalla gnuranza pietosa degli scempi e le ville di corte scempiate dagli empi, insieme a centro altri frammenti raccolti nello studio, questa messe di racconto rifilati e cuciti, in un testotessuto organico che si espande: come trifide.

così, le storie delle terre alte vengano rinnovate, e con ciò tutti noi abbiamo guadagnato il tempo senza sedercivi sopra, nello spazio di nuovo esplorato, come una materia viva riprocessata, mobile facies del sedimento cangiante che scorre.

gianluca d’incà levis, curatore di dolomiti contemporanee e progettoborca  

corte di cadore, luglio 2021

Una delle illustrazioni del libro, di G. M. Belli. Anguana.

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