7 ottobre 2015

#pblab0 – Cane a sei zampe, rebranding Quasi ogni oggetto, all’interno dell’ex Villaggio Eni, è brandizzato: il celebre cane a sei zampe, logo storico di Eni, campeggia su ogni piatto, tazza, coltello. E sulle coperte in lana, che allora furono realizzate da Lanerossi, e che ancora utilizziamo nella Residenza di Dolomiti Contemporanee a Borca. Oggi, due giovani artisti e designers di moda, Anna Poletti e Giorgio Tollot, hanno preso queste coperte originali, e le hanno trasformate in cappotti vintage. Rebranding, rigenerazione, e coltivazione rinnovativa del patrimonio storico, attraverso le idee e le arti. E’ questo uno dei primi progetti
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12 aprile 2015

Keeping tensions up: a reflexive analysis of the (strategy)-making-of Dolomiti Contemporanee, short-paper coautorato da Maria Lusiani (Maclab, Cà Foscari) e Gianluca D’Incà Levis, che è stato accettato al call for papers EGOS 2015
 (Sub-theme 30: Fostering Change for Responsibility: Forms of Reflexivity in Engaged
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18 marzo 2015

qui di seguito, un’intervista di luciana apicella a gianluca d’incà levis, nella quale il curatore di dolomiti contemporanee (DC) si sofferma su diversi aspetti fondamentali della pratica culturale del progetto, e sul significato dei processi artistici e rigenerativi intentati. a questo link, una riduzione del testo integrale dell’intervista, pubblicata su il fatto quotidiano a marzo 2015. Dolomiti Contemporanee: l’arte come impresa funzionale, che riapre i siti industriali dismessi, e ripensa la montagna e il territorio come un perenne cantiere di stimoli. LA: Come e quando nasce l’idea di Dolomiti Contemporanee? GDIL: Dolomiti
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31 ottobre 2014

Qui l’audio integrale della conversazione tra gianluca d’incà levis e marc augè dal titolo L’uomo è il territorio, inserita in Paesaggi Contemporanei, Forni di Sopra, 17 agosto 2014. Qui, scaricabile, la trascrizione della conversazione.L’evento è stato promosso dalla Provincia di Udine. foto: L.
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Cantieredivaia fluxus 2018/2023

  29 ottobre 2018 – viene tempesta vaia – lo schianto del paesaggio

Ad oltre un anno da Tempesta Vaia (ottobre 2018 / dicembre 2019), facciamo il punto su come, anche questa volta, un elemento critico del corpo del paesaggio – il paesaggio è un corpo; noi siamo sminatori e paesaggisti dell’alpinismo culturale – che porta la picca, sia divenuto, quasi da subito, un’opportunità di riflessione e di ricerca: e non una lamentazione o esercizio al compianto.

Il 29 ottobre 2018 eravamo dunque a Borca di Cadore, nelle Ville di Gellner all’ex Villaggio Eni di Corte, che dal 2014 alimentiamo con Progettoborca – cosicchè questo bosco arcaico dell’architettura non debba litificare ancora nella paralisi della storia, fecendosi definitivamente fossile o luogo cenotafio delle silenti contemplazioni o spazio retroverso e perduto.


30 ottobre 2018 – il bosco steso a corte di cadore, dall’interno di una delle ville di gellner. non è necessario cacciare immagini più enfatiche. non è necessario.

Nel diluvio il vento tirò giù gli alberi dappertutto e fino a un metro da noi, alcuni si rigiravano sui tetti quasipiani, facendo strider le lamiere, come sassi, tutti gli altri gemevano e si piegavano, flettendosi fino a toccar terra nel fragore colle rame e spezzandosi (le ville suddette stanno nel fitto del bosco, ad una quota di circa 1200 msldm, ai piedi dell’Antelao, che per la parete e i conoidi e la ruina scaricava, scaricava).

Le nostre impressioni a caldo, allora, furono registrate qui: schiantopaesaggio.
(In seguito, e solo dopo averlo finalmente elaborato, mesi e mesi più tardi, Caterina Erica Shanta mise a frutto quello shock, che diventò uno dei presupposti de La Tempesta: lei c’era: lei sa interconnettere -quindi sempre fa e radica bosco, invece che funeral di bosco).

