Olimpiadi Milano Cortina 2026: quale visione?


Olimpiadi Milano Cortina 2026, un’opportunità di crescita e rigenerazione per l’intero territorio. Una riflessione di Gianluca D’Incà Levis, curatore di Dolomiti Contemporanee.

Qui un altro post sull’argomento, più articolato.

Qui un post sul trampolino Italia di Cortina d’Ampezzo, altro grande oggetto immoto, che va necessariamante ripensato.

A questo link un servizio della RAI sul tema, andato in onda il 18 gennaio 2019 su TGR Veneto e TG3.

L’ingegno è vedere possibilità dove gli altri non ne vedono – Enrico Mattei

Dal 2011, Dolomiti Contemporanee si occupa di rigenerazione territoriale, attraverso la riattivazione sperimentale di grandi siti abbandonati o sottoutilizzati nelle Dolomiti bellunesi e friulane.
Pensiamo all’ex scuola elementare di Casso, e più in generale al lavoro nell’area del Vajont (altro esempio, il Concorso Artistico Internazionale Two Calls, che dovrebbe condurre alla realizzazione di quest’opera sulla Diga), all’ex Villaggio Eni di Borca di Cadore, al Forte di Monte Ricco a Pieve di Cadore (attivo con DC dal 2018 al 2020), e a numerosi altri, una ventina circa, in cui, in questi nove anni, insieme a moltissimi enti territoriali e partner pubblici e privati, si sono avviati importanti cantieri, culturali e funzionali, che hanno contribuito ad alimentare il dibattito nazionale sui temi di rigenerazione e riuso.

Questi siti mantengono oggi un potenziale logistico e un valore culturale decisamente elevati: è per questo che ce ne occupiamo. Essi costituiscono una risorsa del territorio, e come tali devono essere riconsiderati: ne va ripensato un uso corretto rispetto alle necessità di oggi.
Nessuno se ne è preso cura sul serio, in epoca recente. Così, essi continuano a rimanere fermi, come crateri del Paesaggio, potenti quanto inutili.
Cosa è capace di fare, l’uomo? Né la politica, né l’investimento privato, sono riusciti a recuperarli. Eppure essi valgono assai, questo è un fatto, indubitabile.
Cos’è mancato, cosa manca? La capacità di pianificazione e progettazione? La volontà, la convenienza? La lungimiranza, la visione?

Questi siti, che costituiscono un Patrimonio ingovernato nel Paesaggio montano, vanno finalmente affrontati razionalmente e responsabilmente, attraverso pratiche, sperimentali o strutturali, di rilancio e riuso. Se essi languono ancora, ciò avviene perché, fino ad ora, non lo si è fatto.

A maggior ragione ciò è vero in questo periodo storico, nel quale i concetti di sostenibilità, rigenerazione, riduzione del consumo di suolo, sembrano molto attuali, e vengono ribaditi ad ogni piè sospinto, non solo da ecologisti o altri soggetti, civili o scientifici, dotati di coscienza ambientale, ma anche dai progettisti e dai politici.
Ma sono effettivamente attuali, questi concetti, o semplicemente alla moda?
Le agende politiche, le pratiche di gestione della risorsa e dello sviluppo territoriale, li tengono in considerazione? O essi rimangono chiusi nei recinti teorici, tra convegni e studi, vaghe speranze e mòniti?
E’ importante saperlo, ancor più all’indomani della terribile ondata di maltempo che, alla fine di ottobre 2018, con Tempesta Vaia (qui Cantieredivaia, l’articolato progetto di ricerca inaugurato su Vaia da DC nel 2019, tutt’ora attivo), han fatto scempio della nostra terra, e che ci impongono di reagire a favore della risorsa territoriale, la cui cura deve esser fatta corrispondere ad un’opportunità di sviluppo.

In questo periodo, come tutti sanno, molto si parla e s’ordisce, sulle Olimpiadi invernali Milano-Cortina 2026.
Si costruisce l’evento, che sarà anticipato quassù dai Mondiali di sci del 2021, a lanciar la volata.

Ma cosa sono, le Olimpiadi?
Anche qui, la risposta è chiara. Non sono semplicemente un evento sportivo, ma, ancora (e soprattutto?!?), un’opportunità. Per Milano e Cortina?
Più in generale vorremmo intendere e dire: per l’Italia tutta, e per la Lombardia e le Dolomiti in particolare.
Gli eventi di questa portata, devono contribuire a produrre sviluppo territoriale: a questo, in ultima analisi, essi debbono servire. Infrastrutture, visibilità, turismo, trend di rilancio: l’Olimpiade può essere un grande spunto alla crescita per areee vaste, e per l’intero Paese.
Per intenderci: è l’Olimpiade che, se ben gestita, dovrebbe costituire un “servizio” a favore del territorio. E non il territorio a servire l’evento sportivo. Par semplice no?