Qui invece, pochi giorni dopo, giocammo dialetticamente con la pornografia flogistica e il pus mediatico e i commossi cannibalismi: uno degli inevitabiuli portati di gozzoviglia proprio degli elementi calamitosi consacrati (prelibati, succulenti: e noi la conosciamo bene questa fisiologia, dato che siamo nel Vajont dal 2012).
insieme all’inadeguatezza culturale di certa e molta stucchevole piaggeria solidale, nemmeno aliena al protagonismo (la partecipazione spesso maschera o nutre, spesso un protagonismo. mica tutta, mica ognuna).

  dopo, dentroci -  il lavoro, l’esbosco, gli uomini (mettilo), le macchine

E intanto però, eravamo già all’opera, avendo da subito (e per istinto e per volontà critico-reattiva) evitato di catalizzare le sensazioni di tregenda in una massa (messe, messa) di lutto solidale levigato in umida lapide, per iniziare invece e subito a trasformare Tempesta Vaia, questo segno nel corpo di Vaia, in Cantierdivaia appunto, che è un flusso lungo un anno lungo -fino ad ora- che prosegue a fiottare, e che passa in questo corpo battuto, diciamolo, un poco anche com’una corda su una via in parete, corda portata che traversa le ghiere e le soste, dando un ritmo al percorso, ritmo nel quale le protezioni sono le azioni, le azioni che ora andiamo a vedere.

una misura di corda?

sempre a scalare il paesaggio, e poi ecco

la via di vaia
che stava già nel nomenostro, no?
dato che dolomiti contemporanee è:
laboratorio d’arti visive in ambiente
l.a.v.i.a.
divaia
ma che furbi
ma che furbi

sequenza di alcune delle immagini base della campagna di comunicazione dc2019 cantieredivaia (a cura di alberto merlin). a questo link le grafiche complete.

Cantieredivaia è dunque il progetto di ricerca avviato da Dolomiti Contemporanee su Vaia.
Un processo culturale, di analisi e intepretazione  e interpolazione, intellettuale e plastica e fuzionale, che da subito ha inteso riprocessare il paesaggio post-evento, che è un paesaggio trasformato (e in trasformazione ulteriore).

 


L’uomo al limite è un video (11’48’’, 2019) realizzato da corinne mazzoli per la mostra collettiva to be here and there (giugno 2019, forte di monte ricco). l’artista non ha raccolto gli alberi schiantati da terra. ha raccolto invece, durante una ricerca che l’ha condotta ad esplorare i territori colpiti,  le informazioni storiche su cristoforo, santo con la testa di cane, che nei tempi veniva invocato contro le calamità naturali. vaia come un’opportunità di studio e approfondimento di aspetti connessi alla storia e cultura e identità dei luoghi. agire non è commemorare. la cultura, come l’arte (quella buona), sono sempre reattive.

Parentesi metodologica: è questo il modello d’un approccio, metodo d’una pratica, che specchia la visione culturale nostra specchiata, nella quale la speculazione intellettuale vien fatta coincidere sempre e istantaneamente con l’azione e la costruzione di un contesto relato che di continuo e di repente la ricerca espande e rafforza, in modo tale che l’oggetto della ricerca risulti incluso nel contesto stesso (tutto è contesto), che non è più, nè mai, la maledetta scena dell’azione (ridiamo d’ogni plot), ma l’azione stessa integrata allo spazio (che è il senso dell’essere della cosa e degli enti, non volume d’aria o di terra).
Integrare e connettere e generare relazioni dunque, per generare spazio ulteriore, perchè se le azioni e gli enti non vengono semplicemente disposti gli uni accanto agli altri come patetiche monadi o eventi disgiunti, essi possono venir concatenati in un flusso a pressione, anche senza scomodare bergson (che infatti è comodo, come ogni giusto): ecco come sorgono i progetti strutturali, che nella visione danno corpo al pensiero, costruendolo, invece che concedere guizzi estemporanei al corpo, massaggiandolo.
Un altro esempio di questo approccio, che scava e procede, edificando: Tiziano Contemporaneo.

Insomma, trasformiamo spesso un tema (statico) in un cantiere (dinamico!?), in una macchina del lavoro, elemento mobile, espansione spaziale, perno trasformativo, connettore critico, integratore dell’alimento culturale, fresa o rompicrosta, e così via.

michelangelo penso, vibration tree, opera inserita nella mostra collettiva altri dardi, forte di monte ricco, agosto/ottobre 2019.

E insomma Cantieredivaia è divenuto il concept principale dell’edizione 2019 di DC, eviene riproposto nel 2020, e oltre.
L’evento-Vaia infatti, verrà processato in 3/5 anni: un tempo lungo, dato che molti dei processi innescati (esbosco, commercio e trattamento e trasporto del legno schiantato, proliferazione degli insetti xilofagi come il bostrico, rigenerazione della foreste, e così via) si svilupperanno e concluderanno appunto nel corso degli anni.

Se si vuole raccontare questo evento dunque, in tutta la sua complessità, occorre andare ben oltre la dimensione spettacolarizzante ed eiaculatoria della cronaca, ad anche oltre quella della gestione della prima emergenza, che si è risolta nelle prime settimane.
Ed è esattamente questo, che si vuole, guardunpò.

Agire su Vaia, che è un processo dinamico di trasformazione del bosco e del territorio, con la ricerca e con le pratiche. Che è cosa ben diversa dal raccontare l’evento d’una notte. Questo racconto breve ci interessa mai.

Nelle prime settimane dopo lo schiantopaesaggio, mentre nei boschi, tra le case e nei paesi, sui corsi d’acqua e sui pendii franosi, si fronteggiava l’emergenza, molte persone, colpite da ciò che vedevano e sentivano raccontare, hanno offerto la loro solidarietà.
La solidarietà della motosega, spesso non si è dimostrata accettabile. Maneggiare la motosega in un bosco scosso, instabile, da un simile evento, può essere assai pericoloso.
La solidarietà è una cosa meravigliosa? Vivaddio, certo, coroniani.
Ma, nei contesti complessi, essa deve compiersi, come ogni cosa non approssimativa della vita, secondo manovre corretta, e non esclusivamente sulla base di una partecipazione emotiva (scalpo d’amore anche alle volte, come già detto, fregola di presenza).

francesco nordio, nell’ecosistema, forte di monte ricco, giugno/agosto 2019.

Ciò vale anche per l’arte, quando l’arte venga considerata uno strumento del lavoro e della cura, della responsabilità e della presenza, dello studio e della qualità: sissignore: l’arte (anche) come declinazione poietica della scienza (una declinazione immaginativa del dato tecno-scientifico riprocessato secondo criteri logici -oltrechè emotivi), mica come un orpello sussidiario.
tra l’altro, se ciò è vero, l’arte perfettamente solidale non esiste.

Ma dopo Vaia, la solidarietà ha provato a venire anche attraverso l’arte.
E così, sono venute le proposte indecenti, affogate nei flutti della commozione.
I teatri e balletti funebri attorno ai corpi morti degli alberi in terra.
I video con le musiche funeree insopportabili a titillare lo struggimento.
Come se un disastro dovesse sempre metter su la coda.
La coda non serve.
e le voci stonate (cosa può una voce senza qualità?).

Abbiamo respinto ogni idea (mezza idea) basata sulla pura emotività reattiva, che è una reazione acritica, fisiologica, del solo cuore spoglio, spudorato.
Mentre la ricerca e l’arte sono: la scienza sul cuore.
Non stiamo dicendo che l’emotività vada bandita dal contesto problematico.
Non diciamo mai banalità del genere: concèntrati.
Stiamo dicendo che, prima di affrontare un tema complesso, devi penetrarlo a fondo, questo tema. devi volerlo (e potrlo) conoscere, prima d’agirlo (se non vuoi conciarlo).
Non basta far qualcosa, quel che si può. Bisogna far bene. Altrimenti, è una pena.
E l’arte, la vasca delle lacrime.

e così, a seguito di compiuta metabolizzazione, Cantieredivaia è diventato istanza conscia  dichiarata, e il nome del principale cantiere-territorio di Dc2019: a questo link si trovano le grafiche della campagna di comunicazione.
Ogni mostra, convegno di studi, iniziativa culturale o artistica, getto di plasma, ha mostrato una nuova declinazione di questa comunicazione grafica.

la centrale a bionmasse sicet di ospitale di cadore, che tratta il legno di vaia. filippo romano, dentro a vaia. in mostra al nuovo spazio di casso, nella mostra fibra flessa, schianta l’uomo non il bosco, agosto/ottobre 2019.

Dopo oltre sette mesi di studi e approfondimenti; dopo avere accuratamente evitato le concitazioni iniziali (ribadire, ripetere, ribadire), e di dar spazio ai magri artisti solidali grassi; dopo aver conosciuto e frequentato e ascoltato e interrogato decine di tecnici forestali e scienziati della foresta, ecologi, biologi, climatologi, metereologi, ingegneri idraulici; solo allora abbiamo finalmente inziato a diventar sintomatici.

La prima iniziativa, a giugno 2019, è stato il 55esimo Corso di Cultura in Ecologia, che si è svolto tra San Vito di Cadore (centro Studi per l’Ambiente Alpino), l’ex Villaggio Eni di Corte (Progettoborca) e Belluno, dove si è realizzato il Primo Forum di Cultura dei cambiamenti climatici.