Ora, noi non siamo perfettamente informati su come si stia configurando codesta olimpiade, per la parte che riguarda Cortina e le Dolomiti, ma svolgiamo egualmente qui una serie di considerazioni logiche, da cittadini, e da progettisti della cultura operativa.
Come abbiamo già spiegato, Dolomiti Contemporanee è un soggetto che ogni giorno, da anni, opera responsabilmente, insieme a centinaia di altri soggetti pubblici e privati, alla cura del territorio, e alla valorizzazione funzionale di Beni ad alto potenziale che languono nel Paesaggio dolomitico, e che possiedono caratteristiche di riusabilità che vanno quantomeno valutate nella loro potenzialità, anche rispetto all’evento del 2026.

Pensiamo all’ex Villaggio Eni di Corte, a Borca di Cadore, ad appena diciotto chilometri da Cortina d’Ampezzo.
Culla del modernismo e di una visione innovativa d’Italia, la straordinaria creatura di Enrico Mattei ed Edoardo Gellner è ancora oggi perlomeno tre cose: il simbolo di un’epoca in cui il nostro Paese funzionava e innovava davvero, imprendendo nel mondo, nella cultura, nell’architettura e nel design, nel business; un’opera d’arte, d’architettura e di sensibilità ambientale; una notevole volumetria disponibile, che potrebbe ospitare migliaia di persone, e sul quale è già attivo, dal 2014, un importante cantiere di rigenerazione, attivato da Dolomiti Contemporanee insieme alla Proprietà Minoter, Progettoborca appunto.
E’ dal 2014 che intavoliamo pubblicamente la riflessione su questo come su altri siti ad alto potenziale, immobili nel Paesaggio dolomitico. Pensiamo al Trampolino Italia di Zuel, simbolo delle Olimpiadi invernali del 1956, e quindi, non solo idealmente, tedoforo naturale di quelle del 2026, come tutti possono facilmente comprendere (ma, anche qui, oltre che un’icona, un volume riusabile e riprocessabile funzionalmente, che però oggi è, pure lui, spento).

L’ex Villaggio Eni di Borca dispone di strutture inutilizzate, o solo parzialmente utilizzate, per diverse decine di migliaia di metri quadri. Come l’ex Colonia o l’attuale Residence Corte.
Lo stesso Gellner elaborò un progetto di adeguamento di alcune di esse nella prospettiva di una futura Olimpiade.

Ora ci domandiamo, riprendendo quei temi cari a tutti, quelli dell’economia di spesa e di suolo, della sostenibilità, della compatibilità ambientale, dell’opportunità responsabile della rigenerazione di una simile gemma del Patrimonio culturale, storico e d’architettura: non sarebbe il caso di compiere una valutazione approfondita e accurata di questo sito unico e del potenziale che esso può mettere effettivamente a disposizione in questa circostanza?

La valutazione va compiuta ora.
Il potenziale va valutato ora, prima di prendere altre strade.

Dal nostro punto di vista, i criteri della sostenibilità troverebbero piena applicazione in quest’opzione di riuso, che, con le dovute cautele e tutele, è di certo possibile.
Viceversa, la realizzazione ex-novo di una serie di strutture temporanee, atte ad accogliere alcune centinaia di ospiti, a Fiames o Socol o altrove, dovrebbe tener conto già da ora di tutti i temi e le problematiche, in genere assai poco sostenibili, connessi alla sua riconversione o smantellamento all’indomani dell’evento.

D’altro canto, è evidente come il tema del post-Olimpiade vada considerato attentamente anche nell’opzione dell’ex Villaggio Eni.
Nemmeno qui avrebbe senso infatti restaurare le strutture solo nella prospettiva del 2026.
Bisogna sin da ora immaginare quali funzioni tali strutture potrebbero accogliere negli anni successivi, trovando per esse la destinazione d’uso ottimale.
Se ciò risultasse possibile, l’evento sportivo avrebbe raggiunto diversi obiettivi: quello di produrre sé stesso; quello di rigenerare un Bene cospicuo e inesausto, che è anche un’infrastruttura dal grande potenziale attrattivo; quello di produrre sviluppo e servizi; e molto probabilmente anche quello di ridurre la spesa e il costo d’investimento dell’evento, rispetto a quelli necessari alla costruzione di una stazione ex novo, vosto che questa esiste già.

Su quale potrebbe essere la destinazione plausibile dell’ex Villaggio Eni, all’indomani dell’evento sportivo,  riflettiamo da anni. Riflettiamo, scriviamo, comunichiamo pubblicamente, coinvolgendo in questo dibattito, attraverso le attività innumerevoli che svolgiamo in Progettoborca, paesaggisti, architetti, Università, amministrazioni ed enti territoriali, aziende, partner culturali, dall’area locale, dalle Dolomiti, da tutta Italia e dall’estero.