55° corso di cultura in ecologia
foreste e danni da vento
3-5 giugno 2019
centro studi per l’ambiente alpino di san vito di cadore / ex villaggio eni di corte di cadore

DC ha cocurato corso e forum, insieme al Dipartimento TESAF dell’Università degli Studi di Padova.
Titolo del Corso, dedicato a Vaia, Foreste e danni da vento /Storm damages to forests.
Quissotto una videosintesi dell’iniziativa, che ha visto partecipare, oltre agli esperti dei temi trattati, molti degli artisti che operano in dc, i quali hanno avuto in tal modo l’opportunità di approfondire un’innumerevole quantità di temi.


dimitri giannina, para el vien to.

che se ne è fatto dunque di tutto questo studio, della conoscenza del bosco e del suo schianto, dei rapporti costruiti, dei ragionamenti intrapresi?
giusto, procediamo.

a giugno 2019, si è steso il primo dispositivo plastico di cantieredivaia.
la mostra collettiva to be here and there, a cura di g. d’incà levis e evelyn leveghi, ha visto undici artisti all’opera al forte di monte ricco (pieve di cadore). quasi tutti hanno imbracciato un tema vaiano, trattandolo attraverso il video, l’installazione, la performance, la fotografia, il testo, la parola, la cura, la coltura, le pratiche.
molti han capito subito, e aiutato a fare, come sempre. ma i magnacarte?

l’antico (ma non inerte) stemma del cadore, rivisitato dal duo panem et circenses nel lavoro relazionale/installazione/assemblea Are you aware of your symbiotic connection?, realizzato per “to be here and there”.

mentre, per tutta l’estate 2019, nel cantiere-laboratorio di progettoborca all’ex villaggio eni di corte di cadore, gli artisti conducevano ricerche e installavano lavori nello stomaco concamerato della gigantesca colonia (che non è una vacca, ma un sistema spaziale assai complesso, che mai diventa spazio espositivo), altre mostre venivano allestite al forte di monte ricco e al nuovo spazio di casso al vajont.
alla fine di agosto, erano oramai una ventina le opere realizzate o in via di ultimazione.

miriam montani, corpo lieve, progettoborca, ottobre 2019. foto giacomo de donà.

tra agosto ed ottobre 2019, è rimasta allestita, al nuovo spazio di casso al vajont, la mostra bipersonale fibra flessa (schianta l’uomo non il bosco).
le foto di filippo romano, ed i video di giorgio barrera, costituiscono un racconto dei luoghi e delle genti di vaia.
come la maggior parte degli artisti venuti con dc, anche loro hanno perlustrato il territorio, visitando i luoghi meno colpiti e i luoghi più colpiti (non cercavano il sangue), conoscendo ed ascoltando e ritraendo le persone.
molti nuovi partner sono stati coivolti in questa esplorazione: comuni, enti locali, abitanti delle terre, ditte boschive, forstali, e così via.

giorgio barrera, invisibile #1, Borca di Cadore, 4k, durata: 4’ 44”

 le modifiche a paesaggio e territorio, l’abbiam detto, sono state ingenti. il reticolo dei sentieri ad esempio, che è uno dei sistemi venosi della montagna, è saltato. alberi a terra, sentieri interrotti, impercorribili. mesi ed anni, per liberarli, pulirli, ritracciarli. uno dei mille temi vaiani. se ne è occupato simone cametti.

Migliaia, milioni gli schianti: scomparsi i tracciati, sepolti dai corpi degli alberi abbattuti dalla furia degli elementi.
Per alcuni mesi, non si è potuto più camminare per boschi: camminare era divenuto quasi una forma primitiva dello scalare, più utili le mani e la schiena delle gambe.

simone cametti, sguardo su vaia.

Arte vaiana – opere e processi in progress cantieredivaia 2018/2020…

Lorenzo Barbasetti di Prun: Prometheus in Cantieredivaia
Giorgio Barrera: invisibile #1 e #2
Veronica Bisesti: geografie del vento
Simone Cametti: sguardo su vaia
Enrico Coniglio: the grand parade of hostile winds
Cristiano Focacci Menchini: formazione
Dimitri Giannina: para el ven to
Anna Groaz: co-creazione
Corinne Mazzoli: l’uomo al limite
Miriam Montani: corpo lieve
Francesco Nordio: nell’ecosistema
Obsolete studio: bostricity
Panem et Circenses: are you aware of your symbiotic connection?
Michelangelo Penso: vibration tree
Filippo Romano: dentro a vaia
Rotorvator: live in progettoborca
Giacomo Segantin: Sassaia
Caterina Shanta: La Tempesta
Massimo Tevarotto: superficium
Stefano Caimi: studio capanna bassa

Grafiche cantieredivaia2019 (alberto merlin)

 

23 gennaio 2019. il post è in via di completamento (o forse lo rifacciamo: un ninin più complesso, meno leggibile)