Nel 2019, il Presidente Zaia ha accolto il nostro invito a venire a visitare l’ex Villaggio Eni, appunto per valutarne il potenziale nella prospettiva di Cortina 2026.
In quell’occasione, abbiamo proposto le nostre idee ai suoi emissari (gli Assessori Caner e Donazzan), iniziando forse un ragionamento insieme a loro. In realtà, noi avevamo iniziato a farlo ed a proporlo pubblicamante sei anni fa, questo ragionamento benedetto.
Il ragionamento è complesso, e difficilmente sintetizzabile. E’ tuttavia evidente che l’ex Colonia in particolare, con i suoi oltre 20.000 metri quadri disponibili, originariamente dimensionata per ospitare 1.000 persone, e attiva fino al 1991, è la struttura principale su cui ragionare.
Essa, con Progettoborca, è divenuta un grande cantiere della produzione artistica e culturale, uno dei più sperimentali e rinnovativi d’Italia. La cultura è uno dei grandi elementi storicamante costitutivi di questo luogo, il cui valore è pubblico e non privato.
L’ex Villaggio Eni di Corte, un po’ come le Dolomiti Unesco, è Patrimonio comune, che appartiene al territorio, e quindi ad ognuno di noi, e ad ogni uomo attento (gli uomini sono attenti oppure distratti).
La cultura d’attivazione poi, è un motore.

La Colonia e il Villaggio potrebbero dunque domani accogliere, oltre ad un centro di attivazione culturale per il territorio (sale pubbliche, spazi culturali, laboratori artistici e d’architettura, Concerti – nella Chiesa di Nostra Signora del Cadore), una serie di attività utili alla valle e alla Provincia, connesse a servizi sociali di vario tipo (esperienze di formazione legate alle aziende, all’ambiente, alle scuole; palestra, ristorazione), grandi eventi, e molto altro. Insieme alle attività di alto profilo, data l’ampiezza dello spettro d’attrattività potenziale del sito, che, in virtù del suo valore intrinseco, esubera ampiamente la dimensione locale.

Un grande centro eterogeneo, al tempo stesso catalizzatore ed estroverso, che potremmo chiamare, con un’espressione per ora generica, una Scuola del Paesaggio (School of Landscape), capace di accentrare qui competenze e lavoro, ricerca e formazione, funzioni connesse a cultura, sport, eventi, all’interno di un progetto culturale adeguato, e di concerto con le altre amministrazioni comunali di valle, con gli enti territoriali e le Università di riferimento (in primis, per prossimità goegrafica e culturale e scientifica, l’Università degli Studi di Padova e l’Università IUAV di Venezia, ma naturalmante anche altri: diverse Università straniere ragionano con noi su quest’idea, che nel 2020 sarà trattata anche nel Padiglione Italia della Biennale di Architettura di VeneziaComunità resilienti).

Un progetto ambizioso, articolato e complesso, tutto da definire, ma che ha di certo senso immaginare, in virtù delle caratteristiche e potenzialità e vocazione di questi spazi eccezionali, e disponibili. Potenzialità che tutti dovrebbero conoscere, e che non dovrebbero venire ignorate.

Chiariamo anche questo: non stiamo parlando in alcun modo di Borca in antitesi a Cortina. Stiamo parlando delle risorse disponibili, a tutti e per tutti. La proposta della rigenerazsione non vuole essere alternativa (nessuno è infantile qui). Sappiamo guardare al territorio come ad un continuum? Noi lo facciamo sempre. E’ evidentissimo come siano Milano e Cortina i due poli del gioco. Ma l’evento deve poter invece essere “speso” in termini d’investimento migliorativo, per un territorio più ampio. Occorre un pensiero aperto, di respiro ampio. Noi lo stiamo già facendo, avvianod una dialettica che, attraverso arte e cultura e progetto e pratiche, metterà in relazione diversi centri e spazi milanesi con la costellazione di spazi dolomitici riusabili su cui DC lavora da anni.

L’ex Villaggio Eni e l’ex Trampolino Italia di Zuel sono pure loro, se sappiamo guardare alle cose, un valore disponibile straordinario. Non occorre essere uno specialista dell’architettura per saperlo. Questa verità è generale, non particolare. Basta avere una minima coscienza del valore delle cose, e della Storia d’Italia, per saperlo. Ma questo valore non coincide affatto con una virtù gentilizia d’altri tempi, con l’aura d’una storia passata: esso reca invece, tra le doti, una cubatura e delle funzionalità potenziali rilevanti.

Il territorio è una comprensione organica, non una successione di punti slegati e antagonisti. Non si tratta qui di spostare una cosa da Cortina a Borca. Non c’è alcuna cosa da spostare qua. C’è invece sempre, quando si è in grado di generarla, la possibilità di una visione generale, complessiva. Che talvolta diviene corretta, quando sa essere ampia e puntuale, ovvero non dispersiva, ed a quel punto fa il bene di molti, amplificando la portata del moto virtuoso.

Sapremo, tutti insieme, elaborare una strategia condivisa in tal senso, e accingerci a quest’impresa grande, che non riguarda un paese, ma un territorio intero?
Sapremo cogliere l’pportunità olimpica per ristorare i nostr territori e le loro stazioni fossili ad alto potenziale di riuso, dimostrando visione, capacità prpgettuale, attenzione e responsabilità?
Dolomiti Contemporanee ribadisce l’opportunità di questa riflessione, invita tutti a pensarci, e, come sempre, si impegna a proseguire nell’azione di sensibilizzazione, e nel muovere concretamente gli strumenti della cultura-motore.

Gianluca D’Incà Levis

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